Poesia e Oriente: il dialogo, la lezione che ne deriva…
“Ho lasciato scorrere vent’anni / e ho goduto i miei destini; / furono tempi incomparabili / come l’età dei Barmecidi”
Quando le cose sono difficili, nei momenti solenni in cui facciamo fatica a trovare un orientamento, per la semplice ragione che, in ogni epoca della storia e a qualsiasi latitudine geografica, il compito che la nostra condizione di uomini ci richiede, si mostra sempre arduo e complesso, allora è il momento di ricontattare la grande poesia. Una lezione che può illuminare noi europei sul rapporto con l’Oriente. Poesia e Oriente, l’una ha sempre cercato l’altro. Da quelle terre veniva e viene la voce di poeti.
Noi e gli altri
Nessuno meglio di noi italiani dovrebbe saperlo. I nomi di Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, Saba, Ungaretti, Montale, Quasimodo, Pasolini, dovrebbero rappresentare una garanzia sufficiente.
Ma la ricchezza della nostra tradizione è sempre stata nella capacità di dialogare con altre tradizioni poetiche e letterarie. Lo sapeva Croce, che a Goethe dedicò una monografia, così come Eugenio Montale, che fu sempre un grande lettore, e traduttore, di Shakespeare.
Un sapiente moderno
E allora, pur da italiani, ci si consenta il vezzo di essere cultori di Goethe. Petrarca, Leopardi, e lo stesso Dante, furono grandi poeti. Goethe fu anche qualcos’altro: un Nume in abiti germanici che, anche grazie a Spinoza, riuscì a trionfare sull’apparenza, sul mistero di questa vita.
Suoi eredi come Thomas Mann ed Elias Canetti ne furono pienamente consapevoli. Suoi predecessori furono i grandi Presocratici al principio della filosofia greca – sapienti, uomini della conoscenza a tutto tondo, come insegnò Giorgio Colli e non soltanto letterati a tavolino.
All’inizio di una delle ultime grandi raccolte poetiche di Goethe, il “Divan occidentale-orientale” (1819-1827), troviamo una magnifica poesia che dice: “Ho lasciato scorrere vent’anni / e ho goduto i miei destini; / furono tempi incomparabili / come l’età dei Barmecidi” (trad. it. di R. Fertonani).
Poesia e Oriente, il dialogo
Non c’è da stupirsi, allora, che il filosofo, Friedrich Nietzsche, che più di ogni altro portò l’Occidente a meditare sul proprio auto-superamento, fosse un grande cultore e lettore di Goethe (cui dedicò anche una stupenda poesia, contenuta nella “Gaia scienza”). Ciò che è permesso ad un poeta, non lo è ad un filosofo – ed ecco perché Goethe è tanto più fresco e comunicativo di un Kant o di un Hegel.
Mentre guardava a Oriente, e sia pure a quella forma ristretta di esso costituita dall’Islam, Goethe insisteva sulla possibilità, e la capacità, di lasciare che gli anni scorrano. Un ideale di saggezza che l’Occidente deve ancora raggiungere e conquistare.