Pio e Amedeo, Dureghello (Comunità ebraica Roma): “Satira non deve sdoganare pregiudizi”
La presidente della Comunità ebraica di Roma si esprime sul duo comico che ha parlato di politicamente corretto e discriminazioni
Lo sjetch di Pio e Amedeo ha sollevato polemiche e trovato sostegno, come sempre, nel (finto?) dibattito sul Web. Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, è intervenuta ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano sul tema.
Superficialità pericolosa
Riguardo alle battute sugli ebrei fatte da Pio e Amedeo durante il programma “Felicissima sera”. “Davanti alla superficialità ho sempre molto timore, perché la superficialità nell’uso delle parole può essere pericolosa, ha affermato Dureghello. Non credo che i comici possano permettersi di essere superficiali.
Da sempre la comicità ebraica su questo ha insegnato molto a tanti.
La satira serve per far riflettere, per scardinare, ma non certo per sdoganare l’utilizzo di certe parole o di certe associazioni come l’essere ebreo e l’essere avaro.
Davanti al teleschermo milioni di spettatori ridono a quella battuta e recepiscono un messaggio per cui determinati luoghi comuni diventano sdoganati e utilizzabili. Così nella cultura si radica quel razzismo che favorisce fenomeni ben più gravi dello sketch a cui abbiamo assistito, è una sorta di processo che viene sdoganato e diventa mediaticamente valorizzato.
Lo Sketch di Pio e Amedeo sdogana i luoghi comuni
Non si si può nascondere dietro al politically correct o alla libertà di espressione, questa non è né libertà di parola né libertà di pensiero. Quel modello legittima le uscite da bar, ma certe cose le ho sentite anche nei tribunali e in alcuni ambiti professionali.
Se nel luogo comune questo diventa un’abitudine radica un pregiudizio razzista che diventa stimolo per legittimare ed alimentare qualcosa che in passato ha creato le condizioni perché si compissero tragedie e nefandezze.
La propaganda si basava proprio su questo, sul convincimento che determinati luoghi comuni razzisti potessero essere veicolati attraverso la stampa e la comunicazione, legittimando l’odio verso ebrei, persone di colore, omosessuali”.