‘Ndrangheta a Roma, i boss puntavano ai locali del Vaticano e alla massoneria
Dalle intercettazioni trapelano le ambizioni smodate del clan ‘ndranghetista di Curzo e Alvaro
Dalle intercettazioni trapelano quelle che erano le mire e le ambizioni dei boss della ‘Ndrangheta Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo arrestati ieri a Roma in un mega blitz Antimafia.
Dalle pasticcerie ai ristoranti, dalle tabaccherie alle società ittiche: 24 sono le società e le aziende sottoposte a chiusura e sequestro dalla Dia al termine dell’operazione “Propaggine” che ha smantellato le attività della ‘ndrangheta trapiantata a Roma e guidata da Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo.
‘Ndragngheta, Carzo e il sogno della massoneria
Il loro impero comprendeva società da Torpignattara al Tuscolano, avevano stretto un’alleanza con i Moccia per i locali da rifornire ma non bastava volevano espandersi ancora e conquistare una catena di supermercati e bar di lusso intorno al Vaticano. E ancora c’era il progetto di entrare a far parte nella massoneria. O almeno questo era il sogno di Domenico Carzo, il figlio di Antonio Carzo.
Il piano dunque era quello di acquisire locali di lusso nel centro storico tramite prestanome e teste di legno per riciclare soldi sporchi provenienti da più fronti. Tra gli obiettivi entrava anche la catena di Supermercati Elite. L’avanzata prevedeva la conquista dei locali del centro come un osteria a Trastevere e altri due bar sempre nella zona centrale del Vaticano. Non cellule criminali sparpagliate, ma “un’esercito” come dice lo stesso ‘Ntoni Scarpacottta Carzo. “Una carovana pronta a fare una guerra” Ma se noi siamo qua a Roma…sì che siamo assai pure qua…non è che…volta e gira, siamo qualche 100 di noi, altri in questa zona…nel Lazio”: queste alcune delle dichiarazioni degli arrestati contenute nell’ordinanza nei confronti di uno dei boss, Vincenzo Alvaro.
Dobbiamo stare “quieti quieti”
Sapevano di essere nel mirino delle forze dell’ordine ma la loro colonizzazione infestante doveva continuare. “Si deve evidenziare che già in una conversazione captata il 9 settembre 2017 Carzo, traendo spunto da un’iniziativa di Klaus Davi e poi commentando l’ergastolo comminato a Carlo Cosco a Milano e l’esito del processo ‘Aemilia’ a Bologna – scrive il gip – aveva sottolineato la necessità di stare ‘quieti quieti’, ritenendo evidente che in quel momento storico la magistratura e le forze dell’ordine avessero preso di mira la ‘ndrangheta.
“ormai bisogna capire…c’è stato un periodo che hanno bersagliato i siciliani…Cosa Nostra…Cosa Nostra…e noi…sotto traccia facevamo…ora è da capire che ci hanno preso in tiro a noi calabresi e ora invece dobbiamo stare più quieti … quieti” , precisando che, comunque, “eh … eh … le cose si fanno …’”.
Un’ingordigia senza fine e una sete di potere che non conosce limiti.