Pedofilia in aumento, l’esperto: “Esercizio di potere attraverso la sessualità”
“Rimuovere la sessualità e le pulsioni dei bambini per evitare la loro autonomizzazione e la perdita del controllo su di loro”
La scorsa settimana, il Pm di Roma Maria Monteleone, ha dichiarato dati allarmanti sulla crescita della prostituzione minorile nei bambini tra dieci e tredici anni, l’aumento dei reati legati alla pedofilia con il relativo adescamento di minori tramite il Web ma anche dei maltrattamenti negli asili, cioè l’uso della forza e della punizione violenta come mezzo di correzione. Di queste tendenze abbiamo parlato con il neuropsichiatra infantile Antonio Guidi.
“La pedofilia è nella mia interpretazione strettamente legata al potere. Si tratta di un’affermazione di potere dell’adulto sul bambino; molti casi di pedofilia coincidono con l’incesto, quindi c’è proprio il tentativo di dominio diretto sui cari, su coloro sui quali si cerca di esercitare una manipolazione insana e mantenere un controllo. La smania di esercitare il potere ha anche lo scopo inconscio di inibire e rimuovere la sessualità e le pulsioni dei bambini per evitare la loro autonomizzazione sessuale, cioè la perdita del controllo su di loro; questo ovviamente nel caso in cui la pedofilia coincida con l’incesto. La pedofilia è dunque un’affermazione distorta a carattere sessuale del potere, infati il potere nella nostra società è concepito in modo malato, come forma di violenza”.
Dunque noi esercitiamo il potere molto spesso come abuso di esso?
“Sì, è così. Un altro fatto preoccupante è quello della crescita della pedofilia da parte delle donne: la quale fa meno paura nell’immaginario collettivo perché non vi è penetrazione, ma può essere ancora più destabilizzante quando si tratta di una madre o di una zia, una figura quella femminile legata alla cura e all’accudimento che può creare danni ancora più gravi in un bimbo abusato. Socialmente si tende inoltre a non considerare questa aberrazione perché è contraria ad ogni nostro pilastro culturale: donna accogliente, la sacra maternità, la donna che ama incondizionatamente i figli, la madre santa come lo è la Madonna. La maggior parte di coloro che vengono abusati lo sono stati e tendono a riproporre ciò che hanno subito sui piccoli”.
Alcune teorie psicologiche ci dicono che l’adulto abusante teme la sessualità adulta, come se avesse subito una sorta di ‘castrazione interiore’ e avesse paura di essere giudicato impotente da un partner ‘alla pari’, perciò non gli resta che indirizzare le sue pulsioni su soggetti che non avverte come minacciosi per il suo ego. Le sembra una teoria attendibile?
“Credo che la violenza fisica, verbale, sull’autostima, o anche la violenza vissuta indirettamente come un figlio che vede il padre picchiare la mamma siano una radice che può condurre alla pedofilia, anche senza che vi sia stato un abuso sessuale vero e proprio in famiglia. Nella sessualità confluiscono zone d’ombra della violenza in tutti i suoi modi. Perché la sessualità è dolcezza e anche aggressività. La violenza adulta sui minori si esprime in moltissimi modi e i suoi effetti possono essere innumerevoli e contorti”.
Sappiamo che c’è un alto tasso di suicidi tra coloro che sono stati abusati da piccoli.
“Sì, il meccanismo di disintegrazione dell’identità è questo: il bambino crede, deve credere illimitatamente dell’adulto accudente per sopravvivere. Deve avere fiducia che il comportamento dei genitori e degli adulti più vicini siano perfetti, assolutamente corretti. Questa convinzione non è solo psichica, ma emotiva e biologica, senza di essa il bambino morirebbe. Così, per salvare l’idea del genitore o dell’adulto abusante incolpa se stesso, la responsabilità dell’atto che vive come vergognoso e confuso ricade su lui stesso, sulla vittima stessa. Questo meccanismo è letale per la psiche e può condurre ad un’idea di sé completamente colpevolizzata, abnorme, fino a condurre al suicidio. La fiducia nel bambino è necessaria quanto il cibo e le coperte e ha conseguenze fisiche e organiche come lo sviluppo dei neuroni o la crescita del corpo”.
È evidente quindi come sia una questione complessa, perché riguarda i legami intimi e ancestrali appresi e interiorizzati in famiglia. dinamiche invisibili e viscerali che si ripercuotono nella dimensione sociale, nella vita professionale, nella politica. in ciò che non ìci sembra avere nulla a che fare con l’abuso di minori. Ma quali possono essere i deterrenti e modi per arginare il fenomeno?
“Il controllo sul territorio è scarso, quindi come prima misura aumentarlo, con l’intelligence e in modo poliziesco se necessario. Aumentare le pene serve, ma non a debellare la pedofilia nel soggetto, quanto a stroncare il traffico di bambini per questi scopi, spesso in mano alla criminalità organizzata. ‘Un chilo di bambino, vale vale più di un chilo di eroina’, dissi in dodicesima commissione, 1994, nella prima audizione da ministro sembrò una frase forte, ma oggi confermo che avevo ragione. A livello legale la pedofilia deve essere punita in modo più che straordinario ed esemplare, ma a livello psicologico si deve comprendere che è sempre frutto di un trauma, di un dolore profondo, di conflitti dilanianti. Queste patologie e sofferenze individuali vengono strumentalizzate economicamente ed è qui che può intervenire la legge. La psicologia, la famiglia, la scuola e i servizi sociali possono intervenire invece sui soggetti, prevenendo l’instaurarsi di queste deviazioni. La pedofilia in Italia è considerata e dunque punita in modo minore di un reato economico e questo è folle perché nei bambini ci giochiamo l’umanità intera, senza la quale nessuna economia sarà produttiva e proficua. Deve attivarsi una mobilitazione mondiale, penale e culturale anche con gli altri paesi dove ci si reca per compiere abusi sessuali sui piccoli, se vogliamo almeno ridurre questa piaga contro l’umanità”.