Prima pagina » Cronaca » Ostia, aggressione in ospedale: ancora violenza contro medici e infermieri a Roma

Ostia, aggressione in ospedale: ancora violenza contro medici e infermieri a Roma

L’ultimo episodio, avvenuto sabato pomeriggio all’ospedale Grassi di Ostia, ha visto vittime due medici e tre infermieri

Sala Pronto Soccorso ospedaliera

Sala Pronto Soccorso ospedaliera

L’ennesima aggressione in ospedale riaccende i riflettori su un problema ormai fuori controllo: la violenza contro il personale sanitario. L’ultimo episodio, avvenuto sabato pomeriggio all’ospedale Grassi di Ostia, ha visto vittime due medici e tre infermieri, colpiti con pugni e calci da un uomo di 58 anni che pretendeva di entrare nel reparto per visitare la madre, nonostante il divieto imposto dagli orari di visita. L’uomo, dopo essere stato allontanato una prima volta, è tornato all’attacco, seminando il panico nel pronto soccorso fino all’intervento dei carabinieri della compagnia di Ostia e della stazione di Vitinia, che lo hanno arrestato.

Nel suo veicolo, parcheggiato davanti all’ospedale, le forze dell’ordine hanno trovato un coltello a scatto, segno di un’escalation di violenza che non si è limitata alla semplice furia incontrollata. Ora si trova in carcere a Rebibbia, accusato di lesioni aggravate, interruzione di pubblico servizio e porto abusivo di arma.

Un’escalation di violenza che non si ferma

L’aggressione al Grassi è solo l’ultima di una lunga serie che sta trasformando gli ospedali romani in zone di guerra. Non passa settimana senza che medici, infermieri e operatori sanitari subiscano atti di violenza da parte di pazienti, familiari o estranei che entrano nei reparti con atteggiamenti aggressivi.

San Pietro, via Cassia – Il primo giorno dell’anno, una dottoressa è stata schiaffeggiata da una madre furiosa perché la figlia minorenne, trovata ubriaca dopo una festa, non riceveva le cure che riteneva necessarie.

Policlinico Tor Vergata – Un uomo ha preso a pugni un’ambulanza e ha tentato di sfilare la pistola a una guardia giurata, dopo essere stato cacciato dal pronto soccorso per il suo comportamento violento.

Frascati – Un paziente ha colpito una dottoressa e poi distrutto un macchinario del pronto soccorso, aggravando ulteriormente le già precarie condizioni del reparto.

San Filippo Neri – Una dottoressa dell’accettazione è stata colpita al volto con una scarpa da un uomo che pretendeva di essere trattenuto in ospedale senza motivo.

Sandro Pertini – Due infermiere sono state picchiate da una clochard, che voleva essere ricoverata nonostante i medici avessero ritenuto non necessario il suo ricovero.

Presidi di polizia e sicurezza privata: una soluzione insufficiente

Dal 2023, diversi ospedali della Capitale hanno visto un incremento della vigilanza, con la riapertura dei presidi di polizia e un maggiore ricorso alla sicurezza privata. Tuttavia, nonostante questi provvedimenti, gli episodi di violenza non sono diminuiti, anzi, sembrano moltiplicarsi.

Le ragioni di questo fenomeno sono molteplici:

Reparti sovraffollati e tempi di attesa lunghissimi esasperano i pazienti e i loro familiari, creando tensioni che spesso sfociano in atti di aggressione.
Mancanza di una cultura del rispetto per il personale sanitario, che viene visto come un bersaglio quando qualcosa non va secondo le aspettative.
Aumento di casi di disagio sociale e mentale, che porta persone con problemi psichiatrici o con storie di marginalità a comportamenti violenti nei confronti di medici e infermieri.
Inefficacia delle sanzioni e delle misure preventive, che fanno sì che molti aggressori tornino in libertà nel giro di poche ore.

Medici e infermieri in prima linea, ma sempre più soli

Ogni volta che si verifica un’aggressione, le istituzioni esprimono solidarietà e promesse di intervento, ma per chi lavora negli ospedali la realtà non cambia. Medici e infermieri continuano a operare in condizioni di pericolo costante, sapendo che da un momento all’altro potrebbero trovarsi a gestire non solo emergenze sanitarie, ma anche vere e proprie aggressioni fisiche.

Il caso dell’ospedale Grassi di Ostia è emblematico: i sanitari aggrediti hanno continuato il loro turno di lavoro nonostante le contusioni, decidendo di denunciare solo a fine servizio. Una dedizione al dovere che, però, non può diventare la normalità in un Paese civile.

Le possibili soluzioni: cosa serve davvero per fermare le aggressioni negli ospedali?

Per fermare questa spirale di violenza, servono interventi concreti e mirati, che vadano oltre la semplice presenza delle forze dell’ordine nei pronto soccorso.

Pene più severe e immediate per gli aggressori – Chi aggredisce un medico o un infermiere deve essere punito in modo esemplare, con pene effettive e senza possibilità di rientrare subito in libertà.

Personale sanitario considerato “pubblico ufficiale” – Questa modifica legislativa garantirebbe tutele maggiori e un inasprimento delle pene per chi aggredisce chi lavora in ospedale.

Sicurezza attiva nei reparti a rischio – Non basta avere guardie giurate agli ingressi: serve una presenza costante anche all’interno dei reparti più critici, come i pronto soccorso.

Migliore gestione degli orari di visita e delle attese – Troppi episodi di violenza nascono dalla frustrazione di pazienti e familiari che non comprendono le regole o non accettano le limitazioni. Una comunicazione più efficace e una gestione più attenta delle attese potrebbe ridurre molte tensioni.

Supporto psicologico per il personale sanitario – Medici e infermieri non possono essere lasciati soli a gestire il trauma di un’aggressione. Devono poter contare su un sistema di supporto che li aiuti a elaborare lo stress e a tornare al lavoro con maggiore serenità.

Fermare la violenza prima che sia troppo tardi

La situazione negli ospedali romani è ormai insostenibile. Gli operatori sanitari non possono continuare a lavorare con la paura di essere aggrediti mentre svolgono il loro dovere. La violenza non può essere tollerata, giustificata o minimizzata: servono provvedimenti concreti per proteggere chi ogni giorno salva vite.

Se le istituzioni non interverranno con misure decisive, il rischio è che sempre più medici e infermieri scelgano di lasciare il servizio pubblico, aggravando ancora di più una crisi sanitaria già profonda.

La sanità pubblica è un bene prezioso, ma senza sicurezza per chi ci lavora non può funzionare. Non possiamo aspettare il prossimo episodio per reagire: è ora di dire basta alla violenza negli ospedali.