Open Arms, perché il processo a Salvini crea un precedente gravissimo
A prescindere dall’opinione sul caso, col rinvio a giudizio dell’ex Ministro la magistratura può sindacare sulla linea politica di un Governo. Alla faccia della separazione dei poteri
Il segretario del Carroccio Matteo Salvini andrà alla sbarra per il caso Open Arms. Il Tribunale di Palermo, infatti, accogliendo la richiesta della Procura ha deciso di rinviare a giudizio l’ex Ministro dell’Interno. Facendo così strame di un principio cardine della democrazia liberale che risale a Montesquieu, e producendo al contempo un vulnus gravissimo nell’intera architettura costituzionale.
Salvini a processo per il caso Open Arms
Inizierà il 15 settembre prossimo il processo a carico del leader della Lega per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Per il Gup del capoluogo siciliano Lorenzo Jannelli, l’allora titolare del Viminale trattenne in mare, «per sei giorni, 147 migranti salvati dall’Ong Open Arms, nell’agosto 2019». La vicenda sarebbe stata successivamente sbloccata da Luigi Patronaggio, Procuratore di Agrigento, che sequestrò l’imbarcazione permettendo lo sbarco di quanti si trovavano a bordo.
L’affaire si sarebbe poi legato anche allo scandalo Magistratopoli, come emerso dalle intercettazioni a carico di Luca Palamara, ex presidente dell’Anm. Che, oltre a esprimere vicinanza alla toga girgentina, affermò che l’allora vicepremier aveva ragione, ma bisognava comunque attaccarlo.
Proprio il tonno espiatorio potrebbe essere chiamato come testimone, assieme all’ex bi-Premier Giuseppe Conte e all’allora Ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, dalla difesa del Capitano. Secondo cui «non c’è alcun reato. Ma, se lo si ravvisa, va addebitato a tutti quelli che hanno contribuito ad adottare una certa strategia», ovvero l’intero esecutivo giallo-verde.
Diversa la visione del Procuratore palermitano Francesco Lo Voi (che peraltro l’ex Pm romano ha dichiarato di aver “piazzato” anche se non aveva i titoli). Per cui la concessione del porto sicuro alla nave spagnola era un atto amministrativo che competeva al Ministro dell’Interno.
Un precedente pericolosissimo
Il pre-verdetto giunto dalla Trinacria ha suscitato, prevedibilmente, reazioni di segno contrario. Partendo proprio da quella di Open Arms, entusiasta al pari di partiti come LeU e Verdi. I delicati equilibri di Governo hanno invece suggerito il silenzio ai frenemies di Pd, M5S e Italia Viva.
Diametralmente opposto il commento del diretto interessato, secondo cui c’è chi «usa il tribunale per fare politica», bypassando così le sconfitte elettorali. Argomentazioni simili sono arrivate pressoché da tutto il centrodestra, che ha evocato la giustizia a orologeria e il “metodo Berlusconi”.
Il punto focale della questione, però, lo ha evidenziato Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia. «È incredibile che si usino i tribunali per contestare scelte politiche, oltretutto creando un precedente gravissimo e pericolosissimo che deve preoccupare tutti», le sue parole.
In effetti, a prescindere dall’opinione sul caso in sé, resta che ora la magistratura ha facoltà di sindacare e sentenziare sull’azione politica di un Governo. Alla faccia della separazione e dell’indipendenza tra poteri costituzionali.
Per questo, al massimo possono esultare i giustizialisti, la cui colpevole brevimiranza ormai è talmente proverbiale da non far più neppure notizia. Non foss’altro perché la ruota può sempre girare, e con essa il «tintinnar di manette» di scalfariana memoria.
Un tempo vigeva lo stato di diritto. Oggi tocca solo sperare che vi sia ancora il diritto nello Stato.