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“Maschi selvatici! Non checche isteriche”

I ‘sottotitoli’ allo striscione delle polemiche

Le parole pesano e lasciano il segno. Il fiume di inchiostro riversato sulle pagine dei quotidiani negli ultimi giorni sulla manifestazione di Lotta Studentesca, movimento giovanile di Forza Nuova, davanti al liceo Giulio Cesare di Roma, è figlio di penne ormai abituate più alla dettatura che all’opinione critica. E’ ormai nota la vicenda che ha visto coinvolta una classe ginnasiale del suddetto liceo, a cui è stata proposta la lettura di un libro dai contenuti pedopornografici espliciti, per contrastare (a detta degli insegnanti) la cosiddetta omofobia.

A finire sotto accusa mediatica è stato, però, soprattutto lo striscione aperto dagli studenti forzanovisti, il quale recitava “Maschi selvatici! Non checche isteriche”. Da tutti i fronti è stato bollato come frutto di ignoranza, machismo, misoginia, sessismo, omofobia, razzismo, volgarità.. Nessuno ha avuto, però, la premura di andare a vedere da dove nascesse lo slogan e cosa volesse esprimere. 'Il maschio selvatico' è, infatti, un libro del professor Claudio Risè, psicoanalista e docente universitario, nel quale è sostenuta una tesi interessante, abbracciata anche dagli esponenti di Lotta Studentesca. La figura del maschio, nella sua configurazione e funzione tradizionale, è stata espunta dalla nostra società per far posto ad uomini che siano più adatti ad una società dei consumi. Uomini non conclusi, insoddisfatti, pronti a metter mano alla carta di credito per ritrovare in qualche non luogo un minimo di identità, che un istinto represso e annichilito gli nega. Anche il padre, l’iniziatore, colui che insegna al figlio la ferita e il senso del trascendente, non può trovare posto. Questa è l’era delle madri; si rimane perennemente bisognosi di protezione, premura, di latte materno. I figli (soprattutto i maschi) rimangono in casa fino ai quaranta e anche di più, incapaci di affrontare il mondo e di sopportare la ferita del distacco.

Secondo l’opinione di Risè, per superare questa crisi e ritrovare la vitalità del proprio istinto, il maschio deve incontrare il selvatico, ritrovare se stesso attraverso una rottura di livello profonda, abbracciando il suo lato oggi nascosto e denigrato, istintuale, maschile, paterno. Ed ecco, quindi, che si raggiunge il senso profondo dello slogan esposto dai giovani di Forza Nuova. Anch’essi vivono il proprio tempo. Avendo una sensibilità radicata in una visione verticale, tradizionale, organica e gerarchica, avvertono l’isteria profonda in cui vivono i propri coetanei, i quali hanno ormai perso la propria connotazione “maschile”, per far posto ad un ibrido deresponsabilizzato che vive tra sesso, droga e discoteche.

Si può leggere in quel "checche isteriche", un monito e un manifesto di lotta. Una lotta contro un sistema capitalistico che vuole plasmare, anche per il tramite dell’ideologia gender, un tipo umano senza patria, senza Dio, senza identità sessuale definita, senza rapporti umani stabili. Un tipo umano che secondo il proprio capriccio del momento può essere uomo o donna, italiano o cinese. Nessun freno deve essere messo tra la volontà e la carta di credito. Neanche Dio, neanche un padre. Ma dai mass media tutto ciò è bollato come “omofobia”.

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