No tavoli all’aperto, ristorante più antico di Roma rischia chiusura. Il proprietario: “Accanimento”
La Campana: 500 anni di storia, un patrimonio culturale, tradizionale e non solo culinario in pericolo
La Campana, il ristorante più antico di Roma e forse del mondo dopo oltre 500 anni di attività non può aprire per diniego del I Municipio. Si tratta di un patrimonio storico, culinario e tradizionale inestimabile che rischia il fallimento.
“Il nostro ristorante ha attraversato secoli di storia resistendo ad epidemie e guerre, ma questa volta rischia di non sopravvivere”, spiega il proprietario, Paolo Trancassini. Abbiamo raccolto le sue parole.
Cinque secoli di storia e tradizione in pericolo
“Abbiamo provato a superare con grande dignità la prima fase della pandemia, ci siamo adeguati a tutte le normative per il distanziamento all’interno del ristorante e per offrire un servizio sicuro ai nostri clienti ma adesso, a distanza di oltre un anno dalla prima chiusura ci troviamo ad affrontare un ostacolo inverosimile.
Il primo Municipio di Roma ha deciso di proibirci l’uso dei tavoli all’aperto, che non intralciavano e non infastidivano nessuno, utilizzando peraltro riferimenti normativi propri della grande viabilità cittadina, a noi che siamo in un vicolo”.
Ristorante più antico di Roma: “Atto ostile contro Roma”
“Un atto inopportuno ed illegittimo, che abbiamo già impugnato, ma che di fatto ci toglie l’unica possibilità di dare continuità alla nostra storia che dura da oltre 500 anni.
Un atto cattivo, una vergogna che colpisce anche i nostri dipendenti e la filiera di aziende che c’è dietro di noi.
Una decisione ostile che non tiene conto del fatto che anche “La Campana” è Roma e tutti gli atti contro aziende come le nostre, sono atti contro Roma.
Non bastava il Covid, la esiguità dei “ristori”, le regole stringenti alle quali ci siamo (inutilmente) adeguati, l’assurdità di orari incomprensibili, il coprifuoco di medioevale memoria, la proibizione dell’uso dei tavoli all’interno del locale…no, non bastava”.
“Stiamo assistendo ad un accanimento, cerchiamo di rialzarci e veniamo buttati giù. E’ incomprensibile. In tutte le città d’Italia e d’Europa si incentivano le opportunità di stare all’aperto e riaprire in sicurezza, mentre noi veniamo puniti per averci provato. Più cerchiamo di metterci in regola e più viene alzata l’asticella, fino a rendere la riapertura impossibile. Ci hanno tolto i tavoli applicando la normativa della grande viabilità. Come se avessimo sistemato i tavoli sulla Palmiro Togliatti. Una norma errata che ci fa quasi pensare che ci siano cattive intenzioni contro di noi. Da noi ha mangiato Goethe, intellettuali, artisti, attori del grande cinema eppure ora siamo considerati sacrificabili. Il governo considera sacrificabili proprio quelle attività che caratterizzano il paese. Qui a perderci non siamo solo noi ma il patrimonio del paese: convivialità, vita comune, gioia di incontrarsi in un locale.
Se togliamo i ristoranti e i locali alle città sono belle lo stesso, ma nella maniera in cui lo sono i musei. Sono spettrali, angoscianti, senza vita. Non vogliamo che il nostro futuro sia questo“.