Operazione della DIA a Roma: smantellata una rete di riciclaggio da 130 Milioni di Euro
L’operazione ha messo in luce un sistema criminale profondamente radicato e amalgamato nel tessuto economico e politico di Roma
Questa mattina, la Direzione Investigativa Antimafia (DIA), coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Roma, ha portato a termine un’operazione di vasta portata che ha scosso i sotterranei della criminalità organizzata nella Capitale. Con un’azione congiunta e mirata, le forze dell’ordine hanno effettuato diciotto arresti, di cui sedici in carcere e due ai domiciliari, e hanno sequestrato beni per oltre 130 milioni di euro. L’operazione ha svelato un sofisticato sistema di riciclaggio e una rete criminale con radici profonde e ramificate in tutta Italia.
Il ritorno di “Nomi Pesanti” della criminalità romana
Tra gli arrestati spiccano nomi storici della criminalità organizzata romana e nazionale, che sembrano riemergere dalle ombre del passato con rinnovata potenza e influenza. Al centro di questa complessa rete criminale si trovano due associazioni a delinquere con base a Roma, ma attive su tutto il territorio nazionale. Queste associazioni sono accusate di una serie di reati gravi, tra cui estorsione, usura, traffico di armi, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e autoriciclaggio, tutti aggravati dall’associazione mafiosa.
Mix micidiale: camorra, ‘ndrangheta, mafia e Banda della Magliana
Un nome di spicco tra gli arrestati è Vincenzo Senese, figlio del noto boss Michele Senese, detto ‘O Pazz. Già detenuto, Vincenzo Senese avrebbe svolto un ruolo chiave come garante per gli investimenti delle ‘ndrine Morabito e Mancuso, oltre che per il clan Rinaldi/Formicola nel commercio di idrocarburi. “Essendo figlio di Michele Senese,” si legge nell’ordinanza del giudice Emanuela Attura, “funge anche da garanzia per gli investimenti delle ’ndrine Morabito e Mancuso.”
Un altro nome di rilievo è Antonio Nicoletti, figlio dell’ex cassiere della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti. Antonio Nicoletti avrebbe utilizzato il potere criminale ereditato dal padre per diventare un punto di riferimento nelle dinamiche criminali romane. Un’intercettazione citata nell’ordinanza racconta come, durante una rissa, il solo nome di Nicoletti abbia imposto rispetto immediato: “Aho’ fermatevi questo è il figlio di Nicoletti…”.
Le accuse e le attività criminali
Secondo le accuse, queste organizzazioni criminali avrebbero creato una complessa rete di società “cartiere”, intestate a prestanome, per riciclare ingenti somme di denaro provenienti dai clan camorristici campani. In particolare, un produttore cinematografico e un manager musicale sono stati indicati come fiduciari dei clan, utilizzando le loro posizioni per infiltrare settori come la cinematografia, l’edilizia, la logistica e il commercio di idrocarburi.
Le indagini, avviate nel 2018, hanno rivelato come queste associazioni si siano infiltrate progressivamente in attività imprenditoriali apparentemente legali, ma che in realtà servivano a nascondere i proventi illeciti. La complessa rete criminale si è estesa anche al commercio illecito di idrocarburi.
Un sistema radicato anche nella Capitale
L’operazione ha messo in luce un sistema criminale profondamente radicato e amalgamato nel tessuto economico e politico di Roma. Come sintetizzato in un’intercettazione, “Perché la politica là è la mafia… là se vai a Roma politici onorevoli tutti corrotti…”. Questo commento, secondo il giudice per le indagini preliminari, descrive perfettamente l’essenza del sistema capitolino, un intreccio di interessi tra mafie, politica e imprenditoria.
L’operazione della DIA rappresenta un duro colpo per la criminalità organizzata a Roma, ma allo stesso tempo sottolinea la necessità di una vigilanza continua e di ulteriori interventi per smantellare definitivamente queste reti criminali. La Capitale è storicamente un punto di contatto tra diverse mafie e il mondo politico e deve affrontare con decisione questa minaccia.