Palinsesto Rai: costretti a pagare il canone per un servizio privato
A che serve pagare un canone per il servizio pubblico se la Rai dev’essere gestita ogni volta dal Governo in carica
Il nuovo palinsesto Rai ci fa porre una domanda: A che serve pagare un canone se la Rai dev’essere gestita ogni volta dal Governo in carica? Se non dipende più dal Parlamento e non si preoccupa delle voci discordanti nel Paese, perché i cittadini devono mantenerla? Che si privatizzi!
Quando una tv pubblica perde anno dopo anno, pezzi pregiati della propria programmazione (ultima in ordine di tempo Bianca Berlinguer che lascia la Rai dopo 34 anni), diminuendo gli ascolti e passando da una offerta variegata e poliedrica uol dire che ha perso il ruolo per cui era nata. Non è più servizio pubblico.
Il nuovo palinsesto, annunciato solo pochi giorni fa, conferma la perdita del plusvalore della Rai; che passa da programmi di approfondimento culturale e scientifico, talk show politici, le inchieste, i programmi di servizio pubblico del daytime, per favorire invece una maggioranza di programmi di intrattenimento e gossip, sceneggiati, film, serie tv, eventi canori e giochi. Una Rai spezzettata e regalata agli amici dei potenti, mentre chi è sgradito lascia il posto.
Liberare la Rai dai partiti: promessa mai mantenuta
La promessa elettorale di “liberare la Rai dai partiti” è vecchia tanto quanto la lottizzazione, è stata fatta praticamente da tutti i governi entrati in carica negli ultimi decenni e non è mai stata davvero mantenuta. L’ultima riforma della “governance” (cioè del sistema di gestione) dell’azienda, voluta nel 2015 quando Matteo Renzi era al Governo, aveva come obiettivo dichiarato quello di porre fine al dominio dei partiti, ma in realtà, secondo la maggior parte degli analisti, non ha di fatto cambiato la situazione, come tutte le riforme precedenti.
È risaputo che il suo organo di controllo di fatto non è più il Parlamento ma il Governo, che ha in mano la maggioranza nei due rami parlamentari e decide almeno 6 dei 7 membri del CdA, che poi elegge il Presidente.
A questo punto cade anche l’ultimo lembo di garanzia. Una tv al completo servizio del Governo, qualsiasi esso sia, di destra o di sinistra, che non tiene conto delle opinioni diverse nel Paese e non le rappresenta attraverso programmi, uomini e idee, perché deve avere il supporto dei cittadini tutti attraverso un canone?
Se è una Tv di Governo non deve essere finanziata dal popolo italiano
La Rai quest’anno ha avuto il colpo decisivo alla sua pluralità di offerta ma è una operazione che parte da lontano non nasce con il Governo Meloni, anche se adesso la misura è colma. L’obbiettivo è sempre stato quello di svuotare il servizio pubblico di ogni offerta culturale e privilegiare l’intrattenimento. Quest’ultimo non fa pensare, diverte, porta ascolti e crea una serie di connessioni commerciali proficue e vantaggiose per l’azienda. La cultura e la politica invece creano problemi con il Governo, con i partiti della maggioranza e dell’opposizione, conflittualità sociale, perdita d’immagine, si rischia anche il mantenimento delle cariche direttive conquistate.
Allora via Fazio, via Berlinguer, addio a Lucia Annunziata, Luciana Littizzetto, Flavio Insinna. Dentro Pino Insegno (non è un mistero l’amicizia che lo lega alla Presidente), e Caterina Balivo (dopo esperienze non brillanti a La7). Tornano anche Elisa Isoardi (ex compagna di Matteo Salvini) e Nunzia De Girolamo (ex Forza Italia).
Non per fare i moralisti, però se la Rai non fa più servizio pubblico e si deve ricorrere ad altri per vedere programmi che esprimano punti di vista diversi, da quelli della maggioranza, perché la devono pagare tutti i cittadini Italiani?
Aboliamo il canone e che si privatizzi. Che sia la tv della maggioranza e sia a carico alla maggioranza o a chi ci vuole investire.
Palinsesto Rai: un sistema di media interconnessi tra loro da contenuti superficiali
Non discuto i nomi dei conduttori che vengono e che vanno. Per me nessuno è inamovibile, nessuno è insostituibile, nessuno è portatore di verità incontrovertibili. La tv è un mezzo per diffondere conoscenza e informazione ma può servire anche per mantenere il potere.
