Pizza Briatora, ennesimo capitolo di una polemica insopportabile
Un ristoratore salentino ha inventato la Pizza Briatora, per rispondere alle dichiarazioni di Flavio Briatore sul costo delle pizze
Che pizza! E’ proprio il caso di dirlo.
Già perché onestamente, l’ormai annosa e pletorica questione legata ai prezzi delle pizze, nonostante si stia ripetendo in maniera barbosa da un mesetto circa, si arricchisce di un ennesimo capitolo.
La trovata di un ristoratore
E’ notizia di questi giorni. A Torre Lapillo, frazione di Porto Cesareo in provincia di Lecce, il titolare di un locale ha deciso di inserire all’interno del proprio menu, la “Pizza Briatora”.
Trattasi nello specifico di una pizza Margherita partorita dall’estro e dall’inventiva di Antonio del Prete, titolare del ristorante “L’angolo di Beppe”. Impastata con l’acqua di mare, con una B composta da foglie di basilico in bella vista, di base viene venduta a 49 euro, ma per soddisfare i clienti che vogliono spendere tantissimo, può arrivare a costare 99 euro. E’ dunque salatissima, non soltanto per le papille gustative. E’ ovviamente una trovata provocatoria e pubblicitaria, tutto sommato simpatica per carità, ma sinceramente abbastanza monotona.
Il provoca(bria)tore
Siamo onesti: due settimane per il recente capitolo della querelle Flavio Briatore vs ristoratori, avente come oggetto il prezzo di vendita della pizza Margherita erano più che sufficienti. In primo luogo, perché ormai abbiamo capito che l’imprenditore ama utilizzare il pungolo, l’incitamento come veicolo della propria comunicazione. Si riavvolga il nastro dei ricordi, per riportare alla mente quello che il dirigente affermava non molto tempo fa in merito alle coste della Regione Puglia, o relativamente alla flat tax, o in merito ai giovani lavoratori. E’ un gioco abbastanza chiaro e limpido.
Il ristorante è mio e decido io
In secondo luogo perché, siamo nuovamente onesti, possiamo dire che ogni tanto il politically correct, va dimenticato a casa? Perché ognuno, a casa propria appunto, può fare sostanzialmente ciò che vuole. Ritenere che un prodotto, venduto all’interno del proprio locale, possa dover costare 20, 50, 100 euro è, in modo sostanziale, cosa lecita. Sia perché verosimilmente è con netto anticipo comunicato su un menu o su di un listino prezzi, ma soprattutto perché, lo si ricorda ai più distratti, non si obbliga nessuno ad acquistarlo. Se al “Crazy Pizza“, ristorante romano di Briatore, tra le pizze proposte compare la “Patanegra“, che costa 65 euro, il problema non è di chi ha ritenuto fosse quello il prezzo congruo per l’acquisto, ma di chi decide di sedersi al tavolo del locale, sapendo peraltro qual è lo standard di prezzi al suo interno.
Poi, potremmo anche dire che l’intento di chi si reca in questi posti non è tanto quello di degustare dei prodotti esclusivi (perché forse neanche comprende la differenza tra Patanegra e prosciutto crudo), ma ostentare piuttosto la possibilità (chissà quanto reale poi) di potervi accedere.
Tuttavia, come detto, le polemiche seccano e infastidiscono.
E le temperature di stagione, già abbastanza roventi, costituiscono un monito a non alimentarle.