Prima pagina » Cronaca » Ospedali romani: il piano del Questore per fermare le aggressioni a medici e infermieri

Ospedali romani: il piano del Questore per fermare le aggressioni a medici e infermieri

L’idea di potenziare la videosorveglianza negli ospedali è un segnale positivo, ma il vero problema resta la facilità con cui chiunque può scatenare il caos

Villa San Pietro Fatebenefratelli_Pronto Soccorso

Villa San Pietro Fatebenefratelli_Pronto Soccorso

La sicurezza negli ospedali di Roma è sempre più un’emergenza. Le aggressioni ai medici e agli infermieri si moltiplicano e i pronto soccorso, anziché essere luoghi di cura, si trasformano troppo spesso in scenari di violenza e paura. L’ultima aggressione al Grassi di Ostia, con due medici e tre infermieri colpiti da un paziente furioso, è solo uno dei tanti episodi che hanno reso i nosocomi della Capitale un campo di battaglia quotidiano.

Il Questore di Roma, Roberto Massucci, ha annunciato un piano per rafforzare la sicurezza negli ospedali, puntando su più telecamere, nuovi presidi di polizia e una riorganizzazione degli spazi interni per garantire interventi più rapidi in caso di emergenza. Ma basterà a fermare questa escalation?

Più telecamere e presidi di polizia: un primo passo, ma non basta

L’idea di potenziare la videosorveglianza negli ospedali è un segnale positivo, ma il vero problema resta la facilità con cui chiunque può scatenare il caos nei pronto soccorso senza conseguenze immediate.

Il 26 febbraio sarà inaugurato un nuovo posto di polizia al Policlinico Tor Vergata, mentre altre strutture vedranno correzioni strutturali per migliorare il controllo degli accessi e facilitare gli interventi rapidi degli agenti. L’obiettivo è ridurre i tempi di reazione nei casi di aggressione, garantendo che la polizia possa intervenire non solo nei pronto soccorso, ma anche nei reparti più lontani.

L’aumento delle pattuglie esterne e il miglioramento della formazione del personale sanitario sono altri due tasselli della strategia, con un costante scambio di informazioni tra ospedali e forze dell’ordine per prevenire situazioni critiche.

Una violenza senza fine: il bollettino degli ospedali romani

Gli episodi di violenza non si fermano. Medici e infermieri continuano a subire insulti, minacce e aggressioni fisiche in corsia, troppo spesso senza che gli aggressori subiscano conseguenze adeguate.

Grassi di Ostia – Due medici e tre infermieri aggrediti da un uomo di 58 anni che pretendeva di vedere la madre fuori orario.

Policlinico Tor Vergata – Un uomo ha preso a pugni un’ambulanza e ha tentato di sfilare la pistola a una guardia giurata dopo essere stato allontanato dal pronto soccorso.

San Pietro, via Cassia – Una madre ha schiaffeggiato una dottoressa perché riteneva che la figlia minorenne, trovata ubriaca dopo una festa, non ricevesse le cure necessarie.

Ospedale di Frascati – Un paziente ha colpito una dottoressa e distrutto un macchinario del pronto soccorso.

San Filippo Neri – Una dottoressa colpita al volto con una scarpa da un paziente che voleva essere ricoverato senza motivo.

Sandro Pertini – Due infermiere picchiate da una clochard che voleva essere ricoverata senza giustificazione.

La lista potrebbe continuare. Un bollettino di guerra, in cui gli operatori sanitari si ritrovano da soli a gestire situazioni di violenza mentre cercano di salvare vite umane.

Un problema che parte dall’abuso di alcol, droghe e dal mancato rispetto

Gli ospedali non sono isole separate dal resto della città. La violenza che esplode nei pronto soccorso è lo specchio di un degrado più ampio, che coinvolge criminalità, abuso di alcol e droghe, perdita del senso di responsabilità collettiva.

Le aggressioni non arrivano solo dai pazienti esasperati dalle lunghe attese, ma anche da persone sotto effetto di sostanze o da soggetti che vedono nei medici e negli infermieri un bersaglio per sfogare la propria frustrazione.

In molte periferie romane, la situazione è ancora più critica. Il Quarticciolo, ad esempio, è un quartiere dove spacciatori e vedette affrontano quotidianamente la polizia, senza paura delle conseguenze. La diffusione dell’eroina tra i giovani è tornata a livelli allarmanti, e questo ha un impatto diretto anche sugli ospedali, dove pusher e tossicodipendenti si ritrovano a creare problemi.

Cosa serve davvero per fermare le aggressioni?

Pene più severe per chi aggredisce il personale sanitario – Le aggressioni non devono più essere considerate semplici episodi di “tensione”. Chi colpisce un medico o un infermiere deve essere punito con il carcere, senza possibilità di condoni o attenuanti.

Più sicurezza attiva negli ospedali – Non basta aumentare le telecamere: serve una presenza costante di agenti nei reparti più a rischio.

Accessi regolamentati con controlli rigidi – Il pronto soccorso non può essere un luogo in cui chiunque può entrare e minacciare il personale. Serve un controllo all’ingresso, con identificazione obbligatoria e selezione degli accessi.

Formazione del personale sanitario per la gestione di situazioni critiche – Medici e infermieri devono essere preparati non solo a curare, ma anche a difendersi e a segnalare i pericoli prima che sia troppo tardi.

Coinvolgimento delle istituzioni locali per prevenire il degrado – La sicurezza negli ospedali non può essere scollegata da quella della città. Serve un’azione coordinata per ridurre criminalità, abuso di alcol e degrado sociale nelle aree più problematiche.

Gli ospedali non possono essere zone franche della violenza

La sicurezza degli ospedali non è un problema secondario, ma una questione di emergenza nazionale. Se medici e infermieri non possono lavorare in sicurezza, l’intero sistema sanitario entra in crisi.

Le misure annunciate dal Questore di Roma sono un primo passo, ma da sole non bastano. Serve un’azione più decisa e immediata, per garantire che chi cura le persone non debba temere per la propria incolumità ogni giorno.