No della Cassazione francese all’estradizione di 10 terroristi, Galmozzi: “Mi fa godere”
Parigi nega l’estradizione all’Italia perché gli assassini si sarebbero rifatti una vita in Francia, e le famiglie che hanno invece spezzato?
Il fondatore delle Brigate combattenti di Prima Linea compie il suo ennesimo atto di oltraggioso giubilo. “Quanto mi fa godere la Cassazione francese”, così Enrico Galmozzi ha commentato sui social la decisione dei giudici di Parigi di confermare il rifiuto all’estradizione degli ex militanti Br.
Galmozzi è condannato per gli omicidi dell’avvocato Enrico Pedenovi e del poliziotto Giuseppe Ciotta.
Galmozzi e quelle parole di oltraggioso giubilo
Tra i loro nomi compare anche quello di Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio di Luigi Calabresi, Marina Petrella e Roberta Cappelli. E c’è quello dell’ex militante di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, già condannato in Italia per essere stato tra i mandanti dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi.
La Corte di Cassazione francese ha dunque negato nuovamente la cooperazione giudiziaria con il nostro paese per ciò che concerne i dieci terroristi italiani coinvolti nell’operazione “Ombre rosse“.
Le ragioni dell’estradizione negata
Il 29 giugno dell’anno scorso il tribunale francese aveva già respinto l’estradizione chiesta dall’Italia.
La presidente della Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi aveva motivato il no all’estradizione dei 10 terroristi facendo riferimento al “diritto a un processo equo” e il “rispetto della vita privata e familiare”, come garantito sulla base degli articoli 6 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
L’interrogativo amaro di Mario Calabresi
Il giornalista di Repubblica Mario Calabresi, che già in passato aveva definito “ridicola e falsa” la decisione della Corte d’Appello di Parigi di non estradare i dieci terroristi, conclude con una domanda retorica, da cui traspare grande amarezza: “Ma pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c’è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà”.