Prima pagina » Opinioni » Nomine del Governo Meloni: la strana storia dei mai fascisti di destra in cerca di una casa comune

Nomine del Governo Meloni: la strana storia dei mai fascisti di destra in cerca di una casa comune

Non si tratta solo del toto ministri tanto utile all’audience dei media, quanto delle centinaia di nuove nomine e incarichi che arriveranno

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Per quanto la sobrietà sia la parola d’ordine e l’indicazione principe da adottare in queste frenetiche giornate che andranno a definire l’organigramma della nuova compagine governativa, è ovvio che gli aventi diritto, oltre a qualche “imbucato” dell’ultima ora, si dannino l’anima più di quanto cristianamente accettabile per ottenere questo o quell’incarico agognato o unilateralmente preteso, o magari preventivamente mal concordato nelle chiacchiere alticce delle cene elettorali.

Non c’è incarico senza politica

Non si tratta solo del toto ministri tanto utile all’audience dei media, quanto delle centinaia di nuove nomine e incarichi che vanno ad interessare donne e uomini dei partiti vincenti che spesso per il semplice “merito della presenza”, in molti casi inutile o insignificante, pretendono di ambire ad un riconoscimento tangibile delle loro apparizioni.

Se è vero che non c’è incarico senza politica, fortunatamente altrettanto non può dirsi del contrario. Infatti, un qualunque incarico ottenuto, pur rappresentando materialmente il momento della sua applicazione ed attuazione, resta sempre la parte più deteriorabile di un progetto politico con una data di scadenza certa.

L’ideale politico invece, per quanto possa anch’esso deteriorarsi nel tempo, vede fissata la sua data di scadenza in un giorno indefinito della storia. In realtà, la sua essenza, una volta conquistati i cuori e le ragioni, resta sempre a disposizione dell’essere umano che lo trasmetterà al DNA mentale e filosofico dei suoi eredi.

Come ho conosciuto il fascismo grazie alla mia famiglia

Ho conosciuto il fascismo per la prima volta attraverso i racconti d’infanzia di mia nonna paterna durante le vacanze estive che sostituivano piacevolmente le fiabe per bambini tipiche e noiose delle scuole elementari.

Attraverso la narrazione ripetuta delle gesta di mio nonno, scomparso poco dopo la mia nascita nel 1965 con il grado di Generale Medaglia d’oro al valor militare, eroe delle due guerre mondiali ( la sua tomba è monumento nazionale presso il Cimitero di San Nicandro G.co ), fedele alla monarchia durante il ventennio fascista e convinto “accettatore” dell’Italia Repubblicana , quel periodo così vitale della storia (mai colpevolmente approfondito dalla didattica obbligata di sistema), era diventato il pane quotidiano dei miei pensieri in embrionale fase di elaborazione e sviluppo.

Tra i mille racconti di gesta eroiche che da subito mi misero di fronte alla morte come elemento essenziale dell’esistenza, alcuni avevano riguardato il primo figlio di mio nonno, fratellastro maggiore di oltre un decennio di mio padre. Lo zio Italo, da giovanissimo capitano dell’esercito, in aperta contrapposizione con l’ingombrante padre (già con i galloni di Colonnello e una serie sterminata di medaglie conquistate sui campi di battaglia) aveva inopinatamente aderito alla Repubblica di Salò. Una ferita mai rimarginata con la famiglia e con l’austero padre che aveva letto da subito i pericoli autoritari del regime mussoliniano e le scellerate scelte filo tedesche formalizzatesi con l’emanazione aberrante delle leggi razziali.

La storia del mio “zio fascista”

Negli anni della mia esistenza, ho incontrato lo “zio fascista” pochissime volte, negli sporadici rapporti che aveva con mio padre nei brevi soggiorni durante le ferie estive.

Di lui ricordo la fiera tristezza dello sconfitto, emarginato dal nuovo corso e mai compreso per quella scelta di giovane idealista e confuso patriota.

Sempre vestito con i segni del lutto e con il portamento fiero e decadente dell’eroe negativo, un giorno, in uno dei rari contatti negli ultimi anni di estiva frequentazione del paese delle mie origini, mi rispose finalmente alla mai posta domanda su quel perenne bottoncino nero all’occhiello della giacca.

Con l’enfasi arcaica di un linguaggio che stava ormai scomparendo, mi disse che rappresentava il ricordo per la morte violenta dei suoi compagni d’arme oltre che dei suoi nemici, ma soprattutto per la morte di un ideale che negli anni era sprofondato in un abisso incomprensibile anche per il suo mentore, Gabriele D’Annunzio, che aveva vissuto con esaltante pienezza l’affermazione primordiale di un’ideale glorioso e rivoluzionario nei suoi intendimenti per poi vederlo tristemente fallire nella deriva a cui ogni dittatura finisce per trascinarci.

