Perché ci piace Jannik Sinner? Cos’hanno certi campioni che ce li fanno amare più di altri?
La ragione è che sono vincenti e chi vince piace. Questi campioni non vincono e basta, hanno l’X factor ma Jannik Sinner ha qualcosa in più
Cos’hanno certi campioni che ce li fanno amare più di altri? Che ce li rendono così simpatici, vicini, ammirati? Il nostro modello è Gigi Riva, scomparso da poco, ma lo sono stati – diversamente – anche Alberto Tomba, Valentino Rossi, Francesco Moser, Francesco Totti e anche Federica Pellegrini. Tutti azzurri senza tempo e con l’X factor, ma Jannik Sinner ha qualcosa in più.
La risposta sembrerebbe facile: perché vincono! Ma non basta. Sono tanti quelli che vincono e a volte vincere non è sufficiente a farti entrare nel cuore della gente. A volte il vincitore è un antipatico, divide. A tanti piace e a tanti altri per niente. Eppure ci sono sportivi che entrano subito nel cuore della gente. Vengono fuori d’un tratto, ma non all’improvviso. Dopo un’ovvia gavetta, emergono dall’anonimato e conquistano i tifosi in poche serate.
Pensate a Paolo Rossi nel mondiale di Spagna del 1982. Veniva da uno scandalo, nelle prime partite non segnava, tutta la stampa lo criticava e accusava Bearzot perché lo proponeva con insistenza al centro dell’attacco. Poi tre partite, sei gol, il titolo di Campioni del Mondo e quel ragazzino fragile ma lesto come una faina, entrò nei nostri cuori e non ne è più uscito. Ma se è entrato nei cuori non fu solo per i gol e per il titolo. Aveva qualcosa che ce lo faceva piacere.
Gigi Riva un esempio di uomo e di Campione
Un altro campione ugualmente ha goduto del grande affetto degli Italiani. Gigi Riva. Scomparso da poco. È stato un grande campione, amato da tutti gli sportivi italiani. Anche quelli che non erano tifosi del Cagliari lo sono diventati, in quel 1970, quasi naturalmente, perché c’era lui, Rombo di Tuono. L’uomo che pur non essendo sardo, amava la Sardegna e decise di regalarle lo scudetto, in segno di affetto e riconoscenza, per quello che quella terra aveva dato ai suoi figli e anche a lui, pur se adottivo.
Non so cosa pensino gli altri Italiani ma anche io, non sardo, amo la Sardegna. C’è qualcosa in quella terra, in quel popolo che la abita, che mi ispira simpatia, rispetto, amore. Indubbiamente è una terra bellissima. Abitata da un popolo fiero. Vessato, maltrattato ma indomito.
Il sardo ha un orgoglio che lo rende inattaccabile, indomabile ma è persona che sa cosa sia l’ospitalità, sa cosa siano i valori essenziali della vita. In quel contesto un uomo come Gigi Riva ci stava a pennello. Sembrava nato lì. Di poche parole, schietto, onesto, irreprensibile. Uno sportivo professionale e capace di performance inappuntabili. Suo il record di gol in azzurro. Suoi forse i più bei gol della Nazionale e della Serie A. Perché parlo di Gigi Riva? Per un omaggio doveroso al Campione che ci ha lasciato e che rimarrà per sempre con noi, a indicare la strada da percorrere al giovane che si accosta al calcio ma anche al cittadino. I campioni sono un esempio per la vita non solo per lo sport che praticano.
Cosa unisce i Campioni che lo sono anche nella vita e non solo nello sport?