Così lo usa la politica che ne mantiene il controllo. In particolare sull’informazione giornalistica. Non difendo nessuno dei professionisti in video, penso che la tv generalista sia defunta e serva solo a mantenere in vita un sistema di potere che già le riserva minori attenzioni rispetto al passato o, per meglio dire, la include in un più ampio ambito di modi di informazione da controllare e veicolare, che vede insieme agenzie, stampa quotidiana e periodica, libri, cinema, pubblicità, televisioni e radio nazionali e locali.
Poi c’è il web, la rete, e ci sono i cosiddetti social network: Instagram, Facebook, TikTok, Twitter, dove ormai si trova la maggior parte degli utenti e delle inserzioni pubblicitarie. Ma il sistema ha una forza proprio nella coesione dei riferimenti e dei rimandi, gli uni con gli altri, per cui si deve giocare la partita a tutto campo e non solo con uno dei mass media. Insomma bisogna gestire il più possibile tutto il sistema delle fake news e delle good news.
Fabio Fazio e Lucia Annunziata, cacciati dal palinsesto rai o cacciatori di soldi?
La stagione attuale si prospetta interessante per gli appassionati del gossip televisivo. Volti che se ne vanno, anche tra qualche polemica e altri che arrivano, o meglio tornano, pure tra qualche polemica. I cambiamenti più eclatanti riguardano al Rai, con le fuoriuscite di Fabio Fazio e del suo format CheTempoCheFa, che lascia la prima serata di domenica su Raitre per approdare a Discovery – La9, e di Lucia Annunziata che lascia Mezz’ora in più, un talk di approfondimento politico su Raiuno.
Qualcuno ha ravvisato nelle dichiarazioni dei due conduttori una sorta di vittimismo. Se ne sono andati loro prima di essere cacciati.
Se ne sono andati per contratti più vantaggiosi. “Non sono dei martiri”, come dice Enrico Mentana e sottolinea Michele Santoro, ma di fatto la Rai perde due professionisti e due programmi di successo, per sostituirli non si sa come. Di fatto nessuno s’è mosso per fermarli.
Ma non sono gli unici. Altri lasciano o si spostano per fare spazio a volti in arrivo. Serena Bortone conduceva con buon successo Oggi è un altro giorno su Rai uno e lascia il posto a Nunzia De Girolamo, che ormai sono anni che punta a pozioni di prestigio nella tv italiana. Un altro candidato che sembra buono per più sedie è Tiberio Timperi, uscito dalle grinfie del maestro di tv Michele Guardì e passato momentaneamente per Unomattina Estate.
Gli amici della Meloni preparano il ritorno
Pino Insegno, amico personale di Giorgia Meloni, a cui ha fatto visita svariate volte nei suoi comizi, è il primo che torna in Rai e prende il posto di Flavio Insinna, nella fascia preserale a L’Eredità, così come per serate one shot come L’anno che verrà di Capodanno.
Ce n’era bisogno? Evidentemente no. Ma se bisogna mettere dei fedelissimi pure nei programmi a quiz voi capite che non c’è fine al peggio. La situazione è paradossale, si ripete nel tempo cambiando i nomi al cambio di legislatura.
Non vogliamo continuare a vedere questo teatrino ad ogni tornata elettorale. Ora gli amici di Berlusconi, ora di Renzi, ora di Draghi, ora di Salvini, ora di Giorgia Meloni. Se dev’essere la tv come la vuole il Governo, allora si rinunci al canone che pagano tutti. Se cadesse il canone però cadrebbe anche la pretesa del Governo. Non c’è scelta, la Rai dovrebbe essere privatizzata per mettere fine a questo teatrino vergognoso.
Palinsesto Rai: scambio di ruoli tra Elisa Isoardi e Daniela Ferolla
Su Raiuno torna Elisa Isoardi a Linea Verde, ma non al programma che pure condusse con merito in passato ma alla costola del sabato, che una volta era italianamente Linea Verde Orizzonti, ora invece più modernamente Life.
