Porzioni piccole al ristorante? Mettiamo la quantità di pasta sui menu
Gli chef Riccioli, Corelli, Bloisi, Vissani e Colonna sull’ipotesi di indicare sul menu il quantitativo della porzione dei primi piatti
Frequentare un ristorante è una moda sempre attuale e di tendenza. Complici le mode e i ritmi della contemporaneità, si moltiplicano le occasioni e i momenti trascorsi in un locale, per celebrare una ricorrenza o per trascorrere un semplice momento di condivisione, in compagnia o perché no, da soli. Per un bicchiere di vino o magari un bel piatto di pasta, scelta sul menu. Ma c’è un problema che riguarda le porzioni che in alcuni casi, a giudicare dai clienti, risultano troppo piccole.
Le proteste dei consumatori
Sono molte infatti le proteste dei consumatori che, spesso, non sono esattamente soddisfatti in relazione ai quantitativi proposti dai ristoratori. Soprattutto, per quanto concerne i primi.
Sì, perché se per i secondi è possibile quasi sempre individuare la grandezza di una porzione, per i primi la storia è differente. C’è chi sostiene che il quantitativo perfetto di un piatto di spaghetti debba corrispondere a 100 grammi, chi ritiene debbano essere di più, chi sostiene una porzione decisamente ridotta.
Non esiste una norma per la somministrazione
In effetti non esiste una norma in grado di regolamentare la somministrazione. Che siano 120, 100, 80 o 40 grammi, la porzione servita è a discrezione del ristoratore e di chi fornisce il servizio.
Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori? I clienti fanno bene a chiedere un’indicazione del quantitativo riportata sul menù, per ciò che concerne i primi? E’ un’opportunità percorribile per i ristoratori?
Lo abbiamo chiesto a cinque illustri esponenti del settore.
“E’ una vergogna. Un branzino, del tartufo bianco vanno pesati, la pasta no” – dice chef Gianfranco Vissani (Casa Vissani a Baschi – Terni) – “Ho capito che in Italia mangiamo pane e pasta, ma bisogna contestualizzare la situazione. Dipende anche dal luogo, dal fatto che possa essere o meno un menu degustazione. La domanda è, dopo che hai mangiato 80 grammi di pasta, quant’altra ancora ne vorresti? I piatti oggi non sono più quelli di una volta, con quantità che debordano. I piatti sono concreti e carini. Quanta pasta vorremmo, 120 grammi? Ma siamo matti? Significa non mangiare più”.
“Io sono favorevole” – ci dice Franco Bloisi (Assunta Madre – Roma – Milano – Porto Cervo) – “Molti optano per un quantitativo di 80 o 90 grammi. Io sono dell’idea che il cliente debba ricevere un piatto contenente almeno 100 grammi di pasta“.
“Come tutte le novità andrebbero prese in considerazione. Ritengo che questo tipo di richiesta non riguardi tutte le categorie” – risponde Antonello Colonna – “Nel 99% dei casi i nostri clienti ordinano un menu degustazione variabile tra le sei e le otto portate. Il cliente ha tutto il diritto di conoscere certe cose. Ma certo, la trovo una richiesta che andrebbe circoscritta in modo pertinente alla tipologia di ristorante. Per alcuni ristoranti Pop, la ritengo lecita. Non credo sia congrua per quelli cosiddetti “stellati”.
“Penso che 80 grammi sia la porzione giusta” – afferma Massimo Riccioli (La Rosetta) – “Noi preferiamo questo quantitativo calcolando anche la presenza del pesce. Non è una pastasciutta. Ci sono alcuni posti in cui i quantitativi sono davvero esigui. Mi lamenterei con questi, eventualmente”.
“Per quello che è il menu degustazione di alta ristorazione non credo sia una scelta corretta” – sostiene Igles Corelli – “Sono d’accordo invece sull’ipotesi di adozione per i ristoranti di medio livello. Trovo sarebbe un’idea geniale quella di mettere un’indicazione di prezzo variabile, in relazione al quantitativo di porzione richiesta. Non è tanto la quantità di pasta che costa, bensì l’intingolo. Così si darebbe l’opportunità di mangiare un quantitativo più corposo a un prezzo differente. Un po’ come può essere per la bistecca, che può variare per esempio da 200 o 500 grammi”.