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Pietro Mennea, la Freccia del Sud: parla la moglie Manuela

Grandi ascolti per la fiction “La Freccia del Sud”. Credibili i protagonisti, Michele Riondino e Luca Barbareschi

Una vita trascorsa a correre negli stadi più importanti al mondo. Sul petto il Tricolore, che ha onorato con vittorie e primati. Pietro Mennea, la freccia del Sud, è stato un atleta speciale, ha incarnato i valori dello sport in ogni gara disputata. Una leggenda dell’atletica che nasce dai principi di un uomo staordinario. Un esempio raccontato anche dalla Rai, nella fiction a lui dedicata. Ieri sera è andata in onda su Rai Uno la seconda puntata di “Pietro Mennea, la Freccia del Sud”, la fiction che ha raccontato le gesta e la dimensione etica di una persona speciale, sulla pista e nella vita di tutti i giorni.

La moglie di Mennea, l’avv. Manuela Olivieri, è intervenuta ieri in radio a “Roma Ore 10”, la trasmissione di Francesco Vergovich, sui 90.7 di Teleradiopiù. Fra aneddoti e impressioni sulla fiction, la Oliveri ha tratteggiato ogni lato del carattere di Pietro Mennea contribuendo a conoscere uno sportivo che ha fatto epoca per il suo spessore umano e per gli eccezionali traguardi sportivi. 

“Avevo visto la fiction in anteprima – ha esordito Manuela Olivieri – temevo che non venisse messo in scena il carattere di Pietro, ma è stata ben curata sebbene fosse impegnativo condensare 20 anni di carriera in soli due episodi”. Eppure qualcosa nelle puntate manca, quella forza di volontà che ha reso Mennea grande: “Pietro si sacrificava molto di più rispetto a quanto mostrato in tv”.

“Dimenticare Pietro è difficile, aveva una forza particolare – ha proseguito la moglie di Mennea. Sapeva farsi amare da tutti, soprattutto dalle persone comuni anche se aveva amicizie con personalità di spicco. Bisogna contestualizzare quanto fatto da Pietro: era giovane, aveva 20 anni e tutti i fari addosso. Non voleva mostrare il suo lato giocoso alle telecamere. Parlava poco per paura che i media lo fraintendessero, misurava le parole. Poi ha iniziato a studiare, contemporaneamente agli allenamenti, e a tenere corsi: questo gli ha permesso di essere più sicuro e di mostrare ogni lato del suo carattere”.

Sul rapporto fra la fisicità di Mennea e i suoi concorrenti: “Aveva una struttura scheletrica esile, è stato straordinario poiché si è allenato senza aumentare a dismisura la sua massa muscolare. Iniziò la carriera con il peso di 67 kg, quando smise pesava 68.5”.

Muscoli e non solo, di Mennea ha stupito soprattutto la sua forza d’animo: “Sentiva la responsabilità sociale del campione, era un uomo e uno sportivo eticamente pulito”. E riguardo all’alimentazione: “Mangiava tutto, spesso anche tanto, senza però concedersi alcol e caffè. Pietro poteva mangiare quello che voleva, con quello che bruciava”. E in studio scappa un sorriso che esemplifica perfettamente la pacatezza del campione, ‘un testimonial leggendario dello sport’ lo definisce Francesco Vergovich. Poi si torna alla fiction: “La mia storia è stata cambiata nella fiction? Sì, ma senza cambiare il senso degli accadimenti. Ci siamo conoscuti nel 1990, ma il nostro incontro è stato retrodatato”.

I successi accademici, non solo quelli sportivi. Mennea ha vinto e stravinto anche sul piano universitario: quattro le lauree prese dal campione indimenticato: “Due settimane prima della vittoria a Mosca si laureò in scienza politiche – rivela Manuela Olivieri – il 14 Luglio del 1980. Già, quella vittoria a Mosca che “ha dimostrato come Pietro potesse tirare fuori una volontà e delle energie fuori dal comune”. Quella stessa voglia, che come ha ricordato Manuela Olivieri, l’ha reso uno degli sportivi italiani migliori di sempre. Sulla pista e nella vita, Pietro Mennea è stato una leggenda. 

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