Obesità infantile: Italia pessima, colpa delle mamme
L’OMS ci posiziona tra i primi in Europa per obesità infantile e molti genitori non si rendono conto dei rischi che corrono i loro figli
L’obesità infantile sembra un fenomeno lontano, lo associamo ai fast food americani non certo all’Italia. Eppure proprio i bambini italiani sono tra i più obesi d’Europa, con tassi vicini al 40%.
Solo Cipro, Grecia e Spagna ci superano in questa classifica. Considerando la prevalenza della sola obesità infantile, escludendo il sovrappeso, il nostro Paese è addirittura al secondo posto.
Questo emerge dall’ultimo rapporto Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI) dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), una situazione preoccupante, resa ancor più grave dalla limitata percezione del problema che sembra trasparire. (Il Giornale del Cibo – Matteo Garuti – 3.1.2023)
I genitori non pensano che certi cibi facciano ingrassare
Quando si dice che le mamme danno cattive abitudini ai loro bambini intendiamo proprio questo. Non si preoccupano di dare loro il cibo più appropriato per farli crescere sani. Pensano che tutto quello che è in commercio, solo per il fatto di essere autorizzato, non abbia controindicazioni.
Avevo un’amica che prendo ad esempio, ma come lei ce ne sono tanti di genitori. Cresceva sua figlia da sola, in mezzo a mille difficoltà e faceva di tutto per farle passare delle giornate le più liete possibili. La riempiva di giochi e di bambole.
Passava la maggior parte del tempo libero con lei e quando si trattava di mangiare la portava al bar a fare degli spuntini con panini e dolci o in quei negozi dove vendono hot dog di varie dimensioni, con patatine fritte e salse gialle e rosse. In quei posti sanno come affascinare i bimbi: palloncini e seggioline colorate, gadgets, bibite gassate dolci, tutto è zuccherato, anche l’aria che respiri.
Dopo 8 anni di quella vita la bambina è obesa e la madre pure. Sono entrambe celiache. Effetto junk food?
Obesità infantile, “parcheggiamo” i figli davanti ai monitor
Il report dell’OMS ha analizzato dati raccolti tra il 2018 e il 2020 in 33 paesi europei oltre i confini Ue, monitorando quasi 411.000 bambini.
Il 29% del campione tra 7 e 9 anni d’età è risultato sovrappeso o obeso, con una prevalenza del 31% tra i maschi rispetto al 28% alle femmine.
Tra i singoli Stati si segnalano differenze notevoli, da un minimo del 6% in Tajikistan a un picco del 43% a Cipro. Oltre al dato sui chili di troppo, lo studio valuta alcuni dei fattori di rischio tipicamente associati all’obesità. A fronte di una media del 43%, trascorrono almeno due ore al giorno davanti alla televisione, o a un monitor di computer, il 72% dei bimbi italiani, secondi solo a quelli di San Marino.
L’Austria chiude la classifica con il 18%. Il 67% tra 6 e 9 anni, inoltre, viene accompagnato a scuola in auto, a fronte di una media complessiva del 50%.
L’obesità è anche un costo sociale
Le conseguenze di questa realtà sono note, ed allarmanti. La salute di questi bambini è molto compromessa e oltre al dato personale c’è un problema sociale di costi che questa condizione comporta. Quanto ci costano i malati?
Non è bello fare questi discorsi ma l’obesità a volte non è una malattia come le altre, si potrebbe evitare e quindi non farlo pone problemi alla persona, alla famiglia e alla società.
Problemi che uno Stato deve prendere in considerazione e affrontare con politiche di comunicazione e di dissuasione per certe abitudini alimentari quanto meno sbagliate.
Obesità infantile: le cattive abitudini dei bambini e delle mamme
La recente analisi dell’Oms conferma le tendenze che erano emerse già in precedenti ricerche dello stesso tipo, svolte nel 2018 e ci dice infatti che:
l’8,7% non fa colazione quotidianamente, pasto che invece è fondamentale non saltare mentre il 35,6% consuma una colazione sbilanciata rispetto a carboidrati e proteine. Più della metà dei bambini, il 55,2%, a metà mattina consuma una merenda troppo abbondante e inadeguata. Mentre il 25,4% beve bibite gassate e zuccherate ogni giorno, anche se il dato è in calo rispetto al passato.
Scorrendo nel rapporto appare che il 48,3% e il 9,4% consumano rispettivamente snack dolci e salati più di tre giorni a settimana e il 24,3% dei bambini mangia frutta e verdura meno di una volta al giorno e il 38,4% porta in tavola i legumi meno di una volta a settimana.
Questo modo sbilanciato di alimentarsi associato con una vita fortemente sedentaria, favorisce l’obesità infantile e comporta danni alla salute fin da piccoli: patologie cardiovascolari, insulino resistenza, ipertensione e alterazioni del metabolismo in genere, ma anche un’altra condizione comunemente associata all’età adulta come la steatosi epatica.
I decessi dei pazienti con il diabete di secondo tipo, nel 44% dei casi sono legati a una condizione di sovrappeso o obesità.
