Presidente Conte, governi come crede, ma ci risparmi almeno la retorica
Il Premier invoca l’unità in una fase cruciale. Giusto, però allora non ha senso che voglia accelerare su temi invisi agli elettori, come ius soli e modifica dei Decreti Sicurezza
Presidente Conte, ci perdoni se abbiamo l’ardire di rivolgerci direttamente a Lei. Abbiamo ascoltato con interesse il Suo intervento in occasione del Festival dell’Economia di Trento. Durante il quale Lei ha lanciato un forte appello all’unità.
«Lo spirito di solidarietà e il senso di comunità che ci hanno unito nei mesi più difficili della pandemia oggi non vanno dispersi. Non dobbiamo disunirci, sfilacciarci, nella fase cruciale della ricostruzione».
Queste le Sue parole, certamente apprezzabili e condivisibili nel merito. Però, presidente, lo sono molto meno nella pratica e nel metodo. Almeno considerando le altre Sue dichiarazioni di questi giorni, che più che alla concordia ordinum sembrano orientate alla lusinga di una ben precisa forza politica.
Perché vede, presidente Conte, la grande maggioranza del popolo Le ha già ripetutamente manifestato il proprio pensiero su questioni come pensioni e immigrazione. Lo ha fatto nelle tornate elettorali dell’ultimo biennio, tutte dominate dal centrodestra o, al massimo, terminate in pareggio.
Eppure, presidente, Lei ha manifestato l’intenzione di portare «al più presto in Cdm» le modifiche ai Decreti Sicurezza; di riflettere sullo ius soli; di non rinnovare Quota 100. Istanze care solamente al Pd e alle sue propaggini comunisteggianti e radicalchiccheggianti – incluse quelle infiltrate nel M5S.
Presidente Conte, ci risparmi almeno la retorica
Tutto ciò, intendiamoci, è assolutamente legittimo e comprensibile. Per Lei, in effetti, dovrebbe essere una sorta di questione di sopravvivenza, soprattutto alla luce dei persistenti risultati ectoplasmatici dei grillini.
E pensi che gli elettori non sapevano ancora che il loro (dei pentastellati) campione Tridico aveva avuto il pessimo gusto di triplicarsi lo stipendio. Passando da 62mila a 150mila euro, oltretutto con effetto almeno parzialmente retroattivo, per giunta subito dopo aver denunciato che «devono essere pagate ancora 33mila domande di cassa integrazione».
E ci perdoni, presidente, ma è paradossale che dica di non esserne stato informato dai Suoi Ministri Catalfo (Lavoro) e Gualtieri (Economia). Essendo avvocato, dovrebbe sapere cos’è la responsabilità oggettiva, anche se in politica la si declina in maniera diversa.
Si può comunque consolare pensando che, sul caso, la vetta del ridicolo l’ha toccata – come spesso gli accade – il suo ex vicepremier Di Maio. Che ha preannunciato una richiesta di chiarimenti, quando la prima indicazione dell’emolumento da riconoscere al presidente dell’Inps proveniva dal suo (allora) capo di gabinetto Vito Cozzoli. Forse, dopotutto, Giggino si è dimenticato di essere stato a sua volta a capo di via Veneto, benché solitamente il primo impiego non si scordi mai.
Peraltro, il titolare della Farnesina dovrebbe essere soddisfatto di Tridico, ripensando alla propria rodomontata sull’abolizione della povertà. La sua, se non altro, il padre del Reddito di cittadinanza l’ha abolita per davvero.
Ma stiamo divagando, e il punto focale è un altro. Presidente Conte, Lei ha il diritto e il dovere di portare avanti le politiche che crede e in cui (forse) crede. Sommessamente, però, ci risparmi almeno la retorica.