Migranti e Covid-19, è guerra tra il Viminale e la Regione Sicilia
Il Governatore Musumeci blinda l’isola contro sbarchi (e fughe), per il Ministro Lamorgese la competenza è dello Stato. E i media sembrano occultare le buone notizie sul virus
La correlazione tra migranti e Covid-19 ha riportato nuovamente le tensioni istituzionali a livello di guardia. Casus belli, stavolta, è stata l’ordinanza con cui la Regione Sicilia si è blindata contro i continui sbarchi (e le occasionali fughe) di clandestini anche infetti.
«Tutti i migranti presenti negli hotspot e in ogni centro di accoglienza della Sicilia dovranno essere improrogabilmente trasferiti in strutture fuori dall’isola». Così il Presidente Nello Musumeci, aggiungendo che «allo stato non è possibile garantire la permanenza nell’Isola nel rispetto delle misure sanitarie di prevenzione del contagio».
Paradossalmente, la preoccupazione per la criticità clinico-sociale sembrerebbe essere condivisa – mutatis mutandis, ovviamente – dal bi-Premier Giuseppe Conte. Il quale, abbandonando l’usuale aplomb da leguleio (oltre a qualsiasi riguardo per la lingua italiana), durante un evento pugliese non le aveva mandate a dire. «Non possiamo tollerare che arrivano dei migranti addirittura positivi e vadino in giro liberamente».
Ciononostante, la reazione del Ministero dell’Interno è stata quasi pavloviana. «La gestione dei flussi migratori non è una materia di competenza delle Regioni, ma è disciplinata dalle leggi nazionali» ha puntualizzato il Viminale.
Da cui la controreplica del Governatore siciliano. «Lo Stato ha competenza sui migranti. Il Presidente della Regione ce l’ha in materia sanitaria. E in tempo di epidemia è chiaro che mi sto occupando di questo».
Musumeci non ha poi risparmiato frecciate al Governo rosso-giallo e al Ministro Luciana Lamorgese, accusati di immobilismo e superficialità. Gli immigrati, ha attaccato, sono stati ammassati in tendopoli in cui non sussistono i minimi requisiti igienico-sanitari. Di qui l’ordinanza di sgombero, volta a tutelare «il diritto alla salute di chi si trova in Sicilia e degli stessi migranti».
Durissima, infine, la chiosa del Governatore della Trinacria. «Se la competenza sanitaria è dello Stato, allora lo Stato è fuorilegge».
Migranti e Covid-19, oltre lo scontro istituzionale
Lo scontro si è innestato sullo sfondo di una recrudescenza del numero dei contagi da coronavirus, che ha esasperato ulteriormente animi già infiammati. I dati, però, sono più complessi di quanto possano apparire in prima battuta.
È vero che, in termini assoluti, le cifre dei positivi sono in (quasi) costante aumento. Tuttavia, come ha specificato l’Iss nel suo ultimo bollettino settimanale, il 74,2% dei nuovi casi «sono asintomatici o paucisintomatici». Tanto che, al netto di questi dati, «il numero di casi sintomatici diagnosticati nel nostro Paese è stato sostanzialmente stazionario nelle scorse settimane». Per di più, l’identificazione di oltre 6 malati su 10 è avvenuta grazie al monitoraggio e rintracciamento di chi è venuto in contatto con soggetti contagiati.
Il virus, cioè, ha vita più dura: sia perché i suoi effetti clinici sono meno gravi, sia perché ha maggiori difficoltà a “passare inosservato”.
La narrazione mediatica sul coronavirus
Va da sé che sono tutte buone notizie, che però curiosamente divergono dalla narrazione della maggior parte dei media mainstream. I quali sembrano per lo più impegnati a mantenere quel clima di ansia che anch’essi hanno contribuito a instaurare – e sarebbe interessante capirne le ragioni.
Non foss’altro perché, per contrasto, hanno iniziato ad alimentare delle tesi complottiste, alcune delle quali coinvolgono direttamente l’esecutivo. O meglio, il desiderio governativo di mantenere il potere anche a fronte delle imminenti sconfitte variamente pronosticate alla prossima tornata elettorale. In tal senso, migranti e Covid-19 sarebbero funzionali a una sorta di nuova strategia della tensione, di cui beneficerebbe la maggioranza.
Obiettivamente difficile da credere, perfino dopo le farneticazioni del medico Walter Ricciardi, consulente del Ministero della Salute. Il quale ha evocato il rinvio delle urne, salvo fare una precipitosa retromarcia dopo la rivolta dell’intero arco costituzionale. Oltretutto fingendo pateticamente di essersi riferito ad altri Paesi, come se avesse la benché minima influenza sulle scelte elettorali di qualsivoglia potenza straniera.
In fin dei conti, però, la spiegazione più plausibile si può trovare nelle parole di Gerard Baker, ex direttore del Wall Street Journal. Il quale ha affermato che il giornalismo si è ormai tanto trasformato da non essere ormai più distinguibile dalla propaganda. Ahinoi.