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Mattarella: “No al capitalismo di rapina, imprese veicoli di crescita”

(Adnkronos) – "Non è il capitalismo di rapina quello a cui guarda la Costituzione nel momento in cui definisce le regole del gioco". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento all'Assemblea di Confindustria ricordando che "le aziende sono al centro di un sistema di valori, non solo economici". "Siete voi, a ricordare -anche a me- che l’impresa ha responsabilità che superano i confini delle sue donne e dei suoi uomini; e, aggiungo, dei suoi mercati. Le imprese sono veicoli di crescita, innovazione, formazione, cultura, integrazione, moltiplicazione di influenza, fattore di soft-power. E sono, anche, agenti di libertà. Generare ricchezza è una rilevante funzione sociale. È una delle prime responsabilità sociali dell’impresa. Naturalmente, non a detrimento di altre ricchezze, individuali o collettive", ha affermato ilcapo dello Stato.  "Il principio -ha aggiunto Mattarella – non è quella della concentrazione delle ricchezze ma della loro diffusione. Il modello lo conosciamo: è quello che ha fatto crescere l’Italia e l’Europa. Il bilancio che ne va tratto non interpella i singoli stake-holder aziendali ma si rapporta all’intero sistema economico e sociale. È quel concetto ampio di 'economia civile' che trova nella lezione dell’illuminismo settecentesco napoletano e, puntualmente, in Antonio Genovesi, un solido riferimento".   Mattarella cita poi il "discorso con cui Franklin Delano Roosevelt inaugurò la sua presidenza degli Stati Uniti, giusto novant’anni fa", nel quale "utilizzò una locuzione divenuta, giustamente, famosa, che calza a proposito: 'la sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa, l’irragionevole ingiustificato terrore senza nome che paralizza gli sforzi necessari a convertire la ritirata in progresso'. Si era nell’ambito della Grande depressione economica del 1929 e si fu capaci di passare al New Deal, al 'nuovo patto' che vide gli Stati Uniti affrontare i drammatici problemi economici e occupazionali che li avevano devastati, assumendo la leadership del mondo libero. Oggi siamo in una condizione, fortunatamente, ben diversa, che ci conduce, comunque, a richiamare il legame, per quanto possa a molti apparire scontato, tra economia e democrazia". "La crisi del capitalismo, in quegli anni, mise in discussione anche gli ordini politici esistenti, registrando -ha proseguito il Capo dello Stato- un diffuso malcontento verso la democrazia, ritenuta noiosa e inefficace rispetto ai totalitarismi che si erano affacciati e che si stavano consolidando. Gli argomenti non erano nuovi, qualche studioso li indicava nella ricerca di un sentimento di unità perduto, che fosse incentrato sulla autenticità culturale, sulla originalità delle proposte di comunismo e fascismo, sulla creazione di 'uno spazio affrancato dalle pressioni della mercificazione e dalle grigie logiche dei mercati'. Così sottolinea lo storico americano Harry Harootunian".  "Le idee dovevano essere davvero confuse se una casa automobilistica americana, la Studebaker, sia pure con intenti diversi, denominava un suo prodotto di punta 'Dictator', dittatore. L’ascesa di Hitler in Germania avrebbe dato poi un decisivo colpo alla produzione di quel modello. In alcune situazioni europee, com’è noto, la crisi dell’economia concorse alla crisi della democrazia ed ecco perché, al contrario, una economia in salute -ha sottolineato ancora Mattarella- contribuisce al bene del sistema democratico e della libertà, alla coesione della nostra comunità. Il presidente Bonomi ha fatto riferimento a un panorama di democrazie in regresso a livello mondiale, affermando, opportunamente, che 'senza democrazia non possono esserci né mercato, né impresa, né lavoro, né progresso economico e sociale'. È rilevante raccogliere questi stimoli in un ambito così qualificato".   "I luoghi di vita, le persone, i cittadini che li animano, sono parte, irrinunciabile, del progetto di coesione sociale, libertà, diritti e democrazia della Repubblica. La democrazia si incarna nei mille luoghi di lavoro e studio. Nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali. Nella libertà d’intraprendere dei cittadini. Prima di ogni altro fattore, a muovere il progresso è, infatti, il 'capitale sociale' di cui un Paese dispone", ha affermato il Presidente della Repubblica.  "Un capitale -ha aggiunto il Capo dello Stato- che non possiamo impoverire. È una responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese: troppi giovani cercano lavoro all’estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili. Permettetemi di ricordare, per un momento, un gran lombardo, un patriota, fautore delle autonomie e portatore di una visione lungimirante, Carlo Cattaneo. Già nel 1864 ammoniva: 'Prima di ogni lavoro, prima di ogni capitale, quando le cose sono ancora non curate e ignote in seno alla natura, è l’intelligenza che comincia l’opera e imprime in esse, per la prima volta il carattere della ricchezza'".   "La Costituzione opta decisamente per un’economia di mercato in cui la libertà politica è il quadro entro cui si inserisce la libertà economica, le attività con le quali le imprese partecipano, come si è detto, a raggiungere le finalità delineate nella Prima parte della Carta. Si è discusso a lungo sull’esistenza di una 'Costituzione economica' separabile dal resto della nostra Costituzione. Sarebbe davvero singolare immaginare percorsi separati per lo sviluppo dei rapporti economici, quelli politici, quelli sociali", ha afferma Mattarella. "Al centro della Costituzione -ha proseguito il Capo dello Stato- vi sono, infatti, i diritti della persona umana non quelli del presunto 'homo oeconomicus'. Ecco, quindi, il riferimento all’utilità sociale. Era l’Abate Galiani a dirci –anche lui nel ‘700- che 'la tirannide è quel governo in cui pochi diventano felici a spese e col danno di tutto il rimanente, che diventa infelice'. Il crescere delle disuguaglianze rischia di rendere attuale questo scenario. Le imprese non sono estranee all’articolo 3 della Carta che ricorda come sia 'compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese'".  "L’Italia -ha concluso Mattarella- progredisce e si sviluppa con il dialogo tra le parti sociali. Vanno tenuti ben presenti –sempre e da tutti, in ogni ambito- i doveri descritti all’articolo 2, dove si esige 'l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale'”.   "Se c’è qualcosa che una democrazia non può permettersi è di ispirare i propri comportamenti, quelli delle autorità, quelli dei cittadini, a sentimenti puramente congiunturali. Con il prevalere di inerzia ovvero di impulsi di ansia, di paura. Con due possibili errori: una reazione fatta di ripetizione ossessiva di argomenti secondo i quali, a fronte delle sfide che quotidianamente la vita ci propone, basta denunziarle senza adeguata e coraggiosa ricerca di soluzioni. Quasi che i problemi possano risolversi da sé, senza l’impegno necessario ad affrontarli. Oppure – ancor peggio- cedere alle paure, quando non alla tentazione cinica di cavalcarle, incentivando -anche contro i fatti- l’esasperazione delle percezioni suscitate". "Sono questioni -ha aggiunto il Capo dello Stato- ben presenti alle persone raccolte qui questa mattina che, giorno dopo giorno, sono chiamate ad assumere decisioni, ad agire con razionalità e concretezza, a guardare e progettare il futuro delle imprese che si trovano a guidare".      —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)