Nidi convenzionati, la sordità del Comune a danno dei più piccoli
Incontro con la Cattoi martedì 6 maggio: le buone notizie tardano ad arrivare
“Confidavamo in un’apertura verso la nostra situazione di grande disagio e invece c’è stata una chiusura a riconferma di una delibera impropria”. Lo raccontano così le maestre e imprenditrici di asili nido convenzionati l’incontro che si è tenuto martedì 6 maggio negli uffici dell’assessore Cattoi, Dipartimento XI di via Capitan Bavastro, alla presenza, anche, della Turchi, Rosso e Baglio.
“Ci hanno ribadito che, nel mese di luglio – spiegano – manderanno da noi i bambini dei nidi comunali. Ma non ci hanno assicurato 3 cose: innanzitutto non ci hanno assicurato che saranno riempiti anche gli spazi baby (spazi ricreativi, aperti la mattina o il pomeriggio, dove i bambini non dormono e non mangiano, ndr); poi, non c’è certezza per Ostia, Municipio nel quale ci sono molti più convenzionati che comunali e, a livello matematico, non c’è la certezza che i posti saranno riempiti; infine, loro ci assicurano che ci sarà sovrabbondanza di bambini e parlano di dati, che sono, però, solo presunti, in quanto nessun genitore ha ancora pagato”.
E poi, c’è da considerare che se un nido ha 20 bambini e, per il mese di luglio, mette a disposizione quei 20 posti ma ne vengono coperti solo 10, allora il gestore del nido convenzionato sarà pagato per 10 bambini. “Il Comune, per mandare da noi i bambini comunali, chiude le sue strutture. Perciò, abbiamo chiesto che, a fronte della chiusura e del risparmio delle strutture comunali, i nostri nidi convenzionati vengano pagati per intero, in modo che venga risolto, per esempio, anche il problema degli spazi baby e di Ostia”. Perché i convenzionati si dicono disposti ad accogliere i bambini dei comunali, ma a queste condizioni il lavoro diventa quasi impossibile. “Tra l’altro, abbiamo anche chiesto di iniziare a mandarci i nomi dei bambini perché bisogna provvedere a fare l’inserimento” e ad espletare tutte quelle operazioni di routine che , generalmente, vengono svolte a settembre, quando sono previste almeno 2 settimane di inserimento del bambino. “E invece a luglio – le iscrizioni vanno a quindicine, ndr – questi bambini possono stare con chiunque?” – si chiedono le rappresentanti dei nidi. “Noi abbiamo un contratto a tempo indeterminato – continuano – per la continuità didattica. Ma se a luglio ci mettono in queste condizioni, allora che valore ha la continuità didattica?”.
E poi – sostengono – dal punto di vista educativo questa soluzione non ha senso di esistere. Per un motivo molto semplice: arrivano questi bambini, che le educatrici non conoscono – né tantomeno i bambini conoscono le educatrici, e parliamo di asili nido, quindi di bambini da 0 a 3 anni; non si conoscono i genitori – né tantomeno i genitori conoscono le educatrici. E tutto quello che a settembre si fa in minimo due settimane, a luglio si dovrebbe fare in un giorno, dalle 8 alle 16.30? Poi, c’è la documentazione da far firmare, i documenti da prendere. “Alle educatrici – spiegano ancora – servono almeno 10 giorni solo per capire chi sono la madre, il padre, e la nonna che ogni tanto viene a prendere i bambini; una settimana, invece, serve solo per reperire tutta la documentazione generale. Insomma, ci chiedono di fare un nuovo settembre a luglio, con la differenza che a luglio dobbiamo fare tutto in un giorno”.
Gli standard qualitativi imposti, quindi, a luglio, “possono andare a farsi benedire?” – si chiedono ancora.
Da quanto apprendiamo, durante l’incontro, sarebbe emerso che, in realtà, i soldi per garantire la sopravvivenza di queste strutture, ci sono. “Ma insistono a dirci che la Tesoreria non passerebbe il principio ‘vuoto per pieno’ perché non può (il principio vuole che sia pagata anche la parte di bambini non frequentanti, ndr)”. Al momento, invece, è previsto che i nidi convenzionati recepiscano solo la quota utenti. Questo vuol dire che se prima un bambino non frequentava e, per esempio, la sua quota ammontava a 200 euro, il nido convenzionato perdeva quei 200 euro ma recepiva comunque la quota erogata dal Comune di Roma. Ora, non più. Con la conseguenza che, se prima si perdevano 2mila euro, ora si rischia di perderne fino a 10mila – parliamo di cifre indicative, ndr.
“Siamo dispiaciuti di tanta poca sensibilità – commentano – Perché, al di là del dato imprenditoriale, che pure ha un peso, si evince che i servizi preposti in realtà non curano l’interesse dei bambini, non tutelano il minore, altro che politiche educative”.
E ciò che ancora più pesa è che “ci indurranno all’illegalità, alcuni di noi, per sopravvivere, potrebbero essere costretti a dichiarare che hanno tutti i posti coperti. Ma noi non vogliamo scadere nell’illegalità, anche perché poi le conseguenze penali le paghiamo noi. Noi vogliamo operare in modo trasparente e col sostegno del Comune. Il nostro è un servizio dedicato e delicato, e di questo bisogna tener conto”.
Ma perché tutta questa sordità? L’onda gialla dei nidi in convenzione è in protesta ormai da mesi, possibile che nessuno abbia capito, compreso e accolto le istanze dei gestori? L’obiettivo, forse – si chiedono ancora – “è sbarazzarsi di una parte di nidi perché non sono più disposti a sobbarcarsi economicamente il nostro peso? Vogliono portarci all’autoesclusione? E lo fanno, forse, per reinvestire i nostri soldi in altre strutture comunali? Beh, allora non ci hanno capito poi molto, perché noi costiamo 1/3 dei nidi comunali”.