Prima pagina » Opinioni » Oltre la Giornata delle persone con disabilità: integrazione è riconoscere l’unicità

Oltre la Giornata delle persone con disabilità: integrazione è riconoscere l’unicità

Tanti passi avanti verso l’integrazione, ma c’è ancora molto da fare nella nostra società

Il 3 dicembre ricorre la giornata internazionale delle persone con disabilità. Proclamata per la prima volta nel 1992 dalle Nazioni Unite al fine di promuovere i diritti dei disabili e garantire il benessere e la soddisfazione dei loro bisogni. Ma siamo sempre stati così attenti ai bisogni dei disabili?

L’handicap fisico e psicologico nella Storia

La storia è stata crudele con le persone con handicap fisico e psichico. Non è necessario andare molto a ritroso. Si pensi a ciò che accadeva nei primi quarant’anni del 1900 in Europa, quando si diffuse la cultura del miglioramento della specie e dell’eugenetica, termine usato per la prima volta dall’antropologo inglese F. Galton in una sua opera del 1869 che definiva lo studio delle condizioni in cui vengono prodotti uomini superiori. Galton definiva l’eugenetica (buona nascita) la scienza per il miglioramento della specie umana.

Di conseguenza l’eugenetica incoraggiava la riproduzione degli individui migliori e scoraggiava quella degli individui con qualsiasi disabilità. Il fascismo fece proprie le tesi eugenetiche e Mussolini nel 1927 parlò di salute pubblica e di cura dalle imperfezioni; gli psichiatri fascisti temevano la diffusione delle infermità mentali e gli ospedali psichiatrici, nel 1928, accolsero più di cinquantamila malati psichiatrici.

In Germania nel 1933 Hitler elencava coloro che erano destinati alla sterilizzazione tra cui cechi, sordi, persone con handicap fisico e psichico e il divieto di matrimonio tra persone indesiderabili. A ciò fece seguito l’eutanasia (buona morte) degli esseri inferiori. Lo sterminio dei malati mentali tedeschi rappresentò, come disse Friedlander, Auschwitz prima Auschwitz. Tra il 1939 e il 1947 solo in Germania vennero uccisi 275 mila disabili definiti “vite inutili”.

Questo per dire che prima dello sterminio degli ebrei che tutti conosciamo molto bene, ce n’è stato un altro tragicamente silenzioso che pochi ricordano. Solo nel 1941 facendo seguito alle proteste delle chiese tedesche e i familiari dei disabili, Hitler ordinò di fermare lo sterminio. Nel 2006 in Olanda il protocollo Groningen regolava la soppressione di bambini affetti da malattie genetiche, specificando tre categorie cui dare l’eutanasia. Nello stesso anno in Inghilterra una prestigiosa associazione di ginecologi inglesi chiede l’autorizzazione ad uccidere neonati disabili per risparmiare sofferenze e peso economico alle famiglie.

Disabilità: tanti passi avanti verso l’integrazione, ma c’è ancora da fare

Di contro, sempre in Inghilterra, il neurochirurgo L. Guttmann, alla fine della seconda guerra mondiale introdusse la pratica sportiva competitiva per i soggetti con handicap al fine di rafforzare il fisico e combattere la depressione dei reduci di guerra. Da qui ebbero inizio le Paralimpiadi. La prima Paralimpiade estiva si tenne nel 1960 a Roma, fu promossa dal chirurgo e neuropsichiatra A. Maglio che ebbe il merito di dare primaria importanza nell’approccio terapeutico del disabile, all’intervento psicologico e motivazionale.

Nessun uomo ha diritto di decidere per la vita di un altro uomo. Una persona portatrice di handicap resta comunque una persona, degna di rispetto, con gli stessi diritti inviolabili di ogni uomo e soprattutto con capacità decisionale. La persona deve poter scegliere quale percorso seguire e quali occasioni cogliere per migliorare il suo stato psico fisico. A noi spetta il compito di stimolare le conoscenze e offrire gli strumenti utili al raggiungimento del benessere.

Parlare di disabilità in modo generico non porta alcun beneficio, perché sono molto diversi i bisogni e variano secondo il deficit della persona. E’ necessario quindi focalizzare l’attenzione sui bisogni individuali, attraverso progetti personalizzati, dove la persona è al centro e i servizi devono interfacciarsi tra di loro includendo anche il familiare o la persona stessa, che più di ogni altro saprà dare indicazioni chiare sui bisogni da soddisfare. C’è ancora molto da fare!

Lascia un commento