Migranti, il tema centrale non è l’immigrazione ma le prospettive di crescita dell’Italia
Gli italiani non sono razzisti e non vogliono chiudere gli occhi davanti alla disperazione dei migranti, ma chiedono che l’inclusione sia compatibile con le difficoltà della nostra asfittica economia
Il tema dei migranti è delicato e complesso e chiunque si azzardi ad affrontarlo, privo delle necessarie competenze, rischia di dire sciocchezze. Bisognerebbe avere una conoscenza che spazi dalla politica interna alle intese internazionali, dagli accordi comunitari alle regole del soccorso in mare, dalle norme di polizia a quelle sulla sicurezza sanitaria.
Pochi hanno questa conoscenza globale, ma questo non significa che solo essi possano parlare. La gran parte di essi, peraltro, vive nel privilegiato mondo della politica, nel quale, oltre al necessario distacco, prevale l’interesse di partito e di schieramento.
Ma su questo tema hanno il diritto di parlare anche i cittadini e la gente comune che quotidianamente si trovano ad affrontare l’argomento non “a monte” – dov’è compito della politica di intervenire – ma “a valle”. E la valle, come tutti sappiamo, è una valle di lacrime.
Un’emergenza che grava sui più deboli
La “valle” sono le periferie degradate delle grandi città, dove la presenza dei migranti, ai quali lo Stato non è in grado di dare collocazione dignitosa né risposte risolutive, è particolarmente evidente. E’ lì che gli immigrati, privi di prospettive di reale inserimento, finiscono nell’emarginazione, che li spinge a gesti inconsulti ed aggressioni violente ed è lì che approdano alla criminalità organizzata, che li sfrutta come manodopera nei campi e nei cantieri o li avvia alle piazze di spaccio, dove possono agire impunemente perché lo Stato è pressoché inerme.
La “valle” sono le piccole città del nord, dove questa massa di diseredati in attesa di futuro è più visibile che altrove. Lì è plasticamente rappresentata l’incapacità dello Stato di offrire prospettive che non siano un pasto caldo e un tetto dove ripararsi, fatto di piccoli alberghi sottratti al turismo per divenire luoghi dove le regole sono dettate dal più forte e dai gruppi organizzati. Giovani individui che vivono nell’indolenza, nell’accattonaggio più o meno garbato e nel desiderio di avere, anche a qualunque costo, ciò che noi abbiamo e che a loro è negato.
La “valle” sono le stazioni ferroviarie, bivacco di poveri cristi assistiti a fatica dai volontari della Caritas e che, all’imbrunire, diventano luoghi pericolosi e insicuri per tutti, soprattutto per le donne.
La “valle”, in una parola, si chiama disagio per tutti e insicurezza per i cittadini onesti.
Il disagio di chi non vuole chiudersi
Cittadini che non vogliono pagare il prezzo dell’inclusione indiscriminata, che non accettano che la multiculturalità diventi perdita di identità, che non sopportano un’Europa che lascia l’Italia sola ad affrontare questa emergenza. Persone che, per l’insicurezza che soffrono, vogliono chiudere le frontiere, le porte di casa e persino il cuore.
Ma il problema mette a disagio anche quei cittadini che sono da sempre aperti al mondo e alle altre culture, antirazzisti, sostenitori del dialogo, pronti alla carità verso i bisognosi ed alla compassione verso i più deboli. Cittadini che tuttavia, mentre vedono arrivare tanti immigrati in cerca di futuro, assistono da anni alla fuga all’estero dei loro figli, giovani che non trovano qui le opportunità di sviluppo e crescita professionale alle quali aspirano.
Non è l’immigrazione il problema
Una contraddizione che per decenni i Governi non hanno voluto o saputo affrontare. Perché il vero problema non è l’immigrazione, che può essere una risorsa preziosa, ma la mancanza di lavoro, tanto per gli italiani quanto per gli immigrati. Il desiderio di migliorare la propria vita è parte integrante dell’essere umano e lo sappiamo bene noi italiani che abbiamo riempito navi di immigrati in cerca di fortuna. Ma i nostri emigranti andavano dove le opportunità esistevano, anche se a caro prezzo. Nell’Italia di oggi che opportunità ci sono?
Il tema centrale non è l’immigrazione, che va comunque affrontata, ma le prospettive di crescita dell’Italia, sempre meno capace di valorizzare le sue immense risorse che sono la biodiversità, la storia, la cultura e la bellezza e di liberare le energie delle nuove generazioni, sostenendo le intelligenze dei singoli e le capacità imprenditoriali di tante aziende, imbrigliate dalle raccomandazioni, dalla burocrazia e da un sistema bancario sempre più parassitario.
Meno lezioncine e più ascolto
Il disagio ha dunque dimensioni più ampie e mentre una parte della sinistra inseguiva categorie astratte, con la pretesa di dare lezioni di accoglienza dal salotto buono di casa, la destra ha saputo interpretare l’insofferenza delle periferie, la rabbia di chi vede l’Europa intervenire per arginare le eccellenze alimentari italiane ma non i flussi migratori, che si sommano alla crisi che attanaglia il nostro Paese.
Gli italiani non sono razzisti e non vogliono chiudere gli occhi davanti alla disperazione dei migranti, ma chiedono garanzie per tutti e cioè che l’inclusione sia compatibile con le difficoltà della nostra asfittica economia.
Giorgia Meloni aveva promesso di alzare la voce contro i furbetti d’Europa e ha giustamente iniziato da Macron, che mentre pretende di “vigilare” sulla politica italiana, chiude i porti e le frontiere francesi ai migranti. Nessuno ha la bacchetta magica per risolvere il problema dell’immigrazione, ma Giorgia Meloni stavolta ha ragione. Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta?