Morte del vice brigadiere. Politica e informazione non conoscono il silenzio
Come prevedibile, tante sono state le reazioni degli esponenti politici. Mentre molte testate parlavano di un (presunto) omicida nordafricano
La morte del vice brigadiere dei Carabinieri Mario Rega Cerciello ci lascia tutti sconcertati. Perchè a perdere la vita è un giovane di 35 anni, perchè il fatto è avvenuto a Prati, uno dei quartieri più centrali di Roma, e perchè il militare sarebbe stato ucciso per un banale furto con successivo tentativo di estorsione, il cosiddetto "cavallo di ritorno". Di fronte ad un fatto così grave e tragico forse si dovrebbe solo restare in silenzio e rispettare il giovanissimo carabiniere.
Ma chiedere il silenzio a volte sembra chiedere troppo. Come prevedibile, le reazioni politiche non sono mancate. E c'era da aspettarselo. Con tanto di tweet e post su Facebook. E l'informazione? Molti dei primi articoli circolati sui fatti di via Pietro Cossa parlavano di due nordafricani coinvolti nella vicenda. Poi, nel corso delle ore, la vicenda è cambiata: il presunto omicida è un cittadino statunitense, che avrebbe anche confessato il delitto.
Troppo spesso la categoria dei giornalisti dimentica un principio fondamentale: la presunzione di non colpevolezza. La storia dell'informazione è piena di casi di (presunti) mostri sbattuti in prima pagina (in home page si direbbe oggi). E poi c'è il tema della nazionalità delle persone coinvolte in un fatto di cronaca: in un periodo storico dove aumenta l'ostilità, fomentata anche da una parte della politica, nei confronti dei migranti, l'indicazione della nazionalità di un presunto omicida non rischia di gettare benzina sul fuoco? E se poi quella indicazione sulla nazionalità fosse anche sbagliata?