Politically correct, il cancro dell’Europa che boicotta “la pace di Trump”
Giornata storica alla Casa Bianca, dove sono stati firmati gli Accordi di Abramo tra Israele, EAU e Bahrein. Peccato che la Ue se la sia persa per l’usuale sprezzo della realtà
Quello del politically correct è un cancro ormai sempre più diffuso in Europa e in generale in Occidente. Lo ha dimostrato incontrovertibilmente quanto è accaduto alla Casa Bianca in occasione della firma degli Accordi di Abramo. Il trattato di pace tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. È stata una giornata storica: peccato che la Ue se la sia persa in ossequio alle ideologie mainstream.
Gli Accordi di Abramo
«Un giorno storico per la pace, nasce un nuovo Medio Oriente con un accordo che nessuno pensava fosse possibile». Così Donald Trump, Presidente U.S.A., commentando la sottoscrizione dell’intesa che normalizzerà le relazioni diplomatiche tra lo Stato ebraico da un lato, Emirati Arabi e Bahrein dall’altro.
Gli Accordi di Abramo sono stati siglati dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu e dai Ministri degli Esteri dei due partner mediorientali. Abdullah bin Zayed Al Nahyan in rappresentanza di Abu Dhabi, e Khalid bin Ahmed bin Mohammed Al Khalifa a nome di Manama.
The Donald ha aggiunto che presto all’intesa aderiranno altri Paesi arabi. E si è detto certo che alla fine anche i Palestinesi «arriveranno a un punto in cui vorranno unirsi all’accordo di pace» con Tel Aviv.
Per il momento, però, il numero uno Abu Mazen ha reagito con freddezza. Affermando che non vi sarà pace «senza la fine dell’occupazione» e la creazione di «uno Stato indipendente». Due istanze, guarda caso, discusse nell’accordo, che prevede la sospensione, da parte di Israele, dell’annessione della Cisgiordania, e conferma la soluzione dei due Stati.
Nel frattempo, anche Hamas ha fatto sapere cosa pensi dell’intesa, attraverso il lancio di 18 razzi dalla Striscia di Gaza, intercettati dal sistema antimissili israeliano. Una provocazione che ha scatenato la ritorsione immediata da parte di Gerusalemme, mentre Netanyahu non si è scomposto più di tanto.
«Non mi stupisco dei terroristi palestinesi» ha detto tranchant. «Vogliono far retrocedere la pace, ma non ci riusciranno. Noi colpiremo chiunque tenti di colpirci, ma porgiamo una mano di pace a quanti vogliono la pace con noi».
Gli Accordi di Abramo e il politically correct
Va da sé che gli Accordi di Abramo costituiscano un evento epocale, tanto da aver meritato al tycoon la candidatura al Premio Nobel per la Pace. Una circostanza che, curiosamente, è passata sotto silenzio. Proprio come il fatto che l’Unione Europea abbia vergognosamente boicottato la cerimonia di Washington. Alla quale ha presenziato un solo diplomatico comunitario, il Ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó.
Merito, si fa per dire, del politically correct, che non a caso si sta dando un gran daffare per sminuire la portata storica dell’intesa. Per esempio, evidenziando che non è un vero trattato di pace perché Emirati Arabi e Bahrein non sono mai stati in guerra con Israele. O sottolineando che ha anche lo scopo di costruire un’alleanza in funzione anti-Iran – e, volendo, anti-Erdogan. Si è arrivati addirittura a farneticare che l’accordo sia stato imposto dal regime bahreinita contro la volontà del popolo. Come se un’intesa che rappresenta un passo importante verso la stabilità fosse una cattiva notizia.
Lo è, in effetti, ma solo per gli intelliggenti con-due-gi che tifano per la pace a patto che non sia “la pace di Trump”. Perché manderebbe a rotoli l’intera, risibile narrazione per cui l’inquilino della Casa Bianca è un cattivone, un odiatore e via vaneggiando. Come tutti i sovranisti, en passant.
Che differenza col suo predecessore Barack Obama, che ricevette un Nobel a vanvera, non avendo fatto nulla a parte essere il primo Presidente americano nero! Pensate se avesse parlato anche solo separatamente con i leader di Israele e di un Paese arabo a caso. Ci sarebbero peana, richieste di santificazione, premi norvegesi à gogo (per chi non lo sapesse, il premio per la pace si assegna a Oslo).
Sugli Accordi di Abramo, invece, si fanno le pulci. È il politically correct, bellezza.
Politically correct, le metastasi italiane
Poi ci sono le metastasi del politicamente corretto, di cui abbiamo avuto numerosi esempi solo negli ultimi giorni, quasi sempre per fatti di cronaca nera. A partire (cronologicamente) dall’omicidio del povero Willy Monteiro Duarte a Colleferro, per cui l’influencer (sic!) Chiara Ferragni ha scomodato la “cultura fascista”. Sutor, ne ultra crepidam!, avrebbero ribattuto gli antichi, visto che la moglie del cantante (sic!) Fedez, slogan a parte, non ha evidentemente idea di cosa stia parlando. Tanto che alla giornalista Maria Giovanna Maglie è bastato pochissimo per asfaltarla.
Più di recente, poi, c’è stato a Como l’assassinio di don Roberto Malgesini, il “prete degli ultimi” accoltellato a morte da un irregolare tunisino. Per futili motivi, pare, così come pare che il senzatetto, già espulso tre volte, avesse problemi psichici – tratto divenuto molto comune tra gli immigrati che delinquono.
Eppure, il direttore della Caritas lariana ha pensato male di straparlare di «tragedia che nasce dall’odio che monta in questi giorni». Sarebbe questa «la causa scatenante al di là della persona fisica che ha compiuto questo gesto. O la smettiamo di odiarci o tragedie come questa si ripeteranno».
L’aspetto più sconcertante è che, a questi deliri, i campioni del politically correct credono veramente. Ed è ironico che, anche se probabilmente credono di seguire Karl Marx, in effetti si stiano rifacendo a Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Per il quale, «se la realtà non coincide con la teoria, tanto peggio per la realtà». Il motto perfetto del politically correct.