Ma non bisognava non usare più l’inglese? Un’operazione cosmetica, tipica di quando non ci sono idee. Cambio il titolo e poi si vede. Tra l’altro di Linee Verde ne hanno fatte a ripetizione: Linea Bianca, Linea Verde Life, Linea Verde Radici, Il Provinciale, Linea Blu, ecc…
La cosa assurda è che nessuno di questi programmi parla seriamente dei problemi dell’agricoltura, né difende gli agricoltori e gli allevatori. Si parla solo di ingredienti, di personaggi, di bellezze naturali, forse venuti fuori dal nulla? Chi le gestisce le campagne? Chi tiene puliti gli alvei dei torrenti? Bah…
Daniela Ferolla invece, che era stata lì parcheggiata da 10 anni, assurge alla conduzione di Unomattina. Buon colpo. Lei ha la personalità giusta per occupare a lungo quel salotto. Magari visto che è milanese, di residenza, le costerà parecchio trasferirsi a Roma tutta la settimana con gli orari antelucani di Unomattina. Marcello Masi, l’altro conduttore, giornalista interno Rai, non sappiamo a cosa è destinato ma essendo ormai stato promosso enogastronomo sul campo, troverà certamente tra i Tg e la Rete una collocazione gradita. Massimiliano Ossini resterà aggrappato a Linea Bianca, una creatura più sua che Rai, nata da una passione profonda. Ma, anche qui, ce n’era bisogno? Non era un tema già coperto dalle varie Linee Verdi?
Non solo tv pubblica, A La7 e a Mediaset si chiudono programmi non graditi
Al di là del gioco delle figurine che si spostano mi interessa vedere quali sono i risultati finali. Cosa va in onda, a quali pubblici, con quali risultati e quali sinergie con altri media. L’ex direttore dell’intrattenimento Rai Stefano Coletta, rispondendo a Fanpage.it lo scorso marzo aveva detto, prevedendo la sua sostituzione, che la gestione del mezzo Rai continuasse ad essere espressione del servizio pubblico affinché “un programma continui a rispondere ai tanti criteri che la carta del servizio pubblico rimanda“, ma soprattutto confessò un timore: “Speriamo di essere valutati sui prodotti, non per altre logiche”. Santa ingenuità o falsa ingenuità?
I programmi in Rai, da decenni, non si valutano per i risultati di audience. Questo è un aspetto che conta ma sempre meno e ora accade lo stesso anche a La7 e a Mediaset. Ma almeno loro sono società private, non le paghiamo noi cittadini se non attraverso la pubblicità. A me pare che conta sempre di più se convenga o meno al potere politico mantenere quella comunicazione, quei contenuti, quei messaggi che nel programma si incontrano, piuttosto che guardare solo agli ascolti.
Se gli ascolti sono bassi può essere una buona scusa per chiudere il programma, se sono alti, non conta niente l’audience.
Barbara D’Urso lascia Pomeriggio 5 e al suo posto forse arriva Myrta Merlino. Pier Silvio Berlusconi, erede pensante di suo padre, sta dichiarando guerra al gossip? Stai a vedere che se Rai perde il servizio pubblico ci pensa Pier Silvio a occupare quel posto. Forse spera che il canone si possa spalmare su chi fa davvero servizio pubblico, al di là della Rai? Sarebbe come cadere dalla padella nella brace.
Cos’è Sanremo se il mondo Lgbtq+ occupa la musica?
Sanremo è stato un festival che ogni anno ha fatto registrare ascolti da capogiro e ha fatto guadagnare alla Rai il doppio o il triplo di quanto le è costato mettere in piedi quel carrozzone. Così come Fazio e altri costano tanto ma fanno guadagnare il doppio di quel che costano.
È una legge di mercato. Si investe per tenere alto il livello e guadagnare. Lo fa la Juventus quando acquista Ronaldo e il Paris Saint Germain quando acquista Messi e Neymar. Chi criticava Fazio per i guadagni eccessivi non tiene conto di questo dettaglio. La Rai non regala soldi a nessuno, men che meno a Fazio.
Le critiche che l’ultima edizione di Sanremo ha ricevuto hanno dato molto fastidio a chi vuole costruire una immagine dell’Italia più puritana e più conservatrice. Baci, abbracci, parolacce, manifestazioni omosex, promozioni pubblicitarie occulte, testi e comportamenti al limite dell’oscenità, hanno lasciato il segno. Non credo che rivedremo per un bel pezzo Rosa Chemical su quel palco, a meno che non cambi testi e atteggiamenti. Cosa per altro molto probabile, visto il personaggio. Visti tutti quei personaggi che non sai quanto siano sinceri o stiano recitando.
La Meloni fa parte dello stesso teatro che vorrebbe combattere
Mi fa sorridere quello che Giorgia Meloni ha sottolineato sul palco del suo comizio conclusivo a Catania: “Io non intendo sostituire un intollerante sistema di potere con una altro. Io voglio liberare la cultura italiana da un intollerante sistema di potere in cui non potevi lavorare se non ti dichiaravi di una certa parte politica“.