Ne parlo perché vorrei capire cos’è che ci fa amare dei personaggi, di solito dei campioni dello sport o dello spettacolo, più di altri. Cosa accomuna i campioni che amano gli Italiani e perché li amano? La ragione è che sono vincenti e chi vince facilmente viene idolatrato. Ma questi campioni non vincono e basta. Vincono con onore. Con determinazione. Con sacrificio. Con forza di volontà. Non vincono “di corto muso” come dice qualcuno che non mi piace proprio per questo, perché bada al risultato non all’onore. Vincono nonostante delle avversità. Vincono anche quando non sono per forza dei fuoriclasse. Non dico che lo diventino. Ma riescono ad ottenere risultati che li mettono almeno a pari livello dei mostri sacri.
Fuoriclasse internazionali nella storia dello sport ce ne sono stati diversi, ma non moltissimi. Mi viene da citare Manuel Fangio, Eddie Merckx, Fausto Coppi, Cassius Clay, Nino Benvenuti, i fratelli D’Inzeo, i fratelli Abbagnale, Yuri Chechi, negli anni gloriosi del calcio nostrano: Maradona, Pelé, Platini, Beckenbauer, Baggio, Totti, Del Piero, Batistuta, Ronaldinho, adesso indubbiamente Ronaldo e Messi. Sono eccelsi, possono determinare da soli l’esito di una gara. Ma non tutti sono Campioni anche nella vita. Non tutti sono come Gigi Riva, da apprezzare al di là dell’impegno professionale sportivo. Non che si comportino male. Tutt’altro. Solo che la differenza è enorme. Tra chi è grande ma vive anche di compromessi, cede a debolezze umane e chi non cede mai.
Il Campione nella vita si riconosce dai valori in cui crede. I soldi ci devono essere ma non sono la cosa più importante
Sinner viene spesso paragonato a grandi campioni ma il ragazzo ha qualcosa in più che non lo rende paragonabile a chi è solo campione nello sport. Per esempio Valentino Rossi o Alberto Tomba sono due super campioni, fuoriclasse indubitabili, ma fin troppo sensibili a certe debolezze umane. Cosa che ce li rende simpaticissimi. Due guasconi. Sempre pronti a scherzare. Ma non modelli di virtù come è stato Gigi Riva o Dino Zoff o Giacinto Facchetti, o Agostino Di Bartolomei. Più simili a Marco Pantani o a Diego Maradona che a Riva.
Quello che gli Italiani amano di Sinner, credo, sia il fatto che per la prima volta ci troviamo nel tennis di fronte a uno che antepone la professionalità, il rigore degli allenamenti, la sua capacità di concentrazione, a tutto il resto. Soldi, donne, bella vita vengono in seconda o terza istanza. Ha vinto la Coppa Davis con una squadra di amici e la prima cosa che ha fatto è stato festeggiare coi suoi compagni e poi programmare una vacanza con loro, invece di farsi omaggiare al Quirinale dal Presidente della Repubblica. Prima degli onori i valori di amicizia. Contano di più.
Il Campione nella vita conta più di quello che lo è solo nello sport
Piace la sua integrità. È giovanissimo ma sa cosa vuole e come ottenerla. I grandi sono così. Non arrivano in vetta per caso. Lo stesso Novak Djokovic, che di campioni se ne intende, ha pronosticato per Yannick un futuro radioso di successi. Sinner batte i primi del ranking mondiale e per la prima volta sentiamo che non sono occasioni casuali. La certezza non viene dal campo ma dalla personalità del giocatore. Yannick ha la statura, la parola, l’aplomb del vincente di lunga durata.
Perché vediamo in lui uno che è disposto a sacrificare qualsiasi aspetto della sua vita per raggiungere gli obbiettivi prefissati. Jannik Sinner piace perché è l’immagine del bravo ragazzo ma non perché sottomesso. Gustav Thöni vinceva tanto ma il suo parlare con il forte accento altoatesino lo faceva restare sempre un po’ “altro da noi”. Sinner è un altoatesino italianissimo. Nome a parte, che non stona, è un ragazzo adorabile per la sua umanità, disponibilità, intelligenza, sensibilità.
