Parità di genere: in Italia a che punto siamo? Ecco la classifica Ue
La European Institute for Gender Equality pubblica la classifica dei Paesi UE sulla disparità tra uomo e donna nella società lavorativa
Sulla parità di genere, inutile girarci intorno, siamo ancora in netto ritardo ma in rimonta.
L’Italia è il Paese che negli ultimi 10 anni ha realizzato i maggiori progressi in Europa per quanto riguarda la parità di genere. Resta, ancora molto da fare tuttavia il Bel Paese si trova ora nella posizione 14esimi con un indice totale di 63,5 punti su 28 Paesi della Ue. Esattamente a metà classifica. Ancora lontani dalla capolista, la Svezia con 83,8 punti, dalla Danimarca con 77,4 e dalla Francia con 75,1, ma in netta ripresa. Solo 10 anni fa eravamo 8 posizioni indietro: 22esimi.
Secondo il Gender Equality Index 2020 dell’agenzia Ue European Institute for Gender Equality, la scalata alla classifica è stata trascinata dai risultati negli ambiti del potere (+23,6 punti) e della conoscenza (+8,1 punti).
Le rilevazioni sul potere comprendono i dati sulla presenza di uomini e donne ai vertici della sfera politica, economica e sociale mentre quelle sulla conoscenza si basano sui dati relativi ai titoli di studio. Minori progressi sono stati realizzati sugli altri parametri presi in considerazione: lavoro, denaro, tempo e salute.
Occupazione femminile ai minimi
Se si volesse entrare tra i primi 10 d’Europa lo sforzo maggiore dovrebbe essere fatto proprio sul lavoro: considerando solo questo parametro, infatti, noi siamo a 68 punti rispetto a una media europea di 81.
Secondo l’Istat, l’Italia mostra la maggiore incidenza di donne nell’Unione europea che non hanno mai lavorato per occuparsi dei figli: l’11,1% rispetto ad una media del 3,7%.
In Europa il nostro Paese segna l’indice di occupazione femminile più bassa, secondi solo alla Grecia. Nel 2020 meno di una donna su due, tra i 15 e i 64 anni, lavorava.
In altre parole: nell’anno della pandemia il tasso di occupazione femminile è stato in media in Europa del 62,4% per le donne tra i 15 e 64 anni contro il 32,2% nel Sud Italia e del 33,2% nelle isole.
Esiste una differenza salariale?
Sebbene le donne che lavorano siano meno degli uomini, tendenzialmente hanno una retribuzione oraria non molto dissimile da quella dei colleghi di genere maschile.
L’osservatorio europeo sulle differenze tra le retribuzioni orarie lorde maschili e femminili in percentuale su quelle maschili, ci regala uno dei dati migliori d’Europa con il 4,7%.
Bisogna fare attenzione a rallegrarsi, perché se è vero che le donne guadagnano importi simili a quelli degli uomini per ogni ora di lavoro, altrettanto vero è che lavorano molte meno ore perché hanno, in media, un impiego part time più spesso rispetto alla popolazione maschile.
Quindi, se prendiamo in considerazione tre fattori (la retribuzione oraria media, la media mensile del numero di ore retribuite e il tasso di occupazione) scopriamo che siamo tra i peggiori d’Europa con una differenza del 43,7% contro una media europea del 39,6%.
Donne e politica
Anche il Gender Gap Report del World Economic Forum mette in risalto il fatto che il reddito delle donne italiane è solo il 52,7% di quello degli uomini.
Il messaggio è ben chiaro: sono le differenze economiche a impedire di raggiungere una maggiore parità di genere. Che comunque cresce anche per quanto riguarda la politica: il World Economic Forum ha rilevato che nel governo Conte II il 34% di ministri, viceministri e sottosegretari erano donne. Un risultato mai raggiunto prima. Che il governo Draghi, però, è riuscito a superare con il 41,2%. A breve salirà alla Presidenza del Consiglio la prima donna a coprire la carica di presidente, ci auguriamo che sia il primo grande passo in avanti per la differenza di genere.
Genere e Pnnr
A luglio, la ragioneria generale dello stato ha reso pubblico il documento relativo al potenziale contributo del Pnrr alla riduzione delle diseguaglianze di genere in Italia. Un rapporto che illustra le 34 misure del piano che dovrebbero avere un impatto positivo sulle condizioni delle donne.
Solo 4 interventi su 34 hanno l’obiettivo esplicito di abbattere questo divario. Mentre 30 sono a impatto indiretto, quindi potrebbero avere ricadute positive sulle disuguaglianze ma solo collateralmente.
Firmate le linee guida per la parità di genere da Brunetta e Bonetti
Il 7 ottobre, i ministri della pubblica amministrazione e delle pari opportunità hanno posto la loro firma alle linee guida per la parità di genere.
Le linee riportano gli obiettivi prioritari che le amministrazioni devono perseguire nell’individuare misure che attribuiscano vantaggi specifici, evitino o compensino svantaggi nelle carriere al genere meno rappresentato, collocandoli nel contesto dei principi già acquisiti dall’Unione europea, nonché del quadro ordinamentale nazionale, normativo e programmatico.
Le linee guida operano anche sul piano della cultura organizzativa, prevedendo per esempio che l’amministrazione si organizzi per svolgere riunioni non oltre un certo orario, più facilmente confliggente con la necessità di gestire carichi familiari, e che si preveda comunque una modalità di svolgimento ibrida, prevedendo di default un collegamento in videoconferenza anche se vi sono partecipanti in presenza.