Poesie, J. Rodolfo Wilcock
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Wilcock viene da Buenos Aires dove, nato nel 1919, studia ingegneria. Autore precocissimo di versi in spagnolo, già noto come un giovane scrittore della cerchia di J.L. Borges, esordisce nel 1940 vincendo subito l’importante premio Martin Fierro. Nei primi anni Cinquanta approda in Italia dove si trasferisce per sempre. Qui collabora a «Il Mondo» di Pannunzio e al «Tempo Presente» di Chiaromonte, ed è critico teatrale de «L’Espresso». Traduce Joyce, Marlowe, Shakespeare, Shiele e Virginia Woolf, fra tanti altri, con esiti più che notevoli. Scrive numerose commedie e appare come un poeta che immette nella lirica italiana «un inaudito timbro agrodolce, una maestria alessandrina». Come Kavafis, come Penna, Wilcock è uno dei rari poeti moderni che abbiano saputo comporre un canzoniere d’amore (si veda l’Epitalamio o l’Italienisches Liederbuch).
I due libri che vengono generalmente raccomandati dagli ammiratori di Wilcock sono: Il reato di scrivere e Il libro dei mostri. Talvolta per scoprire la zona più felice e segreta della multiforme attività dello scrittore si consiglia il volume delle Poesie di Adelphi pubblicato nel 1980, due anni dopo la sua morte avvenuta nel 1978. Questo volumetto riunisce le sue poesie italiane, e quelle spagnole anteriori alla sua venuta in Italia, tradotte da lui stesso. Riflette un autore raffinato, di grande capacità dialettica che si muove con dolcezza, talento e finissima ironia; ricco di umori e di un’intelligenza avida fino alla spietatezza e allo spasimo, dalla quale ne deriva una visione del mondo crudele e tenera allo stesso tempo.
Le regole del gioco nella sua scrittura le decide lui, e così il tutto deve adeguarsi, snaturandosi: il risultato è un mondo virtuale dove vanno a finire le ambizioni e i sogni ad occhi aperti; come se esistesse un mondo parallelo a quello reale e l’uomo credesse, per autoconvinzione coltivata superficialmente, sia il suo quello autentico. E’ l’uomo delle poesie come il lettore, a determinare il valore di un pensiero, che è relativo e non potrà mai avere un significato assoluto. La conseguenza è che l’uomo vive, ma non è capace di esistere, non è capace di “girare” con il mondo, però sente di poterlo fare: da qui la sua inquietudine e il suo entusiasmo.
Una raccolta di poesie di nicchia come il suo poeta, che ha bisogno quanto prima di essere riscoperta e rubata dalla medesima nicchia dove l’editoria moderna poco competente a fare cultura, ha messo a dormire gli intellettuali emarginati dalla nostra società.