Operazione Sardine, fase 2. Lettera aperta a Conte, per legittimarlo dal basso
Una mossa furba e insidiosa, dopo che il tracollo M5S ha tolto credibilità al governo e alla maggioranza parlamentare
Le Sardine scrivono a Giuseppe Conte, pubblicando la loro lettera aperta sulle pagine di Repubblica. E qui potete leggere il testo completo.
Vi raccomandiamo di farlo. Badando non solo ai contenuti evidenti ma prestando la massima attenzione ai molti messaggi impliciti. Nonché al linguaggio utilizzato. Che sarebbe quanto mai interessante sottoporre a degli specialisti, appunto, dell’analisi linguistica, per sentire se la loro opinione coincide con la nostra: un testo fintamente naif, che fa di tutto per simulare l’ingenuità ma che è troppo controllato e puntiglioso per riuscirci davvero.
Il primo obiettivo è palese. Ribadire la pseudo spontaneità dell’intera iniziativa e la volontà di non entrare assolutamente in concorrenza con i partiti di riferimento, a cominciare dal PD.
Nella parte iniziale viene detto in modo esplicito: “Presidente, noi non abbiamo nulla da insegnare, ma oggi tutti ci chiedono come si sconfigge quel populismo che fino a tre mesi fa sembrava inarrestabile. (…) Non siamo un partito e neanche un governo ma quella connessione che la politica va cercando da decenni e quell’abbraccio che per troppo tempo è mancato tra noi italiani. Siamo il ritorno alla partecipazione, ma non presentiamo conti da saldare”.
In pratica, zero suggerimenti da offrire – e men che meno da rivendicare – ma la massima disponibilità ad appoggiare quella che più avanti viene definita “la buona politica”. E che consisterebbe nel rispettare “l’intelligenza delle persone, la dignità dei cittadini e la storia della nostra Repubblica”.
Basterebbe quest’ultimo riferimento, per capire quanto la posizione delle Sardine sia ambigua. In quella storia è transitato di tutto. Con ripetuti inabissamenti nel peggio e con una miriade di incrostazioni negative. Un degrado, per nulla occasionale, che ha investito sia le pubbliche istituzioni sia la società nel suo insieme, moltiplicando i comportamenti criminali, o criminogeni, e dilatando a dismisura la zona grigia tra la spregiudicatezza e i reati veri e propri. La spregiudicatezza che fa strame dell’etica e i reati veri e propri che sconfinano nel codice penale.
Un degrado che all’inizio degli anni Novanta era arrivato a tal punto da costringere a proclamare la fine della cosiddetta Prima Repubblica e la nascita dell’altrettanto cosiddetta Seconda.
La domanda è ovvia: da allora in poi i vizi strutturali sono stati rimossi, o viceversa si sono mantenuti e persino aggravati?
Invece di tornare al voto…
Il secondo obiettivo della lettera, che dà il via alla fase 2 dell’intera operazione, è ancora più interessante. E ancora più insidioso.
Il presupposto è che dopo l’implosione del M5S e il suo conseguente tracollo, sia nelle urne sia nei sondaggi, l’attuale assetto parlamentare non corrisponde più a quanto emerso nelle Politiche del 2018. Quando il messaggio “forte e chiaro” fu che doveva esserci una poderosa discontinuità con i governi precedenti. Detto in modo spiccio: fuori dalle palle il PD. E basta con gli esecutivi pilotati dal Quirinale, in chiave tecnica o giù di là.
Di fronte a questa crisi di legittimazione, su cui la Lega e i suoi alleati insistono molto (e con ottime ragioni sostanziali), si tenta di uscirne con un surrogato del voto elettorale. Le Sardine come rappresentanti permanenti, benché informali e perciò non obbligati ad alcuna verifica del loro seguito effettivo in termini di numeri e di adesione a delle istanze precise, dei cittadini anti sovranisti. Che sull’onda del successo in Emilia-Romagna, e delle ripetute e affollate manifestazioni di piazza in altre regioni, vengono presentati come una maggioranza filo governativa e, più in particolare ma guardandosi bene dal dirlo, filo PD.
L’idea, e la suggestione, è che d’ora in avanti le Sardine osserveranno attentamente l’attività dell’esecutivo. In teoria per giudicarla. Di fatto, e avremo modo di verificarlo, per avallarla. A condizione che le scelte siano più in linea con quelle dello stesso PD, anziché del M5S.
In pratica, un puntello costante e dall’orientamento prefissato ma nascosto dietro la facciata di un movimento d’opinione che nasce per essere il più possibile inclusivo. E che, per facilitarsi il compito, si astiene da qualsiasi analisi delle specifiche questioni sul tappeto. Come si è visto e stravisto, con esiti sempre sconcertanti e talvolta grotteschi, nei tanti passaggi tv di Mattia Santori.
Un miscuglio, tanto rozzo per un verso quanto accorto per l’altro, di somma vaghezza operativa e di potente spirito identitario. La vaghezza serve a lasciare campo aperto alle politiche del governo. Che manco a dirlo non divergeranno granché da quelle degli esecutivi che si sono succeduti da Monti in poi, inalberando la solita scusa della necessità di muoversi nell’alveo delle linee guida della UE.
La mobilitazione identitaria, a sua volta, serve a deviare l’attenzione altrove e si impernia sullo spauracchio sovranista, gloriandosi della propria sensibilità umanitaria e rinverdendo la missione antifascista. Ma confermando così che la sedicente Sinistra non ha più nulla di nulla da obiettare al modello dominante della globalizzazione liberista. E figuriamoci da proporre come alternativa.
La regia resta più che mai sovrannazionale. I copioni sono fondamentalmente già scritti e si riassumono nella formula, usuratissima e tuttavia imperterrita, delle Riforme. Una fiction che fa schifo, dati economici alla mano, e che stava diventando insostenibile, dati elettorali sul tavolo.
Serviva disperatamente una claque. Le Sardine l’hanno fornita in Emilia-Romagna. E ora stanno tentando di fare altrettanto in ambito nazionale.