Oscar e schiaffi: e se il comico nero avesse preso di mira la moglie bianca di un collega?
Immaginiamo un’altra scena: invece di Chris Rock, è un comico bianco a rivolgere delle battute nei confronti della moglie nera di Will Smith
Quasi di tutto si è detto e scritto, negli ultimi giorni, in merito a quanto accaduto durante l’ultima cerimonia della premiazione degli Oscar.
Nascita del Premio Oscar
Una curiosità: Il termine Oscar, utilizzato a partire dal 1934 della stampa del settori della filmografia per indicare la statuetta simboleggiante il premio conferito ai migliori in ambito cinematografico, ha ancora un’origine incerta. Circolano alcune leggende come quella che attribuisce la paternità del nome a un alto funzionario in seno all’Academy che, vedendo la statuetta, dichiarò che somigliava al proprio zio Oscar. Oppure quella secondo la quale l’attrice Bette Davis, esclamò: ”Somiglia al mio primo marito Oscar Nelson!”. In realtà ad oggi nessuno è in grado di stabilire la reale origine del nome.
Ritornando alla vicenda che ha visto protagonisti Will Smith e Chris Rock, sebbene le dinamiche siano ormai ben note, sarebbe interessante ipotizzare differenti scenari immaginandone le conseguenze, giocando a sostituire gli attori della vicenda con colleghi dal diverso colore della pelle.
Sappiamo che l’attore comico nero Chris Rock, durante il proprio sketch sul palco della notte degli Oscar, ha preso di mira il taglio di capelli alla “marine” della moglie nera dell’attore nero Will Smith. Smith è salito sul palco, ha mollato uno schiaffo a Rock, reo di aver scherzato sulle conseguenze che l’alopecia, malattia di cui è affetta la signora, provoca in quanto a perdita di peli e capelli. Non pago, una volta ritornato a sedersi, l’ex Principe di Bel Air ha continuato, aggredendo verbalmente il collega ammonendolo, in modo poco educato, di evitare di pronunciare il nome della propria consorte in futuro.
Body shaming
Nell’universo del politicamente corretto fra i vari divieti, in cui non si possono più nemmeno raccontare barzellette che vedano come protagonisti, per esempio, “un nero, un ebreo e un italiano“ (in realtà gli italiani si possono ancora prendere di mira senza scrupoli, non siamo un popolo da proteggere), spicca quello che in inglese si chiama body-shaming , ossia battute che abbiano come oggetto l’aspetto fisico di una persona, un “difetto”, una malattia, etc. Di questo probabilmente Will Smith ha incolpato Chris Rock al punto da decidere di punirlo, picchiandolo di fronte a milioni di telespettatori.
Una scena surreale, una reazione esagerata, al punto da far pensare, in un primo momento, ad una gag. Pare che Chris Rock, tra l’altro, non fosse neppure al corrente del fatto che la signora Smith sia affetta da alopecia e che il ”taglio militaresco” fosse dunque una scelta obbligata per coprire la perdita di capelli.
Detto questo, proviamo a fare un gioco. Quello che gli anglosassoni chiamano “What if?” ossia, cosa sarebbe accaduto se?”.
I fatti raccontano di un attore nero che schiaffeggia un altro attore nero. Gli afroamericani usano chiamarsi tra di loro con l’appellativo “nigger” (negro) il cui utilizzo consentono solamente a quelli dalla pelle nera. Diciamo quindi che è stata una questione tra neri. Per il momento niente sanzioni, nessuna denuncia. Qualcuno ha borbottato ma nulla di che.
Cosa sarebbe accaduto se il comico nero avesse preso di mira la moglie bianca di un collega?
Ma cosa sarebbe accaduto se il comico nero avesse preso di mira la moglie bianca di un collega? Al body shaming si sarebbe aggiunta l’aggravante di razzismo al contrario? Probabilmente no. A meno che il marito bianco avesse reagito come Will Smith. In quel caso, probabilmente, lo schiaffo si sarebbe trasformato in aggressione a sfondo razziale con il conseguente immediato intervento degli agenti di sicurezza che lo avrebbero immobilizzato e portato fuori dal teatro.
L’aggressore bianco, difensore della propria moglie, sarebbe poi stato obbligato a scusarsi davanti a tutte le telecamere del mondo, in ginocchio sui ceci, ripetendo il mantra “io non sono razzista, non sono un uomo violento, ho sbagliato, chiedo perdono a tutti“ e a trascorrere sei mesi in Africa a lavare i piedi degli abitanti di una ventina di villaggi sulle rive del lago Tanganika. Oppure, se avesse avuto più fortuna, sarebbe stato condannato a servire alla tavola di ricchi proprietari terrieri afroamericani vestito da coniglietta di Playboy nel giorno del ringraziamento.
Immaginiamo un altro scenario
Immaginiamo un secondo scenario alternativo: invece di Chris Rock, è un comico bianco a rivolgere delle battute nei confronti della moglie nera di Will Smith. In questo caso più che uno schiaffo Smith avrebbe probabilmente impersonato di nuovo Mohammed Ali e avrebbe mollato un montante al mento del collega bianco. Il comico sarebbe stato ricoperto dai fischi e dalle urla degli spettatori, arrestato e allontanato e Smith sarebbe stato Incoronato difensore dei diritti civili dei Neri di tutto il mondo, premiato con una seconda statuetta (tassativamente nera e non dorata) e omaggiato da una standing ovation in diretta mondiale.
Il comico bianco sarebbe stato costretto a pagare una multa salatissima, crocefisso sul palco degli Oscar come Fantozzi in sala mensa e probabilmente bandito da qualunque programma televisivo, qualsiasi film e da ogni palcoscenico del pianeta e sarebbe finito a esibirsi nel numero del mangiatore di spade travestito da ascaro abissino nella piazza Jemaa el Fna di Marrakech fino ala fine dei propri giorni e, dopo la propria dipartita, oggetto di damnatio memoriae per i secoli a venire.
Il politicamente corretto
Con la nuova tendenza del politicamente corretto ci ritroviamo spesso di fronte a situazione in cui paradossalmente si va oltre il giusto, il doveroso ma anche il decente. Alcuni rappresentanti di queste “minoranze da difendere a tutti i costi” piombano in un delirio di onnipotenza e di arroganza tale da farli sentire e agire come se fossero degli intoccabili, carichi di risentimento (a volte comprensibile ma non giustificabile) e di tracotanza. Prepotenti al punto da permettersi di fare e dire qualsiasi cosa, certi di restare impuniti.
Guardo spesso in rete, con nostalgia e ammirazione, gli spettacoli che vedevano protagonisti, negli anni 50 e 60 sui palchi dei casinò di Las Vegas, Dean Martin, Frank Sinatra e Sammy Davis Junior. Tre amici fraterni, attori e cantanti straordinari che, tra una canzone e l’altra, si divertivano e divertivano fino alle lacrime il pubblico prendendosi gioco l’un l’altro e scherzando sulle reciproche peculiarità di razza, abitudini e aspetti fisici : l’italianità di Frank e Dean “puntualmente sbronzo” (all’anagrafe Dino Crocetti, figlio di abruzzesi di Montesilvano), e Sammy Davis nero, ebreo, piccolo di statura e orbo (perse un occhio a seguito di un incidente stradale) .
Che nostalgia. Che peccato.