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Roma, Papillo Occupato: i genitori non sanno dove mandare i figli a scuola

Le testimonianze dei residenti dell’Eur

Vivo nel quartiere dal 2006 e l’ho visto crescere a poco a poco nella giusta direzione fino all’occupazione del casale“. Il Casale è il Papillo (via Moravia), la zona è quella di Acqua acetosa Ostiense (Municipio IX di Roma Capitale), e le parole sono quelle delle famiglie residenti, raccolte dal consigliere regionale Fabrizio Santori e diffuse tramite un comunicato.

Oltre al banale fatto dell’ingiustizia dovuta ai soldi che, avendo comprato la casa sulla carta, ho versato per vedere ristrutturato il casale e per avere una zona verde dedicata a noi residenti e ai nostri figli, e oltre alla rabbia che provo nell’affacciarmi la domenica alla finestra e vedere che arrivano, senza problemi e senza che nessuno glielo impedisca, persone sconosciute a portare mobili e divani per vivere in modo abusivo anche alle mie spalle – continuano la cittadina – ora è prevalente la preoccupazione che, come cittadino e come mamma, sento relativamente alla scuola comunale adiacente al casale. Infatti entro il prossimo mese devo scegliere una scuola per mia figlia che dal prossimo anno frequenterà la scuola dell’infanzia e, nonostante tutte le mamme del palazzo che mandano i figli in quella scuola ne parlino bene, sapendo che gli occupanti si sono allacciati abusivamente alle utenze della scuola e avendo anche appreso che la figlia di uno degli occupanti frequenta quella scuola, non sono più così certa che sia la scuola giusta da far frequentare a bimbi così piccoli ed indifesi”.

La signora, continua precisando che “non si tratta di razzismo”, ma è oggettivo a suo dire “che la sicurezza e anche l’incolumità dei bambini” sia “a rischio, data la vicinanza esterna del casale occupato e frequentato da persone che vivono serenamente nell’illegalità, e anche data la conoscenza interna che costoro ormai hanno della struttura scolastica, tramite il bimbo che la frequenta (che personalmente e ovviamente non ha nessuna colpa) e appartiene a queste famiglie, che andranno credo, come tutti i genitori, ai consigli di classe e alle varie riunioni, dando accesso all’interno della struttura scolastica appunto a persone che, a quanto stiamo vivendo, esplorano territori e capiscono dove e come possono approfittarne. Finora non avevo avuto dubbi nell’iscrivere mia figlia in quella scuola, ma ora, dati i fatti, non mi sento affatto sicura che l’ambiente della scuola sia protetto. A mio parere, chi viola la legge tutti i giorni ed impunemente, chi sfida le more della burocrazia e approfitta di una scuola pubblica per avere luce e quant’altro, può (purtroppo) un giorno andare oltre e magari, anche solo per creare rumore o difendere degli pseudo diritti acquisiti dal vivere in una struttura abbandonata, entrare nella scuola e occuparla. Spero che queste mie preoccupazioni non siano strumentalizzate o prese come sfogo razzista o altro del genere, ma considerate per quelle che sono, e cioè espressione della rabbia e della paura dovute alla mancanza di libertà, situazione in cui mi ha messo chi, a Luglio dello scorso anno, è andato a vivere in quel casale, e ancora di più chi glielo ha facilitato e permesso”.

Sono molte altre le testimonianze: “Sono residente nel quartiere e mia figlia di 4 anni frequenta la materna ed oggettivamente – dati anche i fatti di prepotenza ai quali ho assistito nel mese di novembre e le voci che sento circa il fatto che gli occupanti “non se ne andranno mai” e “che ci verrà un centro sociale” – sono molto preoccupata per mia figlia e per la sicurezza dei bambini che frequentano la scuola se ciò dovesse accadere. La scuola ha riferito che è stato fatto quanto in suo potere per segnalare la situazione a chi di competenza già da tempo, ma nulla sembra muoversi. Posso testimoniare che abitando in zona vedo un via vai di persone che, senza essere razzista, non sembrano tanto raccomandabili. Ultimamente poi si vedono cani sciolti uscire dal casale e girare liberi per il quartiere e di tanto in tanto di notte ci sono fumate maleodoranti provenire da quella direzione. Era stato che i casali dovevano essere liberati per consentirne la ristrutturazione e per farci dei servizi per i residenti del quartiere, ma ad oggi nulla è ancora accaduto”.

L’occupazione del casale Papillo è stata anche oggetto della seduta del Consiglio del Municipio IX dello scorso 11 febbraio. In quell’occasione, mentre l’amministrazione territoriale stava votando lo sgombero del casale Papillo, alcuni manifestanti, riconducibili ad “Action” e ai “Movimenti per la casa”, hanno occupato l’Aula consiliare del Municipio ed impedito l’ordinario svolgimento dei lavori. Dopo alcune ore, comunque, i manifestanti sono stati allontanati e la mozione di sgombero approvata, dato che “lo stabile risulta fortemente degradato e necessita di un’adeguata ristrutturazione”. La soluzione dello sgombero, peraltro, unisce maggioranza e opposizione.

Ad oggi, però, lo stabile è ancora occupato. “Sono mesi che l’occupazione del Casale Papillo tiene in scacco un intero quartiere – ha dichiarato il consigliere Santori, dopo aver ascoltato le istanze dei residenti – Una volta per tutte il Prefetto e il Sindaco di Roma dovranno farsi carico della questione del casale occupato all’Eur Papillo ordinandone lo sgombero immediato”.

“Si tratta di una struttura da destinare al quartiere – ha proseguito – e che oggi però ne rappresenta invece il più grave condizionamento. Crediamo che in questa faccenda ci sia in gioco il diritto basilare di un cittadino e cioè quello di vivere la propria abitazione e il proprio quartiere con serenità e la giusta libertà e potendo godere degli investimenti fatti con sacrificio in un quartiere di nuova urbanizzazione. Questi episodi mettono a repentaglio le scelte di tante famiglie che onestamente cercano di vivere la propria quotidianità in un momento di crisi così grave – conclude Santori – anche alla luce del fatto che gli occupanti hanno di fatto assediato la scuola dell’infanzia del quartiere, allacciandosi abusivamente alle utenze della stessa e aggiungendo al danno dell’occupazione anche la beffa di dover mantenere queste famiglie con i soldi dei contribuenti”.

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