Peste suina Roma, WWF: “Follia trasformare aree protette in zone di caccia al cinghiale”
WWF e LIPU si scagliano contro il Mite e spiegano che la peste suina dei cinghiali è un pretesto malsano per favorire l’attività venatoria
In merito alle recenti notizie circolanti riguardanti l’emanazione di una nuova ordinanza regionale sulla peste suina a Roma, il Wwf Roma e Area Metropolitana “pone con preoccupazione alcuni quesiti e chiederà risposte certe alle autorità amministrative preposte“.
Cinghiali e peste suina, WWF: questione nota da tempo
La questione, spiega una nota, “ruota attorno al contenimento della c.d. peste suina africana (Psa), ed in particolare in relazione al rinvenimento di alcune carcasse di cinghiale selvatico affette da Psa nel territorio del Comune di Roma.
Preliminarmente evidenziamo che il problema della Psa è noto da tempo, tanto che è il Decreto Legislativo 20 febbraio 2004, numero 54 ad occuparsene per primo.
Tale decreto, assieme al Piano di sorveglianza e prevenzione in Italia per il 2021 emanato dal ministero della Salute, disciplina le linee di intervento a cui le amministrazioni locali devono attenersi, nel rispetto delle normative cogenti in materia di aree protette e fauna selvatica”.
Peste suina, solo un pretesto?
“Dalle dichiarazioni apparse mezzo stampa apprendiamo con preoccupazione- dichiara Carlo Aprile coordinatore regionale delle Guardie Wwf- che, nonostante tutte le prescrizioni normative e le linee guida prevedano l’utilizzo di metodi ecologici per la cattura, il divieto di utilizzare i cacciatori per le attività di controllo della fauna e l’applicazione dei regolamenti degli Enti Parco dentro le aree protette, la nuova ordinanza prevederebbe la costruzione, all’interno del territorio di Roma e financo dentro le aree protette, di fantomatiche ‘zone rosse’, ossia recinti atti al contenimento della fauna!
L’idea malsana sarebbe dunque quella di ingabbiare i cinghiali dentro grandi aree recintate, e al loro interno dare libero sfogo ai cacciatori trasformando di fatto le aree verdi di Roma in ‘riserve di caccia’, ventilando inoltre stravaganti ipotesi di limitazioni alla pacifica fruizione da parte dei cittadini romani delle stesse aree. Esprimiamo dunque profonda preoccupazione per queste ipotesi altamente dannose per la fauna selvatica, ma anche ai limiti del rispetto delle vigenti norme di settore”.
WWF: le alternative ecologiche all’abbattimento dei cinghiali
“Ci permettiamo tuttavia, di suggerire all’Amministrazione capitolina e regionale una serie di opportuni accorgimenti ecologici al fine di evitare la crescita del rischio di trasmissione della peste suina africana e contribuire a mantenere il controllo della popolazione di cinghiali selvatici a Roma.
Suggeriamo di potenziare il porta a porta e la raccolta differenziata dei rifiuti della città di Roma, eliminare i cestini dalle aree verdi, procedere alle catture con metodi ecologici, perseguire il foraggiamento di ‘sostegno’ ai fini venatori dei cinghiali selvatici, pratica in uso nella caccia in braccata.
Occorre anche attuare il censimento della popolazione dei cinghiali domestici e ibridati, garantire il controllo del territorio ad opera della polizia locale per prevenire foraggiamenti, immissioni illegali e bracconaggio.
E inoltre limitare fortemente l’attività venatoria nel perimetro sub urbano della città per non favorire l’ingresso dei cinghiali dentro le mura urbane le quali finiscono per diventare luogo sicuro e ricco di cibo per gli ungulati”. Così ha concluso Carlo Aprile.
Anche Lipu contro il Mite
Anche la Lipu si scaglia contro il Mite. “Le ricerche scientifiche hanno ormai unanimemente riconosciuto che i metodi e le forme collettive di caccia al cinghiale, come la braccata e la battuta, sono tra le cause principali della proliferazione, diffusione e dispersione del cinghiale in Italia.
Infatti, l’uso delle mute dei cani e la totale assenza di selettività negli abbattimenti in braccata o battuta destabilizzano le dinamiche gerarchiche dei nuclei familiari di cinghiali, aumentando il numero di femmine che si riprodurrà nella stagione successiva”.
“La verità – concludono LIPU e WWF – è che il provvedimento proposto, che stravolgerebbe la legge 157/92, non fa altro che soddisfare le richieste del mondo venatorio, spalleggiato da alcune associazioni rappresentative di quello agricolo. Il provvedimento capovolge la realtà: invece di vietare in tutta Italia queste deleterie forme di caccia, le amplifica. Ancora una volta, insomma, il Mite dimostra di prestare il fianco al mondo venatorio, dimenticando la sua missione conservazionistica, scientifica e di tutela”.