Nidi convenzionati: il Comune li ha voluti e il Comune li uccide
Nidi convenzionati in protesta: tagli sulle spese comunali per i bambini
Dopo esserci recati sotto la sede del Dipartimento XI per incontrare i ‘nidi in protesta…pacifica!’, vi spieghiamo qual è la storia dei nidi convenzionati e il perché della loro protesta ad oltranza.
I nidi in convenzione, realtà capitolina dal 2002, sono “nidi a gestione privata – spiegano i gestori – che accolgono bambini provenienti dalle liste d’attesa dei nidi comunali alle stesse condizioni dei comunali stessi. Pur essendo a gestione privata, la convenzione stipulata, in genere per una durata di 1 o 2 anni, sancisce i parametri e definisce le regole di funzionamento del servizio”.
Come ci riferiscono, “il tariffario applicato da Roma Capitale non conosce revisioni, se non a ribasso, dal 2009, nonostante in questi anni siano aumentati costo del lavoro, l’Iva, le imposte comunali, i canoni di locazione degli immobili in base all’Istat”.
Dunque: le quote non si adeguano, i costi lievitano, l’amministrazione taglia. Roma Capitale, con Alemanno prima e con Marino poi, “per risparmiare, ha tagliato i fondi a questi servizi che costano meno e funzionano a volte anche meglio” – continuano i ‘nidi in protesta’.
“Nel 2010, senza alcuna concertazione e senz’alcun preavviso – precisano – è stato ridotto l’orario di funzionamento dei servizi”: da 7.30/18.00 a 8.00/16.30. Conseguentemente alla riduzione dell’orario, è stato effettuato un taglio della retta “in proporzione alla riduzione di orario”, senza tenere in considerazione che l’orario tagliato è quello che, ai gestori, costa meno: i bambini presenti sono meno. “In questo modo – spiegano – abbiamo risparmiato poco dalla riduzione d’orario, mentre ci è stato tolto molto dalla quota che ci viene corrisposta dal Comune”.
Come infatti abbiamo avuto modo di capire parlando con i gestori presenti al presidio sotto la sede del Dipartimento XI, la diminuzione dell’orario di apertura non ha portato sostanziali modifiche ai costi di gestione. Per fare un esempio, a pranzo, quando il nido è aperto e ci sono più bambini, c’è bisogno del pranzo. E per preparare il pranzo c’è bisogno di: uno/a cuoco/a e almeno uno/a aiutante; di una cucina, che sia fornita di elettricità, gas, acqua, e che sia a norma. E tutto questo ha, banalmente ed ovviamente, un costo. Il quale costo, però, grava solo sulle spalle di chi dirige la struttura; il Comune, invece, forte della riduzione d’orario, ha meno spese.
Ma c’è dell’altro. “La qualità e la quantità di ore di formazione istituzionale, cioè organizzata e fornita dal Comune, è diminuita – incalzano i rappresentanti dei nidi – Prima le strutture sia pubbliche che private venivano seguite dal CNR, che valutava, aggiornava, formava e consigliava gli operatori con il solo obiettivo di alimentare la qualità del servizio, in quanto la qualità di un nido è fatta principalmente, se non totalmente, dalla professionalità degli operatori. Attualmente le ore di formazione sono diminuite e vengono svolte ‘al risparmio’ (tante strutture insieme, attraverso interventi sempre più impostati sulla didattica tradizionale e non sul confronto e sul training on the job). Per mantenere quell’aggiornamento costante che fa la differenza in termini di qualità, i gestori hanno dovuto pagare di tasca propria una formazione privata”.
Come tutto questo non fosse già abbastanza, la situazione è precipitata con la della delibera n. 244/2013, approvata dalla giunta Alemanno, che stabilisce che la quota per il mese di luglio deve essere corrisposta solo se il bambino frequenta effettivamente.
“Durante il mese di Luglio la frequentazione dei nidi subisce una drastica diminuzione – commentano i gestori – Fino allo scorso anno, nonostante le famiglie pagassero secondo l’effettiva presenza del bambino, cosa che comportava già una discreta perdita per il gestore, il Comune corrispondeva comunque la parte dovuta per ogni bambino, a prescindere dall’effettiva presenza”, dal momento che il gestore ha comunque dei costi fissi da sostenere. Ovvero: il costo del personale (che percepisce 13 mensilità a prescindere dal numero di bambini frequentanti) e l’affitto della struttura. Entrambe queste voci di spesa sono “non comprimibili e indipendenti dal numero di bambini presenti”.
Oltretutto, “il tipo di contratto non permette la riduzione del personale quando il numero di utenti diminuisce, a meno di utilizzare contratti a termine che oltre che andare a discapito del lavoratore, va a grave discapito del bambino al quale non sarebbe più possibile garantire la continuità educativa, visto che un contratto a termine non può essere rinnovato all’infinito, favorendo così un turn over del personale che non giova certamente alla serenità di bambini così piccoli e delle loro famiglie”.
“Per risolvere il problema del mancato pagamento del mese di Luglio – spiegano ancora – ci viene proposto dall’assessore Cattoi di accogliere i bambini dei nidi comunali che a Luglio sono chiusi. Questa soluzione non è una soluzione, sia perché in alcuni municipi il numero di nidi convenzionati è superiore al numero di nidi comunali, sia soprattutto perché è impensabile che un bambino così piccolo venga spostato come un pacco postale da un posto all’altro, con educatrici sconosciute, senza neanche un giorno di ambientamento”. La frequentazione nel mese di luglio, infatti, si caratterizza per quindicine (la prima, la seconda o entrambe), esattamente tanto quanto – generalmente – dura l’inserimento di un bambino in asilo: 15 giorni (almeno).
A conferma di quanto da noi sostenuto: “Come mai a settembre – si chiedono ancora i gestori – diciamo che un bambino ha bisogno di 3 settimane durante le quali un genitore lo accompagna nel suo ambientamento nel nido con persone che diventeranno per lui di riferimento grazie proprio a questo accompagnamento e invece a Luglio i bambini possono essere spostati così brutalmente?”.
Infine, ci sono le (onnipresenti) “problematiche che da sempre insistono nel rapporto con la pubblica amministrazione: il ritardo dei pagamenti che inducono i gestori a dover chiedere alle banche costosissimi anticipi fatture; contratti di convenzione della durata massima di due anni che espongono i nidi ad un continuo “precariato”; mancanza di trasparenza sulle modalità di scelta delle strutture da convenzionare, a cui rinnovare o a cui ampliare o meno la convenzione; mancanza di dialogo: è da Settembre che chiediamo un colloquio con l’assessore per trovare insieme una soluzione; fioriscono nidi privati che offrono il servizio a rette bassissime, giustificate solo da un totale abusivismo e da un livello di qualità inqualificabile” – che sono finiti in un rapporto firmato dal Partito Radicale (Prot RH/2012/195666) ufficialmente consegnato alla Polizia di Roma Capitale, al Dipartimento XI, alla Guardia di Finanza e all'Agenzia delle Entrate.
A tutto questo, scrivono i gestori dei nidi privati in convenzione in un comunicato, l’amministrazione Marino ha risposto: “Potete sempre cambiare lavoro se questa situazione non vi piace”.