Navalny, giusto lo sdegno, ma senza uscire dal seminato, please
Benché sia probabile che Putin sia coinvolto nella morte del suo principale oppositore, i tribunali mediatici occidentali hanno meno titolo di quelli russi per sputare sentenze: e alcune iniziative (vedere Radicali) scadono nel ridicolo
L’atroce morte di Aleksej Navalny, principale oppositore del Presidente russo Vladimir Putin, ha comprensibilmente suscitato emozione e indignazione in tutto l’Occidente. Da più parti sono giunte richieste di fare luce sugli ancora numerosi punti oscuri della vicenda, che si accompagnano alle iniziative di protesta già variamente intraprese. Alcune delle quali, però, escono decisamente dal seminato.
La (giusta) indignazione per la morte di Navalny
«Capisco la posizione della moglie di Navalny, bisogna fare chiarezza. Ma la fanno i medici, i giudici, non la facciamo noi». Così, come riporta Il Manifesto, il Ministro leghista delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che con queste dichiarazioni ha scatenato una bufera.
Eppure, il Capitano ha detto un’ovvietà. Perché sicuramente non ha tutti i torti il leader di Azione Carlo Calenda quando tuona che «il giudizio dei magistrati di una dittatura non conta nulla». Ma hanno comunque più titolo per emettere sentenze dei tribunali politico-mediatici occidentali secondo cui la colpevolezza dell’ex numero uno del KGB è incontrovertibile.
Intendiamoci, è estremamente probabile che lo Zar sia in qualche modo coinvolto nella fine del suo maggior antagonista. Anche se come mossa è completamente insensata, non foss’altro perché ha confermato la pessima opinione euro-americana sul leader di Mosca e, soprattutto, trasformato Navalny in un martire.
Ben venga, quindi, qualsiasi azione volta ad accertare la verità su quanto è realmente accaduto nella colonia penale in cui l’attivista scontava una pena di 19 anni. Comprese quelle fini a se stesse come la fiaccolata bipartisan svoltasi, come ricorda Rai News, in Campidoglio.
Alcuni escono decisamente dal seminato
L’importante è non esagerare, come le commesse del duty-free di Fiumicino che, scrive l’ANSA, si sono rifiutate di servire un’insegnante dopo aver visto il suo passaporto russo. O non scadere nel ridicolo, tipo i Radicali che, come riferisce il Corsera, hanno proposto di intitolare a Navalny via Gaeta, sede dell’ambasciata russa a Roma.
Se questo è il tenore della pressione che dovrebbe gravare sul Cremlino, il suo inquilino potrà ancora dormire sonni tranquilli. Con tutto il sol dell’avvenire che continua a brillare, certamente più della memoria dei “nipotini” di Lenin e Stalin.