Pandemia, le vittime dei reparti “scomparsi”: ripensare la Sanità post Covid
Riorganizzazione socio-sanitaria post Covid: non sprechiamo l’opportunità che il PNRR ci offre
La pandemia ha messo in ginocchio il nostro sistema socio-sanitario, già precario e insufficiente rispetto alle richieste della popolazione. Molte strutture hanno dovuto cedere grandi spazi all’emergenza covid e molte altre hanno trasformato interi reparti in degenza post covid molto più redditizi rispetto ai reparti di normale degenza.
Le vittime dei reparti scomparsi e visite rimandate
Sono scomparsi reparti di ginecologia, ostetricia, otorino, ortopedia come se il covid avesse annullato i parti naturali e i parti cesarei, i tumori all’utero, la sordità o gli infortuni che richiedono interventi di ortopedia. O come se prima del Covid fossero reparti vuoti o con una richiesta minima di domanda e quindi disponibili per l’emergenza.
Purtroppo a pagare il prezzo più alto nell’era covid non sono stati solo coloro che hanno contratto il virus, ma tutta una grande fetta della popolazione che ha dovuto rinviare interventi o screening non ritenuti urgenti.
Oggi che la situazione sta man mano tornando alla normalità le liste d’attesa per fare indagini approfondite di qualsiasi natura superano i sei mesi.
Un uomo di 65 anni affetto da tumore al colon, cardiopatico e già operato per asportazione di un rene deve fare una colonscopia di controllo dopo sei mesi di trattamento chemioterapico e il nostro numero verde nazionale fissa l’appuntamento la prima settimana di dicembre 2022, nonostante avesse una richiesta di priorità.
L’alternativa è il privato ma il signore in questione non può spendere 300 euro per una colonscopia perché con tale cifra riesce a fare la spesa per sé e per sua moglie per venti giorni.
Sanità post Covid: PNRR, l’opportunità da non sprecare
E’ dunque necessaria una ridefinizione delle priorità e rendere al più presto esecutivo il PNRR che ha stanziato molti fondi per le non autosufficienze; nello specifico nella missione 6 si parla di medicina di comunità e di ospedali di comunità come risposta alternativa al sovraffollamento dei nosocomi italiani.
Inoltre va ripensata la medicina domiciliare con servizi territoriali di prossimità quale punto di riferimento per chi si trova ad avere bisogni che non necessariamente richiedono l’invio al pronto soccorso. Si assiste a un peggioramento del benessere collettivo che riguarda soprattutto i giovani e gli anziani, incapaci di rialzarsi da soli. La telemedicina è uno strumento che andrebbe migliorato e allargato a tutti gli specialisti. Gli anziani affetti da demenza non possono recarsi in ospedale perché sarebbero turbati e impauriti dall’ambiente, dalla confusione e dall’allontanamento del proprio caro; per questo grande bacino di persone dovrebbero essere attivate le case di comunità (già case della salute), dove si può consultare il medico di fiducia e seguire una terapia domiciliare con personale specializzato quali oss, infermieri, fisioterapisti e psicologi.
Utopia? No, semplicemente realizzare interventi seguendo i bisogni delle persone. C’è molto da fare ma oggi abbiamo le risorse per farlo, non sprechiamo l’opportunità che il PNRR ci offre. Agire in fretta e agire per il bene comune.