Una correlazione simile si verifica anche per i problemi cardiaci e per il cancro. L’obesità è infatti correlata con l’emergere di almeno 12 tipi di tumore, secondo il World Cancer Research Fund (Wcrf). Inoltre è la quinta causa di morte nel mondo, secondo l’OMS.
Quelle madri non si accorgono se il figlio è “grasso”
La cosa più incredibile per chi svolge queste ricerche è quando sente dire dalla madre di un bambino obeso che suo figlio è normale, anzi talvolta lo vedono un po’ sfinato.
Succede nel 40% dei casi, quasi la metà. Così come quasi il 60% delle madri di bambini sedentari ritengono che il proprio figlio svolta un’attività fisica adeguata e quasi il 70% di esse ritiene che la quantità di cibo che il proprio figlio obeso mangia ogni giorno non sia affatto eccessiva.
Gli occhi di madre non sono una garanzia per la salute di questi ragazzi, decisamente.
Che fine ha fatto la dieta mediterranea?
Ne parla la tv ogni giorno, rubriche di grande ascolto invadono il palinsesto Rai e Mediaset con consigli per cucinare e per fare la spesa, intere pagine sui quotidiani settimanalmente fanno altrettanto.
Tra i programmi più seguiti ci sono quelli in cui cuochi bacchettano gli apprendisti chef.
Ma chi li guarda quei programmi se tanti Italiani non hanno imparato niente sulla Dieta Mediterranea e seguono invece quella di Las Vegas, dello Zio Sam?
Dalla ricerca emerge che queste madri ignorano candidamente i principi salutistici che hanno reso famosa la dieta nata all’ombra del Vesuvio, scoperta in Cilento dal medico epidemiologo e fisiologo americano Ancel Keys nel 1945, dopo essere sbarcato a Salerno con il contingente americano.
Un’altra dieta, sempre del sud Italia, ha invaso le cucine delle madri italiane, una dieta ricca di carboidrati, zuccheri, farine raffinate, grassi animali. La risposta è sempre la stessa: “Non so cosa dargli, gli do quello che gli piace. Non ho tempo, ho da fare a lavoro, pulire casa, devo incontrare persone.”
Per tenere tranquillo il bambino la soluzione più facile è sempre la stessa: “Ci facciamo una pizza? Ordiniamo cinese? Andiamo a farci un hamburger?” Quindi vivere nel Paese della grande ricchezza delle biodiversità alimentari, con una quantità di prodotti genuini che il mondo intero ci invidia non serve a niente. I bambini soffrono di impoverimento alimentare! Con il rischio di contrarre malattie croniche.
Obesità infantile, la scuola potrebbe aiutare questi ragazzi
Ti cadono le braccia. Che si può fare? Come si recupera una situazione di ignoranza saldata con le necessità economiche e i problemi familiari? È un caso disperato, sinceramente non vedo soluzioni facili per questi bambini.
Andrebbe fatto un intervento rapido e radicale dalla scuola, si torna sempre lì. Ma è l’unica istituzione che avrebbe la possibilità e l’autorevolezza per imporre orari e mense con menù studiati per affrontare questi casi. Abbinando l’alimentazione a un’attività fisica regolare.
Ma le vedete voi le palestre, i campi da calcio o di altri sport, che sorgono attorno alle scuole?
Ovvio che tutto questo avrebbe un costo elevato. Prevederebbe una programmazione, per un periodo molto lungo e ci sarebbe comunque bisogno della partecipazione e della comprensione dei genitori, per poter marciare uniti verso la meta.
Se a mensa il bambino mangia bene e a cena torniamo agli hamburger e patatine fritte capite bene che lo sforzo non vale la candela.
La scuola è il centro in cui costruire salute e conoscenza
Sono decenni che si suggerisce da più parti alla scuola, specie dalle elementari, di inserire dei corsi di Gastronomia. Una volta, per gli Istituti Commerciali, c’era la materia di Merceologia.
Qui serve qualcosa di più e anche di più interessante. La storia della gastronomia italiana, del Made in Italy, dei prodotti più importanti. Negli istituti superiori si potrebbe poi inserire anche i corsi di Enologia. Il vino è uno dei nostri prodotti di punta della bilancia commerciale. Che non si diffonda una cultura del vino in Italia mi pare un abominio.
Questi corsi darebbero ai ragazzi una conoscenza utile nel corso della vita. Una responsabilizzazione per la loro salute. Perché il cibo è salute e noi siamo quello che mangiamo.
Non si può lasciare all’oscuro una componente tanto importante della nostra economia nazionale e del nostro benessere. Educazione al vino significa anche creare un futuro di possibili conoscitori di uve e vitigni, che fanno della scelta della sobrietà la caratteristica più importante di un raffinato gourmet. Un italiano che non conosca il vino, per me, è come un eschimese che non conosca il ghiaccio.
Inoltre la Società italiana di pediatria, ritiene che l’educazione alimentare e sanitaria debba trovare spazio a scuola fin dall’infanzia, per favorire il benessere durante la crescita e fino all’età adulta. “La scuola deve essere il centro in cui costruire salute, in cui trasmettere quei concetti che possono prevenire l’instaurarsi nelle età successive di malattie croniche e fra queste dell’obesità”. Sarà mai possibile ?