In sostanza però dice di non volere esattamente ciò che sta imponendo alla Rai, alla Magistratura, al Parlamento, alla Corte dei Conti, alle aziende, alla stampa, al Paese intero. A parte il fatto che far parte di una qualsiasi area politica è da sempre comunque un vantaggio in Rai, rispetto a non far riferimento a nessuno.
Avere un padrino di riferimento, che fosse di maggioranza o di opposizione, ha sempre avuto un peso e garantito continuità. Ricorderete la famosa frase “in quota a…”
Ogni programma, personaggio o dirigente era sempre in carico a qualcuno. Per accontentare tutti.
Il pluralismo della programmazione è svanito dal palinsesto
Ci sono stagioni in cui una parte politica conta più delle altre e questa è il momento in cui la parte politica della Meloni è tornata a valere. Legittimamente, sia chiaro, per come sono le leggi in Italia. Lo dimostrano i dirigenti, le linee editoriali, gli ospiti nei talk show (ritrovi sempre gli stessi ovunque, Sallusti in testa), il tipo di programmi in cui si investe e i nomi cui si fa riferimento, compresi chi li sostiene e protegge. Per anni in Rai c’è stato di tutto.
Anzi si teorizzava che la pluralità politica doveva essere nella proposta complessiva della offerta culturale e non nei singoli programmi. Per cui ad un Vespa immarcescibile si contrapponeva un Santoro o un Fazio, ma c’erano anche Corrado Formigli (gli chiusero Sciuscià nel 2003 e passò a SkyTg24), Riccardo Iacona, il gruppo di Report con Milena Gabanelli (lasciò la Rai nel 2017 e fa l’editorialista a La7) e c’era Massimo Giletti (passato a La7 dopo la chiusura de L’Arena e adesso potrebbe tornare in Rai dopo che Urbano Cairo gli ha chiuso Non è l’Arena).
Poi via via è rimasto solo Bruno Vespa (l’Highlander). Sono andati via i Formigli, i Giletti, i Santoro, i Luttazzi, i Biagi. Certe volte per dimissioni, per incomprensioni, altre per editti bulgari, altre per limiti d’età o per fine vita. In ogni settore c’era un pluralismo di offerta. Perfino nei programmi di medicina, nei programmi di scienza, nei programmi di cultura. C’era abbondanza di programmazione per accontentare tutti e per offrire punti di vista differenti.
Poi via via, chiudevano alcuni e ne restava solo uno. Quello che piaceva al potere. Quello che faceva comodo al Premier. Stona quindi il commento della Meloni su Fazio e Annunziata che se ne vanno. “Se qualcuno nella Rai deve misurarsi col merito, decide che non ce la fa e vuole fare qualcos’altro, non è un problema che ci riguarda”, ha aggiunto la Premier Meloni, con chiaro riferimento ai due transfughi, “la sinistra è molto nervosa è perché ha paura di perdere questo sistema di potere, ma quella della sinistra non era un’egemonia culturale bensì di potere“.
Ancora una volta si prendono lucciole per lanterne. I due facevano un ottimo share coi loro programmi, hanno alle spalle una carriera di successi e di ruoli di responsabilità. La Annunziata è stata Presidente della Rai quando al Governo c’era Berlusconi, Fazio ha condotto tanti programmi e anche quattro edizioni del Festival di Sanremo con ottimi ascolti, famosa l’ospitata di Gorbaciov.
Al suo salotto in collegamento o in poltrona, ci sono stati Papa Francesco, Barak Obama, Manuel Macron, Bill Gates, Greta Thumberg, Quentin Tarantino, Sean Penn, Pedro Almodovàr, Penelope Cruz, Jodie Foster, Una Thurman, Woody Allen, John Travolta, Anthony Hopkins, Bono Vox, Madonna, Lady Gaga, Adele, Piero Angela, Mike Bongiorno, Maurizio Costanzo, Maria De Filippi, Gigi Proietti, Raffaella Carrà, Roberto Benigni, Adriano Celentano, Carlo Verdone, Claudio Baglioni, Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Pippo Baudo e poi i più grandi dello sport nazionale e internazionale, scienziati, medici, fisici, astronauti,… Trovatemi un altro programma che abbia portato in Rai questo parterre.
Se conoscesse l’elenco degli ospiti che in questi anni sono stati da Fazio, la Meloni si dovrebbe andare a nascondere per aver dubitato sul merito, come giustamente ha detto Crozza nel suo programma: “Ora chi li invita il Papa, Obama e Samantha Cristoforetti, Porro?”