Ricordo di aver assistito a una sua intervista fatta prima del successo della Coppa Davis, dalla quale emergeva una forte simpatia di un ragazzo anche timido, anche umile, ma non inconsapevole dei suoi mezzi.
Lo sport è pieno di campioni “cattivi ragazzi”, genio e sregolatezza
Di solito nello sport si trovano molti “cattivi ragazzi”, non nel senso di una colpevolezza in qualcosa ma indisciplinati, come spesso lo sono i geni, del resto. Facili a cedere alle debolezze: le auto, le storie d’amore, le spese folli, seguire i guadagni possibili più che avere una maglia bandiera, anche qualche gesto folle (scommesse), vivere oltre il limite, poi subentra il gossip che si trascina sui giornali e non solo, i divorzi spettacolari, insomma le cose della vita che vediamo tutti i giorni.
Tutto assolutamente nell’ordine delle cose ma che non lascia intravedere caratteri determinati e spessore culturale. Sinner è di questa ultima pasta. Non si farà distrarre da un gonnellino o da un conto in banca in crescita vertiginosa perché vive in quella che Andrea Gaudenzi chiama la Black Box, una scatola nera dove c’è spazio solo per il tennis: “Più ci resti e più vinci”! Chi è serio professionista sa che ha sempre delle carenze, che non è perfetto, che gli manca qualcosa e che per ottenerlo deve sudare e lavorare ancora molto.
Jannik non fa le smargiassate che fanno altri campioni
Lorenzo Cazzaniga, su tennismagazineitalia.it ha recentemente tratteggiato questo quadro del nostro campione: “Vincente, determinato, onesto: è la ricetta ideale che pare aver soverchiato altri aspetti, fin qui oggetto di naturale invidia: Sinner non ha lo charme di David Beckham o il fisico di Marcell Jacobs. Non è istrionico come Valentino Rossi o esuberante come Alberto Tomba. Non si è nemmeno accoppiato con Gisele Bundchen come Tom Brady (anche se con Laura Margesin è sulla buona strada).
Non è social come piace ai giovani (anzi, pare obbligare le fidanzate a evitare qualsiasi post lo possa riguardare), né particolarmente arguto o divertente nelle sue dichiarazioni (anche se gli amici lo dipingono come un ragazzo brillante anche fuori dal campo). Così come sospetto sia difficile virare la conversazione su argomenti che non siano il tennis. È devoto come solo certi sacerdoti. È questa la sua forza: una incrollabile fiducia nei suoi mezzi, pur nella consapevolezza che nello sport professionistico le incognite sono tante, che peraltro lui affronta con sorprendente maturità: “Quando gioco non ho paura perché non ti può succedere niente di tragico: male che vada, puoi prendere una palla in faccia”.
Tanta applicazione, studio, programmazione, umiltà
Difficile vedere un campione italiano che non sai di per sé uno sregolato. Per questo Yannick è anche un modello da seguire. Sono certo che con lui non vivremo una gossip story post divorzio come con Totti e Blasi. Ci piace perché è italiano, senza esserlo fino in fondo. Perché in cuor nostro sappiamo che dovremmo essere come lui mentre, se ci va bene, siamo come Adriano Panatta. Campioni si ma poi uno si stanca e si vuole rilassare e divertire. McEnroe nel tennis era il genio. Federer l’eleganza. Björn Borg tutte e due. Djokovic la forza e la determinazione.
Se Rafa Nadal è velocità e potenza inarrivabile, Sinner non ancora e non ha nemmeno la volée di Edberg ma i suoi colpi già incantano il pubblico e credo che alla fine il suo sarà un tennis spettacolo. Ora se la dovrà vedere con l’altro astro spagnolo nascente Carlos Alcaraz, con il quale Sinner ha in comune questa maniacale dedizione professionale al migliorarsi sempre.
Ne vedremo sicuramente delle belle. Ma abbiamo perlomeno la consapevolezza che non sarà un fuoco di paglia.