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Nomine Ue, l’inutilità del voto e la speranza dei franchi tiratori

L’alleanza “innaturale” PPE-S&D-RE si accorda per la von der Leyen bis, il socialista Costa in Consiglio Europeo e la liberale Kallas Alto rappresentante: la Meloni si aggregherà (e perderà la faccia)?

Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello, Digital Services Act, Bruxelles, nomine Ue

Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello (© liftarn / Openclipart)

Insomma, a quanto pare sulle nomine Ue abbiamo scherzato. Dopo due settimane abbondanti di presunte trattative, infatti, a Bruxelles hanno solo confermato il pacchetto già paventato, come se non si fosse appena svolta una tornata elettorale. Un atteggiamento che ha fatto infuriare il Premier Giorgia Meloni, che ora dovrà giocoforza decidere cosa voglia fare da grande.

Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello, Digital Services Act, Bruxelles, nomine Ue
Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello (© liftarn / Openclipart)

L’accordo sulle nomine Ue

Che il potere tenda all’autoconservazione non è una novità, visto che lo aveva già enunciato Niccolò Machiavelli. Però di solito lo fa in modo sottile, cercando almeno di salvare le apparenze, mentre stavolta l’ircocervo PPE-S&D-RE ha avuto la grazia di un elefante in cristalleria.

Santi di Tito - Ritratto di Niccolò Machiavelli
Santi di Tito – Ritratto di Niccolò Machiavelli (Firenze, Palazzo Vecchio, 1575-1599). © Wikimedia Commons

Questo, se non altro, racconta TGCom24, riferendo dell’intesa mandarinesca che prevede anzitutto l’esecratissimo bis di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea. Ma anche il socialista portoghese António Costa alla presidenza del Consiglio Europeo, e la liberale estone Kaja Kallas nuovo Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione. Numero uno dell’Europarlamento, invece, dovrebbe restare la maltese Roberta Metsola, anch’essa esponente del Partito Popolare Europeo.

Roberta Metsola, Kaja Kallas, António Costa e Ursula von der Leyen. Nomine Ue
Roberta Metsola, Kaja Kallas, António Costa e Ursula von der Leyen (immagine dall’account X – ex Twitter – di Matteo Villa)

L’alleanza che l’inquilino di Palazzo Chigi aveva recentemente bollato come «innaturale» ha quindi escluso dalla partita i conservatori, che pure erano i veri vincitori delle Elezioni Europee. E non a caso, nelle ultime ore, in molti sui social network sono tornati a chiedersi che senso abbia allora votare. A conferma che il solco tra il popolo e i suoi (teorici) rappresentanti sta diventando sempre più profondo: anche e soprattutto a livello di politiche.

Il green è l’emblema del solco tra popolo e rappresentanti

Non è un mistero, infatti, che le folli misure green fossero quelle in assoluto più avversate dai cittadini del Vecchio Continente. Tant’è che i Verdi sono stati l’euro-gruppo che ha perso più seggi a Strasburgo dopo i centristi di Renew Europe. Eppure, in questo caso i padri padroni comunitari non si stanno nemmeno limitando a ignorare le indicazioni dell’elettorato, ma addirittura stanno facendo l’esatto contrario.

Europa (al) verde, Clima, auto green
Europa (al) verde (© Europeanfiles.eu)

Basti pensare che una decina di giorni fa, come ricorda Sky TG24, è stata approvata la norma sul ripristino della natura. Un’assurdità col marchio European Green Deal, che aveva già suscitato la rivolta dei trattori perché impone la riduzione dei terreni coltivabili, dunque della produzione di prodotti agricoli.

European Green Deal, transizione ecologica
European Green Deal (© Italy.representation.ec.europa.eu)

Frattanto, aggiunge La Repubblica, la compagnia aerea Lufthansa ha annunciato aumenti dei biglietti fino a 72 euro, per sopperire all’obbligo di utilizzare costosissimi “carburanti sostenibili”. Questa tassa ambientalista indiretta potrebbe sembrare un fatto locale, però l’azienda tedesca può fare da apripista per altri gruppi: e, soprattutto, sta acquisendo ITA Airways.

La Meloni e le nomine Ue

In ogni caso, le nomine Ue dovranno passare dapprima al vaglio del Consiglio Europeo, formato dai Capi di Stato e di Governo dei Ventisette, il 27-28 giugno. Qui in realtà non dovrebbero esserci problemi, visto che per la ratifica occorrono 20 Paesi che contino per il 65% della popolazione dell’Europa. Tuttavia, generalmente si procede per consenso unanime, mentre stavolta l’Italia sta valutando un’inedita quanto eclatante astensione.

Consiglio Europeo
Consiglio Europeo (© European Council / Wikimedia Commons)

Poi, comunque, si aprirà la vera partita, che si gioca presso l’Eurocamera, dove servono come minimo 361 deputati. Sulla carta la maggioranza URSSula dovrebbe averne 399, ma lo scrutinio è segreto e statisticamente c’è sempre un 10-15% di franchi tiratori. Nel 2019, per dire, il margine sarebbe dovuto essere di una sessantina di parlamentari, ma la Baronessa la spuntò solo per nove, di origine sostanzialmente pentastellata.

Parlamento Europeo, Bruxelles
Parlamento Europeo (© Corvo di cenere / Wikimedia Commons)

Da qui la necessità per l’ex Ministro della Difesa di Berlino, come sottolinea l’ANSA, di blindare la propria traballantissima ricandidatura cercando nuovamente un appoggio esterno. Per esempio, quello della Meloni, finora sempre molto ambigua sull’eventualità, ma ora irritatissima per l’esclusione dall’accordo sui cosiddetti top jobs. E che quindi, secondo Bloomberg, potrebbe essere “risarcita” con un vicepresidente esecutivo nella prossima Commissione Europea.

Una strategia molto pericolosa

Una strategia aleatoria per il leader di FdI, ben consapevole dell’ostilità della propria base per l’alta papavera teutonica e, quindi, del serio pericolo di perdere la faccia. Forse anche per questo la Nostra ha rievocato, come rileva Il Sole 24 Ore, «l’interesse nazionale». Che però non sta affatto nell’avere un portafoglio di peso, bensì un’agenda «più concreta e meno ideologica», nelle parole proprio del Presidente del Consiglio, citata dall’Adnkronos.

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni (© Governo.it)

È un obiettivo che non si può conseguire senza un Eurogoverno in cui i socialisti siano sostituiti dai sovranisti, e che potrebbe ancora essere alla portata. Può infatti accadere «che un’intera classe dirigente delegittimata dal voto, che pensa di continuare a dettare l’agenda, vada a casa» ha spiegato al Corsera una velina governativa. Secondo cui «c’è il rischio, visto il metodo che hanno scelto, che arrivino delle sorprese clamorose».

Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea a Bruxelles, von der Leyen
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea a Bruxelles (© EmDee / Wikimedia Commons)

Quello che per alcuni è un rischio, però, per altri è una speranza. E, dopotutto, dal fango può nascere il diamante.