Netflix con pubblicità? Scelta sbagliata, ecco perché
Netflix introduce una nuova campagna abbonamenti con l’inserimento di pubblicità. Ecco perché è una scelta sbagliata
Una volta si diceva: “la toppa è peggio del buco”. La notizia ha cominciato a circolare qualche mese fa: Netflix sta per lanciare una nuova campagna abbonamenti, che prevede al suo interno l’inserimento di inserzioni pubblicitarie.
Il servizio sarà dunque sempre a pagamento, leggermente più economico certo, ma prevederà appunto innesto dell’advertisement.
I motivi
Ma perché una delle principali piattaforme di distribuzione di contenuti, è costretta a effettuare una scelta di questo tipo?
Innanzitutto per motivi legati alla concorrenza. Il numero degli abbonati negli ultimi tempi è infatti in costante decrescita. Come mai? Intanto, perché è aumentato il numero delle piattaforme che distribuiscono contenuti.
Nel 2014, quando Netflix ha inizializzato il proprio percorso, certamente non esistevano Prime Video, Raiplay, Disney+ Dazn, Apple Tv, Timvision ecc. Naturalmente, un dettaglio tutt’altro che trascurabile considerando che queste piattaforme sono solo alcune e sono solo alcune presenti nel nostro Paese. Si considerino anche quelle visibili nelle altre porzioni d’Europa e del mondo.
A questo, si aggiunga che i competitor inseriscono nella propria offerta non soltanto contributi di carattere cinematografico, ma anche legati al mondo dello sport (per fare un esempio), con eventi e live distribuiti in diversi periodi dell’anno. Se è vero che nell’età delle televisione liquida lo streaming è imperante, occhio a sottovalutare l’importanza dello spettacolo in diretta, da vivere hic et nunc, nel momento stesso della sua effettiva realizzazione.
Come funziona
Con l’inserimento delle fasce pubblicitarie Netflix guadagnerà, si stima, una cifra tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari. Rinuncerà dunque a parte degli abbonamenti, concedendo ai fruitori del servizio la possibilità di scegliere tra una sottoscrizione priva di inserzioni (che ovviamente costerà di più) e una comprensiva di quattro annunci di “reclame” commerciali per titolo, probabilmente in “preroll” prima dell’inizio. Queste le prime informazioni a riguardo, ma non sono escluse possibili variazioni.
Perché è una mossa sbagliata
Siamo davvero sicuri che questa trovata possa garantire il mantenimento degli abbonati? A nostro avviso no e spieghiamo perché.
Il vero motivo dell’abbandono da parte degli abbonati non è legato al costo. O quantomeno non del tutto. Il motivo sta nel costo, a fronte di una scarsa qualità di contenuti disponibili. Il numero dei titoli negli ultimi anni è decisamente aumentato certo, ma non in maniera direttamente proporzionale alla qualità. Il problema, per capirci, non è pagare 20 euro al mese, ma pagarne 15 sapendo che comunque l’offerta, salvo qualche rara eccezione, non è poi così tanto diversa da altre piattaforme gratuite che funzionano allo stesso modo. E’ il caso di Pluto Tv, ad esempio.
Del resto, alzi la mano chi non ha mai trascorso una serata intera con il telecomando in mano, alla disperata ricerca di un contenuto da guardare, per poi optare per qualcosa non del tutto soddisfacente. O in molti casi per ridursi, dopo minuti interminabili di tentativi, a decidere mestamente di spegnere la tv.
Non ci resta dunque che attendere, per vedere se gli effetti e gli sviluppi di questa trovata diano ragione alla società statunitense o alla nostra umile analisi.