Per chi è contro il premierato e la leggenda del Quirinale-neutrale
Il “picconatore” Francesco Cossiga. Il “Non ci sto” Oscar Luigi Scalfaro. Il super banchiere Ciampi. L’ex comunista Giorgio Napolitano. E infine, Sergio Mattarella
È uno degli anatemi preferiti, da parte di chi attacca la riforma costituzionale promossa dal governo Meloni. Quella che mira a far sì che il Presidente del Consiglio venga scelto direttamente dai cittadini e che, una volta eletto, la sua permanenza a Palazzo Chigi sia la più stabile possibile.
L’anatema, manco a dirlo, viene scagliato con i toni scandalizzati di chi si trova di fronte a qualcosa che trova intollerabile. E si può sintetizzare così: “Come osate, voi partiti di destra, mettere in discussione il ruolo, la figura, la Somma Autorità del Presidente della Repubblica?”.
In realtà, si intende, questa è la versione abbreviata e incompleta che i progressisti vorrebbero far passare. Quella corretta è decisamente più ampia. Va ad approfondire ciò che resta implicito e chiarisce i veri termini della questione. Le motivazioni effettive, e quanto mai concrete, per cui lo schieramento di centrosinistra è così impegnato a difendere/esaltare il Capo dello Stato.
O meglio: quel certo tipo di persone che si sono succedute al Quirinale negli ultimi decenni. Per un totale, ormai, di quasi cinquant’anni.
Custodi sì, ma di cosa?
Il primo fu Sandro Pertini, tra il 1978 e il 1985. Forte del suo passato di partigiano, e di una buona dose di schiettezza che a prima vista lo rendeva simpatico un po’ a tutti, servì perfettamente a fare da apripista a un modo meno formale e distaccato di rivestire la carica.
La tradizione era quella di arbitri quasi invisibili, che nei toni austeri delle proprie dichiarazioni riflettevano la discrezione di chi deve far rispettare le regole del gioco, senza però limitarne la libertà d’azione per indirizzarne gli esiti.
La novità fu puntare sulle doti personali, vere o presunte. Adottando un tipo di comunicazione che fosse più diretta e, almeno nelle intenzioni, più coinvolgente. Non solo un altissimo funzionario pubblico che svolgeva con scrupolo il suo compito ma una sorta di vecchio saggio che sorvegliava, benevolmente, i destini nazionali. E che perciò poteva anche intervenire in maniera massiccia sulle vicende parlamentari. Spingendosi molto oltre la facoltà costituzionale di “inviare messaggi alle Camere”.
Pertini fu il capostipite, forse involontario. Poi arrivarono via via tutti gli altri. In un crescendo di richiami, di moniti, di veri e propri condizionamenti. Riusciti o tentati.
Il “picconatore” Francesco Cossiga. Il “Non ci sto” Oscar Luigi Scalfaro. Il super banchiere Carlo Azeglio Ciampi. L’ex comunista (molto ex) Giorgio Napolitano. E infine, per ora, Sergio Mattarella.
Domandina: qualcuno li può considerare davvero del tutto equanimi e super partes, come si conviene a chi in base all’art. 87 della Costituzione “rappresenta l’unità nazionale”, o viceversa hanno tutti, chi più e chi meno, una propensione per un versante politico a scapito dell’altro?
A scapito, cioè, delle forze di destra.
Dietro l’ipocrisia di facciata
Eccola qui, la chiave di volta. Evitare che l’Italia prenda direzioni diverse da quelle preferite dai gruppi dirigenti che l’hanno egemonizzata sinora.
Il “rischio”, per loro, è una popolazione che finalmente abbia voglia di voltare pagina e che voti di conseguenza, come in effetti è accaduto a più riprese dalle Politiche del settembre 2022 in poi. La contromisura è ostacolare con ogni mezzo un cambiamento sostanziale di rotta. Evitando che la vittoria nelle urne si traduca in cambiamenti strutturali, che vadano assai al di là della singola legislatura e dei vantaggi derivanti dall’esercizio del potere amministrativo.
Ciò che temono di più non è lo spoil system e la momentanea perdita dei privilegi che vi sono connessi. Quello è solo un danno superficiale e presumibilmente transitorio: oggi tocca a voi, domani (o dopodomani) toccherà di nuovo a noi. Bipolarismo = alternanza. I vantaggi del governo vanno e vengono. L’essenziale è che certi assetti complessivi non siano compromessi. Qui in Italia come nella UE.
Il Presidente della Repubblica ha finito con il servire a questo. Ad avere una carta di riserva quando la partita elettorale non sia andata nel senso desiderato.
Le norme attribuiscono delle prerogative. Le interpretazioni, volendo, diventano estensive. Le pressioni non avvengono sempre alla luce del sole. Dietro l’eufemismo della “moral suasion” si possono celare sollecitazioni e lusinghe ben più prosaiche.
Poi, in casi estremi, c’è l’esempio per eccellenza. Ci sono i cosiddetti “governi tecnici”. Invece di sciogliere le Camere e restituire la parola ai cittadini, ci si appella alla stabilità e si usa come spauracchio il tracollo economico.
Vedete? La nave della nazione vacilla e ci vogliono timonieri esperti, competenti, affidabili. I quali, guarda caso, appartengono alle stesse oligarchie che controllano i modelli dominanti, da quelli finanziari a quelli mediatici.
Al posto dello Stato, lo status quo. Al Quirinale un presidente affine e bendisposto, su cui si può sempre contare.
Tutto legale, come no. Ma se le leggi cambiano…
Gerardo Valentini – presidente Movimento Cantiere Italia