Nessuno scrive al colonnello, Gabriel García Márquez
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Un brevissimo racconto con un personaggio memorabile che legherà specialmente con coloro che da poco si sono visti posticipare di alcuni anni la pensione e sono in quella angosciosa fase d’attesa che sembra non finire mai.
Nel 1957 il prezioso scrittore colombiano in vita, García Márquez, mette nero su bianco una delle opere principali degli Oscar Mondadori “Nessuno scrive al colonnello”.
Siamo in provincia di Macondo, un non luogo, lontano dal nostro modo di vivere, più precisamente a casa di un vecchio colonnello, reduce della guerra civile, in perseverante pellegrinaggio verso l’ufficio postale, per ritirare una pensione che non arriva mai; e di sua moglie, con la quale condividere quest’attesa ostinata è più angoscioso delle effettive conseguenze di una vita di stenti.
Il loro è quello che chiamerei un esemplare rapporto coniugale, fondato sulla condivisione.
E’ il mese di ottobre (“Per cinquantasei anni… il colonnello non aveva fatto altro che aspettare. Ottobre era una delle poche cose che arrivavano”.). In casa, il caffè che bolle sul fuoco è per metà polvere di ruggine di latta raschiata con un coltello dal fondo del barattolo. La moglie del colonnello respira con affanno sul letto, ai piedi del quale è legato l’unico tesoro, un gallo da combattimento o una grande speranza, per il quale il colonnello si toglie anche le ultime briciole di cibo dalla bocca.
L’aria che si respira è indescrivibilmente umile e viene smossa da una serie di circostanze, che seppure molto semplici e povere, emergono dal romanzo, comprovando quel cosiddetto “realismo magico” di cui Márquez è ritenuto il maggiore esponente.
"«E intanto che cosa mangiamo?» chiese la donna.
«Non lo so» disse il colonnello. «Ma se dovevamo morire di fame saremmo già morti».
Il gallo era perfettamente vivo davanti alla bacinella vuota".
In questo posto dove il colonnello e la moglie vivono, si pensa che il mondo sia spiritualità e destino. I due protagonisti, o meglio i due sopravvissuti della storia, sono di continuo sull’orlo di un collasso ma vanno avanti, forse perché l’aspettare è già un’occupazione e perdere la voglia di vivere sarebbe infimo, rispetto a subire il terrore di non farcela.
L’attesa è già vita anche se “nessuno scrive al colonnello”.
Un ottimo inizio per chi si volesse inoltrare nella letteratura latinoamericana, sconsigliato agli avversi alla malinconia!