No, signor Presidente Draghi, lo Stato è laico, ma pacta sunt servanda
Il Premier replica ai rilievi del Vaticano sui pericoli per la libertà insiti nel ddl Zan con un discorso donabbondistico fatto di slogan e banalità: ed eludendo il merito della questione
No, signor Presidente Draghi, ci dispiace ma non possiamo che dissentire da Lei: in particolare, dalla posizione che ha espresso in Senato sul ddl Zan. O meglio, che non ha espresso, visto che ha preferito infarcire la Sua replica di slogan e trite banalità anziché entrare nel merito della questione.
Questione che origina dall’ormai celeberrima «nota verbale» consegnata dalla Segreteria di Stato vaticana all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Nel documento, il Ministero degli Esteri pontificio chiedeva di rimodulare il controverso disegno di legge che, rebus sic stantibus, violerebbe «l’accordo di revisione del Concordato». In particolare, mettendo a repentaglio la libertà religiosa garantita dall’accordo che nel 1984 modificò i Patti Lateranensi del 1929. I quali a loro volta – giova ricordarlo, soprattutto a qualche rapper distratto – sono inseriti nell’articolo 7 della Costituzione italiana da oltre 70 anni.
Si badi che quello che è stato paventato Oltretevere non è un rischio, bensì una certezza. Lo dimostrano i numerosissimi casi già verificatisi in Paesi esteri con norme simili a quella che ha come primo firmatario il deputato dem Alessandro Zan. Diversamente, sarebbe stato difficile che la Chiesa decidesse per un atto così serio e pressoché senza precedenti – ancorché stilato in punta di diritto.
Ma Lei, Presidente, si è limitato a ricordare che «l’Italia è uno Stato laico» e «il Parlamento è certamente libero di discutere e non solo». Fatto, questo, che nessuno ha mai messo in discussione, tantomeno il Vaticano che non ha certo suggerito al legislatore quali norme adottare. Piuttosto, ha rilevato un (enorme) problema giurisprudenziale e diplomatico prima ancora che antropologico ed etico. Da cui Lei ha svicolato, finendo per fare la (magra) figura del don Abbondio.
No, signor Presidente, pacta sunt servanda
Perché vede, Presidente Draghi, l’affaire esula dalle (presunte) ingerenze ipocritamente lamentate da vari esponenti politici. E anche dai giudizi su un testo che moltissimi ritengono un obbrobrio giuridico volto a creare un reato d’opinione e introdurre l’ideologia gender nelle scuole. E a cui si oppongono anche vari esponenti del mondo femminista e della stessa comunità arcobaleno.
No, signor Presidente, il punto focale è che pacta sunt servanda. E ancora di più se, come in questo caso, c’è di mezzo un Trattato internazionale. Perché altrimenti Lei potrebbe, per esempio, risolvere l’altra vexata quaestio dell’immigrazione semplicemente ignorando la Convenzione di Dublino. O anche aspettare di aver incassato i finanziamenti del Recovery Fund per poi stracciare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Ecco perché, signor Presidente, ci saremmo aspettati tutt’altro tipo di discorso: perché, almeno finché resterà in vigore, bisognerà giocoforza concordare col Concordato.