Piano Mattei. Il governo fa sul serio: e l’Africa ci spera
A partire dal 1953, Enrico Mattei cercò di contrastare il dominio angloamericano del mercato petrolifero da parte di quelle che definì le “sette sorelle”
Nessun dubbio: il vertice che si è appena svolto a Roma, con la partecipazione di venticinque capi di Stato e di governo africani, è solo un inizio. E la prima a riconoscerlo, nella conferenza stampa di chiusura, è Giorgia Meloni.
“Abbiamo trovato moltissimi punti di contatto, abbiamo davanti un cammino molto lungo, oggi è una ripartenza, siamo solo all’inizio di un cammino che dobbiamo fare insieme“.
Nessuna illusione, quindi. In Africa, già da molto tempo, Cina e Russia svolgono un ruolo da protagoniste, investendo in maniera massiccia e strategica sia sul piano economico che su quello diplomatico. Inoltre, da sola, l’Italia può mettere in campo solo risorse limitate. Che per ora ammontano a 5,5 miliardi.
Il futuro è tutto da scrivere. E di sicuro le insidie non mancheranno, ivi incluse le arcinote difficoltà a raggiungere, in ambito UE, una effettiva unità d’intenti.
Altrettanto di sicuro, però, da parte del nostro governo non c’è nessuna sottovalutazione dei tantissimi problemi che andranno affrontati via via, allo scopo di tramutare in realtà l’idea fondamentale su cui si basa l’intera iniziativa. Che non a caso porta il nome di “Piano Mattei”, in omaggio a quell’uomo coraggioso e lungimirante che fu Enrico Mattei.
A partire dal 1953, da presidente del neonato ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), lui cercò di contrastare il dominio angloamericano del mercato petrolifero, da parte di quelle che lui stesso definì le “sette sorelle”. Il 27 ottobre del 1962 rimase ucciso nel cosiddetto incidente in cui il suo aereo si schiantò in provincia di Pavia.
Le inchieste giudiziarie non approdarono a nulla, ma l’ipotesi del tutto verosimile è quella di un attentato. Aveva osato ribellarsi a dei poteri troppo forti e gliel’avevano fatta pagare. Con la vita.
Win-Win. A vantaggio di entrambi
È questo, l’asse portante del Piano. Superare una volta per tutte le vecchie logiche coloniali dei benefici a senso unico. Imperniate dapprima sul potere degli Stati, a cominciare dall’Impero britannico, e poi su quello delle multinazionali.
Per moltissimo tempo le élite occidentali hanno avuto solo da guadagnarci. Saccheggiando sistematicamente le risorse naturali dei Paesi soggiogati, con il beneplacito dei governanti locali più o meno corrotti, e lasciando alle popolazioni autoctone sì e no le briciole. Alla lunga, invece, si è creato il classico effetto boomerang: l’impoverimento generale e senza scampo ha innescato quel contraccolpo micidiale che è l’immigrazione di massa.
Il Piano Mattei va in direzione opposta. Nella consapevolezza che solo un massiccio e stabile miglioramento delle condizioni di vita nei territori d’origine può risolvere davvero il problema. O quantomeno frenarlo a tal punto da renderlo accettabile.
Win-Win, appunto. Il vantaggio degli uni che porta anche al vantaggio degli altri.
L’Africa che si sviluppa e può offrire ai suoi abitanti delle adeguate opportunità di lavoro e di reddito. L’Occidente, e in particolare l’Europa, che crea delle partnership a lungo termine e proficue per tutti quelli che le condividono.
Non è solo economia. È politica. Ed è anche, o innanzitutto, civiltà.
Gerardo Valentini – presidente Movimento Cantiere Italia
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