P. Cento: “Impossibile rivedere le famiglie all’Olimpico”
Intervista esclusiva all’ex-parlamentare e giornalista Paolo Cento che parla della situazione attuale dello stadio Olimpico e della candidatura di Roma alle Olimpiadi
La nostra Redazione, nella giornata di ieri, ha contattato l’ex-parlamentare Paolo Cento che ci ha gentilmente concesso un’intervista sulla situazione di disagio creatasi domenica all’Olimpico in occasione della gara tra Roma e Sampdoria. Al termine del secondo tempo, infatti, le due squadre sono dovute rimanere ai box per un violento nubifragio abbattutosi sulla Capitale; Il terreno di gioco ha retto molto bene la violenta pioggia e, infatti, l’arbitro Giacomelli dopo oltre 70 minuti di sospensione di gioco ha deciso di riprendere le ostilità. Le tribune, però, contrariamente al manto erboso, non ha retto la pioggia e l’acqua è penetrata dalla copertura posta sulle tribune, facendo divenire le curve vere e proprie piscine.
Iniziamo parlando della situazione che si è vista allo stadio Olimpico domenica in occasione della gara di serie A tra Roma e Sampdoria. Lei che era presente può descriverci quello che si è visto sulle tribune e sulle curve della struttura?
«Domenica all’Olimpico è successo quello che era prevedibile, uno stadio che si dimostra ancora una volta non all’altezza di un’accoglienza sicura per quelle persone che lo frequentano. In questi mesi sono aumentate le misure di sicurezza per quanto riguarda l’ingresso dei tifosi che vengono penalizzati da queste misure, però quando arriva un po’ di pioggia accade che gli spettatori si ritrovano su delle tribune completamente allagate. La domanda da porsi, dunque, è come sia possibile che vengano introdotte determinate misure di prevenzione che a volte allontanano i tifosi dallo stadio e non si pensa alla struttura in se dell’impianto che non garantisce condizioni di agibilità adeguate al biglietto che viene acquistato. Adesso, quindi, abbiamo scoperto che quando piove a Roma c’è un problema anche allo stadio e questo non può funzionare. Un plauso va fatto al CONI in quanto il manto erboso ha retto benissimo nonostante il violento temporale che si è scatenato sulla città. Domenica ci sono state due facce: l’aspetto negativo sulle tribune allagate e il campo che ha avuto una capacità di tenuta e drenaggio assolutamente positive».
Secondo lei, nell’era delle smart city e degli stadi smart si possono accettare tali condizioni in un impianto di importanza simile?
«A mio avviso all’Olimpico sono state introdotte misure di sicurezza esagerate ed esasperate che non aiutano a far tornare i tifosi e le famiglie. Inoltre anche la viabilità non è delle migliori, ormai per arrivare allo stadio si devono percorrere più di 2 km a piedi anche in condizioni normali. A tutto questo si aggiunge la struttura che è assolutamente da rinnovare, non a caso la Roma si è già attivata per un nuovo stadio. Bisogna anche ricordarsi che l’Olimpico ha avuto la sua ultima ristrutturazione in occasione dei Mondiali in Italia. Tutto questo non è da trascurare perché quando si muovono all’interno di un impianto molte persone possono generarsi situazioni spiacevoli. La sicurezza deve essere a 360 gradi e bisogna garantire a chi frequenta lo stadio di trovare un ambiente accogliente, accessibile e gradevole».
Inoltre, date le carenze di uno degli impianti sportivi più grandi della Capitale, Roma è pronta per la candidatura alle Olimpiadi 2024?
«Roma prima di pensare a candidarsi alle Olimpiadi, secondo me, dovrebbe pensare alla cura e al ripristino dei suoi impianti, basta vedere in che condizioni versa lo stadio Flaminio. Roma potrebbe essere pronta per la candidatura, ma purtroppo da tempo la città è stata investita da una crisi delle risorse economiche e tale candidatura rischia di essere un coperchio di una situazione sotto gli occhi di tutti. Io prima partirei dalla pentola prima che dal coperchio, Roma ha bisogno, per rimettersi in moto, di un piano degno di una capitale e questo non riguarda solo gli impianti sportivi, ma le aree verdi, le strade, la raccolta dei rifiuti, sono queste le priorità per una candidatura alle Olimpiadi». L’ex parlamentare prosegue: «Roma potrebbe anche essere pronta per le Olimpiadi, ma ci vuole un grande sforzo di innovazione e in questo momento le condizioni, a mio avviso, mancano. Le Olimpiadi non devono essere un dibattito ideologico o burocratico ma collettivo, bisognerebbe chiedere ai cittadini romani se questa potrebbe essere la strada giusta per risollevare la città e questo è possibile tramite un referendum. Nel 1960 le Olimpiadi sono state un’ottima occasione di crescita per Roma, oggi non serve questo, la manifestazione può essere uno spunto per riqualificare la capitale».
Lo stadio Olimpico è la casa di Roma e Lazio, attualmente solo i giallorossi si sono attivati per lo stadio di proprietà, è questa a suo avviso una delle possibili soluzioni a determinati problemi?
«Lo stadio di proprietà è un grande vantaggio per la società che lo inserisce nel proprio patrimonio. Il calcio ormai è orientato verso questa direzione ma tali impianti devono essere pensati anche per la città. Lo stadio della Roma è un progetto complesso che se realizzato nel rispetto della città in cui è inserito può essere una proposta utile. Uno stadio di proprietà di una squadra deve essere un vantaggio anche per la collettività in generale non solo di chi lo frequenta».
Infine, secondo lei, lo stato dello stadio potrebbe essere un altro motivo per vedere ancor di più ridotto il numero dei tifosi che seguono le due società all’Olimpico?
«Lo stadio Olimpico è uno degli stadi più belli dotato di un manto erboso eccellente, ma ormai è divenuto inospitale per tanti motivi dalla misure di sicurezza della struttura alla viabilità, i controlli esagerati, la mancanza di parcheggi, le condizioni di igiene, le multe ai tifosi. Lo stadio inoltre presenta delle barriere nelle curve e una distanza di quest’ultime dal campo abbastanza sostanziosa che sicuramente compromette la visione della partita. Adesso se piove i tifosi sono costretti a bagnarsi dato che gli ombrelli non possono essere introdotti nell’impianto, tutto questo non aiuta a riportare le famiglie allo stadio».
Intervista a cura di Marco Spartà
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