Omicidio prete a Como e altre storie come la sua. Migrazioni o invasioni?
Nel 1999 don Renzo Beretta venne ucciso da un marocchino clandestino, già espulso dalla questura…la ricompensa che ricevono i buoni?
La cronaca degli avvenimenti di sangue è ormai una successione quotidiana. Si passa con continuità da gravi incidenti stradali a suicidi ed omicidi efferati, come nei casi di Viviana Parisi a Messina, Maria Paola a Caivano, Don Roberto Malgesini a Como.
Fatti molto diversi tra loro, che hanno in comune soltanto l’aspetto tragico e la debolezza e l’irrazionalità dei protagonisti.
I casi di Viviana e Maria Paola
Il caso di Viviana ci ha tenuti incollati al televisore per più di due settimane, prima che fosse confermato il tragico esito della vicenda con il ritrovamento dei resti del bambino, Gioele.
Esito del resto prevedibile, pur se rimangono diversi interrogativi: per esempio, gli occupanti dell’autocarro investito non mossero un dito vedendo la donna che scavalcava il guardrail; dopo due settimane di battute nella zona da parte di reparti speciali con cani addestrati, il corpo del bimbo fu trovato da un solo abitante, cacciatore e conoscitore dei luoghi.
Il caso di Maria Paola appare così triste perché riguarda le attuali pretese libertà amorose, non da tutti accettate. A parte il senso di vergogna e di ripulsa che la famiglia della ragazza poteva provare per la sua unione con un transessuale, è comprensibile che la stessa si preoccupasse del futuro della giovane. Pertanto, come risulta da alcune dichiarazioni, l’intenzione di fondo poteva essere quella di scoraggiare la scelta anche con la forza. Purtroppo, l’esito è stato il peggiore.
L’omicidio di un prete degli “ultimi”
Molti più problemi ci dovrebbe porre invece l’omicidio di Don Roberto.
La dinamica dello svolgimento è piuttosto semplice. Come ogni mattina, il sacerdote era sceso in piazza San Rocco, con la sua Panda carica di alimenti per la colazione che distribuiva a senzatetto e migranti. Lo aspettava un tunisino che conosceva bene; probabilmente, dopo un breve diverbio, questi aggrediva il prete con un lungo coltello e lo uccideva, in pochi secondi.
Quindi, buttata l’arma, come sotto choc, l’assassino andava a costituirsi alla vicina caserma dei Carabinieri.
Ora, è bene ricordare che il tunisino era in Italia negli anni precedenti ( fino al 2014 ) con il permesso di soggiorno, lavorava e si era sposato. Poi si era separato, aveva perso il lavoro e quindi il diritto di soggiorno; pare che avesse anche picchiato la moglie.
Alla fine, come senza tetto era stato accolto da Don Roberto che lo aveva aiutato. Forse,nella sua insania ( era instabile psichicamente, anche se non certificato) attribuiva al prete qualche responsabilità nei tentativi della questura di rinviarlo al paese di origine.
Don Roberto, appena 51 anni, aveva trascorso tutta la sua vita da prete ad aiutare gli ultimi, come un novello S. Francesco. Ciò è stato ricordato dal vescovo di Como, monsignor Cantoni, subito accorso sul luogo della disgrazia. L’omicidio ha suscitato profonda commozione tra i volontari e i senzatetto trovatisi sul posto.
Martiri della globalizzazione?
Il presidente della Caritas di Como, Bernasconi, ha ricordato la mitezza di don Roberto, ed ha aggiunto che il suo è un martirio, una tragedia nata anche dal clima di odio che sta prendendo piede in città. Qualcuno ha pensato al fatto che l’attività verso i migranti non è ben vista dal centrodestra che la governa; ma Bernasconi ha fatto pure riferimento alle troppe illusioni che si danno ai migranti, quando non si è in grado di istradarli verso un futuro dignitoso.
Questo dei preti martiri sembra un destino.
Nel gennaio del 1999 un altro che si adoperava per aiutare i disperati, Don Renzo Beretta, fu ucciso sul sagrato della chiesa a Ponte di Chiasso da un marocchino clandestino, già espulso dalla questura. Sembra quasi la ricompensa che ricevono i buoni.
Infine, ci sarebbe molto da discutere sul tema dei flussi migratori e sulla loro gestione, che dovrebbe riguardare l’intera Europa, non noi soltanto.
Diciamo solo che non è accettabile che un’isoletta come Pantelleria sia invasa da una massa enorme di africani, col risultato di deprimere l’economia e rovinare la vita degli abitanti.
Purtroppo queste grosse ondate sono volute e favorite dallo sfruttamento selvaggio di manodopera a bassissimo costo, mistificato dalla retorica buonista dell’aiuto umanitario.
La globalizzazione sposta senza pregiudizi morali enormi masse di uomini, oltre a quelle di denaro e materie prime.
Bisognerebbe perciò affrontare il problema dei diseredati in un’ottica diversa.