Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, arrivano i 100 giorni del Draghi
Il cronoprogramma del PNRR prevede 42 riforme in tre mesi, pena il blocco dei fondi europei. Tuttavia, la campagna elettorale mette i bastoni fra le ruote al Premier…
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per gli amici Recovery Plan, si appresta a entrare nel vivo. Entro la fine dell’anno, infatti, l’Italia dovrà aver soddisfatto tutte le 51 condizioni previste dall’accordo con Bruxelles per il 2021, pena il blocco dei fondi europei. E per il Premier Mario Draghi la partita, anche e soprattutto interna, non si preannuncia affatto in discesa.
La partita del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
42 riforme in poco più di tre mesi. È il traguardo che il nostro Governo deve tagliare per poter presentare all’Europa il primo rendiconto e ricevere i finanziamenti per la prima parte del 2022. La Ue ha infatti stabilito un controllo semestrale dei PNRR degli Stati membri, per verificare il raggiungimento di determinati obiettivi. In caso di inadempienza, verrebbe sospesa l’erogazione delle sovvenzioni previste dal programma Next Generation Eu.
Per quanto riguarda il Belpaese, nei due trimestri precedenti aveva nove obblighi da ottemperare, e ne ha assolti solo quattro. Tuttavia, trattandosi soprattutto di passi procedurali è ancora possibile che vengano tutti realizzati per la fine di settembre.
Il difficile però arriva ora, perché per dicembre dovrà essere approvata un’ampia gamma di provvedimenti, in gran parte normativi. Come le riforme del processo penale, del processo civile, del procedimento fallimentare e dell’università, la revisione delle politiche attive del lavoro e la norma sulla concorrenza. E, soprattutto, la legge delega sul fisco, che Palazzo Chigi vorrebbe varare a costo di rinviare la spinosa questione della revisione al rialzo delle valutazioni catastali.
L’ex numero uno della Banca Centrale Europea dovrebbe convocare la cabina di regia sul PNRR già questa settimana, benché ci siano ancora svariati nodi da sciogliere. Tutti (o quasi) legati alle diverse visioni degli azionisti di maggioranza dell’esecutivo ecumenico.
Le complicazioni della campagna elettorale
A mettere i bastoni fra le ruote a SuperMario c’è pure (anzi, soprattutto) la campagna elettorale per le Amministrative d’ottobre. Nessun partito vuole, legittimamente, presentarsi ai propri elettori con un pugno di mosche o, peggio, dopo aver dovuto ingoiare qualche rospo. E dunque rispuntano bandiere ideologiche che, almeno per qualche settimana, rischiano di complicare il lavoro dell’economista romano.
Per restare alla riforma fiscale, per esempio, il centrodestra ha rilanciato la flat tax, laddove Pd e Sinistra Italiana hanno riproposto la patrimoniale. Appare invece meno esigente il M5S, preoccupato soprattutto di blindare il Reddito di cittadinanza dagli assalti di Italia Viva.
Va da sé che l’ex Presidente della Bce è completamente estraneo a queste scaramucce, con cui però è costretto comunque a fare i conti. Un accenno di fuoco amico, quasi che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fosse una sorta di film. Dopo I tre giorni del Condor, i cento giorni del Draghi.