Media, se l’agenda è dettata da chi è lontanissimo dal Paese reale…
A decidere di cosa si possa parlare e come se ne debba parlare sono i radical chic, le cui istanze però sono del tutto autoreferenziali: tipo i recenti “casi” Musk e Zuckerberg
Che i media mainstream, su scala planetaria, siano prevalentemente orientati verso il progressismo non è certo un mistero, ma ora si sta creando una situazione piuttosto paradossale. Le istanze “sinistre”, infatti, sono ormai divenute minoritarie pressoché ovunque, però continuano a indicare la rotta ai mezzi di comunicazione. Creando così uno scollamento sempre più ampio rispetto agli umori del Paese reale.
La “sinistra” agenda dei mass media
In era pre-Internet, negli Stati Uniti venne formulata la cosiddetta “teoria dell’ago ipodermico”, sostanzialmente incentrata sull’irresistibile pervasività dei mass media. I cui messaggi sarebbero in grado di “penetrare sotto la pelle” delle masse indifese, in assoluta analogia con lo strumento usato per fare le iniezioni. Oggi si ipotizza piuttosto un’influenza degli organi d’informazione, che appare decisamente più in linea con le reazioni osservate del pubblico.
A dimostrarlo c’è anche l’attualità italiana che, a titolo esemplificativo, negli ultimi giorni ha dato (fin troppo) spazio a un caso inesistente. Quello del presunto saluto romano del CEO di X Elon Musk durante la cerimonia d’insediamento del bi-Presidente Usa Donald Trump. Peccato che allora la reductio ad Ducem dovrebbe colpire anche personaggi come Joe Biden, Barack Obama, Hillary Clinton o Kamala Harris, certamente non tacciabili di fascismo.
In generale, comunque, tradizionalmente la gauche caviar decide non solo di cosa si possa parlare, ma anche come se ne possa parlare. E quindi, quando Mark Zuckerberg, numero uno di Meta, annuncia l’intenzione «di ripristinare la libertà d’espressione», il problema non dev’essere l’ammissione della censura politica di opinioni legittime. Bensì l’amenità che il free speech «è una minaccia per le nostre democrazie», come da voce fuggita dal seno di Yaël Braun-Pivet, Presidente macronista dell’Assemblée nationale francese.
Tuttavia, già da qualche anno si sta assistendo a un rigetto globale della narrazione politically correct, anche nelle sue propaggini woke e green. Il che, a dispetto della propaganda a reti unificate, a ben guardare non sorprende neanche più di tanto. Può capitare, quando i radical chic di tutto il mondo dettano un’agenda del tutto autoreferenziale.