Il pudore dei “mai fascisti di destra”

Per troppi anni, i “mai fascisti di destra”, per eccesso di pudore hanno manifestato solo nel segreto dell’urna e non sempre, il proprio credo conservatore.

Una debolezza aggravata dalla a volte stupida preoccupazione di essere etichettati come fautori della dittatura, condizionati oltremodo dalle artificiose rappresentazioni del mainstream dell’informazione che con dolosa mistificazione ha facilmente potuto ridicolizzare e strumentalizzare personaggi fantomatici e fumettistici del post fascismo nostalgico più deteriore ed ignorante.

È un fatto che all’epoca del MSI, un numero rilevantissimo di persone, pur dedicando parole di approvazione ed ammirazione all’eloquio perfetto di Giorgio Almirante oltre che a molti dei concetti espressi, non aveva mai “osato” concedergli il voto elettorale, forse non essendo totalmente convinti della segretezza dell’urna!

Spesso, con la netta percezione di non essere rappresentati, moltissimi sono rientrati nella variegata categoria degli astenuti, costretti nell’indefinito mondo della maggioranza silenziosa.

Altri hanno cercato delle locazioni temporanee e transitorie in partiti e movimenti che in quel determinato momento, fino ad oggi, avevano quantomeno dato la sensazione che potessero colmare almeno una parte dei bisogni ideologici e di posizionamento, consentendo loro il poter “fare politica”.

Ma è risaputo che il prezzo pagato per una locazione venga dopo breve tempo classificato come “soldi buttati” poiché nessun affitto può contribuire a costruire una casa propria o ad acquisirne una che almeno si avvicini a quella dei sogni. Piuttosto, l’affitto transitorio, spesso molto oneroso, contribuisce inesorabilmente ad allontanarti dalla casa ideale dove vivere e far crescere le proprie idee.

La destra è una questione esistenziale

La verità è che, malgrado la sconfitta segnata dalla storia dal dopoguerra ad oggi, essere di destra spesso è una questione esistenziale che nelle varie fasi della vita diventa l’essenziale per chi è dedito alla conservazione dei suoi più sani principi.

Di questo va ringraziata oggi Giorgia Meloni, artefice di un risveglio quasi dolce degli animi profondi e spesso calpestati della Destra italiana.

Con pazienza e costanza ha voluto e saputo edificare la nuova casa della Destra Italiana. Un luogo che ci auguriamo accogliente ed aperto, senza steccati o porte blindate.

Una nuova chiesa, inclusiva e lungimirante sorta sulle ceneri rimaste vive di un popolo mai estinto sebbene semplicemente mai riconosciuto tale.

Una casa, quella di Giorgia Meloni, costruita nel tempo, superando le immense pastoie della storia burocratizzata e parzializzata oltre che paralizzata da troppi falsi vincitori di una guerra mai realmente vinta.

La realizzazione di un progetto quasi onirico che negli anni ha visto il complicato licenziamento di quelle maestranze incompatibili ed indisciplinate che ne impedivano l’esatta architettura.

Il cantiere però è ancora aperto, con alcune ali dell’articolato palazzo schermate dai ponteggi e dalle impalcature.

Così come molti spazi interni necessitano ancora della giusta destinazione d’uso oltre che delle idonee rifiniture: e si sa come siano proprio le rifiniture che alla fine potrebbero fare la differenza per la scelta abitativa di nuovi inquilini, che provengano o meno da un’altra casa.

Lo spettro del fascismo e l’importanza del confronto con la Sinistra

Al contempo, dispiace constatare come oggi che lo spettro del fascismo, surrettiziamente rievocato, risulta tangibilmente evaporato nell’etere della realtà, ai grigi e variegati capicorrente del Pentapartito Democristiano a guida cattocomunista non resta altro che “attaccarsi” (per giustificare la loro spesso indebita e presuntuosa occupazione delle stanze del potere) alla criminalizzazione e derisione di valori tanto fondamentali quanto elementari dal non poterne negare la vitale importanza.

Eppure, ci piace pensare che da qualche parte della Sinistra, ci sia ancora una nobiltà di pensiero tale da consentire un confronto democratico, costruttivo e mai denigratorio.

Onore, Orgoglio, Dignità non sono mai stati termini di esclusiva proprietà del conio fascista, ma sentimenti profondi e fardelli pesanti trascritti in qualunque carta costituzionale rilegata con il cordone dorato della democrazia.

Così come Patria, Famiglia, Dio non fanno parte di una terminologia desueta e “scandalosa” come il dopato progressismo di sinistra vorrebbe farci ritenere (soprattutto a danno delle nuove generazioni). Senza la giusta conservazione di tali valori, semplicemente l’umanità scomparirebbe nel caos superficiale ed artificiale dettato dal progressismo falso ed involutivo dell’essere obbligatoriamente “fluidi”, a ogni costo ed in tutti i sensi.