Ostilità al vaccino, l’alba dell’irrazionalità sta in una bufala ventennale?
Accanto ai timori legittimi sul siero anti-Covid, c’è una diffidenza che ha poco di scientifico. E forse origina dallo studio che inventò un falso legame tra trivalente e autismo
Da quando il siero anti-Covid ha fatto irruzione nel dibattito pubblico, parte della popolazione ha manifestato un’aperta ostilità al vaccino. Che a volte ha un fondamento scientifico legato tra l’altro all’eccezionalità della nascita dell’antidoto, altre volte invece appare meramente pregiudiziale. E in quest’ultimo caso potrebbe avere radici (relativamente) arcaiche, che può essere interessante – e forse perfino utile – analizzare.
L’ostilità al vaccino
«Mi sento di fare un appello a chi è un po’ diffidente e attende» ha dichiarato il Generale Francesco Paolo Figliuolo. «Informatevi, chiedete a medici e infermieri, a chi negli ospedali vede la sofferenza per il Covid. Abbiamo avuto oltre 130mila morti per Covid e ci sono persone che portano i segni del long Covid».
Il Commissario straordinario per l’emergenza coronavirus si rivolgeva a quanti hanno espresso delle perplessità riguardo a un siero sviluppato in condizioni del tutto straordinarie. Vale a dire, con tempistiche molto più ridotte dell’usuale, senza possibilità di verificare eventuali effetti collaterali a lungo termine, e con un’autorizzazione a uso emergenziale. Almeno all’inizio, perché, per esempio, il mese scorso l’americana Food and Drug Administration ha approvato definitivamente il prodotto Pfizer-BioNTech.
Accanto a chi ha timori legittimi (e anche a chi idolatra l’antidoto), c’è però un certo numero di Italiani la cui ostilità al vaccino ha ben poco di razionale. Per esempio perché si basa su ridicoli complottismi come quello del microchip che verrebbe iniettato insieme al farmaco.
C’è comunque un aspetto significativo, ed è il fatto che siamo di fronte a uno schema che si ripete. Uno schema ventennale che ha il suo fulcro nella diffusione di una fandonia antiscientifica amplificata da “cattivi maestri” con la collaborazione dei social network.
L’alba dell’irrazionalità
Era il 1998 quando veniva pubblicato un articolo che oggi viene considerato la madre di tutte le fake news in campo sanitario. Era firmato dall’ex medico britannico Andrew Wakefield, ora radiato, che s’inventava di sana pianta un possibile legame tra il vaccino trivalente (morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo. Che in realtà è una patologia genetica che non ha nulla a che vedere con fattori ambientali.
Il paper in effetti era frutto di una colossale frode scientifica, tanto da essere stato ritirato alcuni anni dopo. «Ma sarebbe stato meglio non fosse mai uscito» ha osservato Gianni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione presso il Ministero della Salute, «perché fa danni ancora oggi».
E questo pure a causa dell’endorsement di importanti megafoni (anche) istituzionali, a cominciare dal futuro leader pentastellato Beppe Grillo. Il quale, nel 2007, rilanciava dai suoi canali ufficiali proprio la «regina delle bufale».
In modo simile, anche oggi ci sono rappresentanti politici che sulla vexata quaestio delle inoculazioni tengono un atteggiamento, come minimo, ambiguo. Tanto da essere stati ironicamente ribattezzati “ni vax”.
A conferma che la Storia sarà anche magistra vitae ma, evidentemente, ha dei pessimi allievi. Stiamo infatti ripetendo gli errori passati, quelli che vent’anni fa hanno scatenato la lunga ondata di panico verso i vaccini che è giunta fino a noi. E di cui aspettiamo una risacca che, a quanto pare, purtroppo pare ancora di là da venire.