Dai Maneskin a Marlene Schiappa: professionalità, nudità e ilarità
Professionalità, nudità e ilarità. Troppo spesso ci si scandalizza per la libera scelta di una donna o di un uomo di esibire il proprio corpo
La reazione scandalizzata – quanto ipocrita – da sempre generata dalla esibizione spudorata del corpo femminile quando è volutamente nudo, sexy e ammiccante per ogni tipo di occasione, resta nei secoli una delle poche certezze che ruotano nella girandola della vita sociale, ancora profondamente borghese e bacchettona.
Attualmente, in omaggio al principio della proporzionalità, accade sempre più spesso che l’intensità della reazione indignata della ipotetica coppia benpensante di fronte alla sfrontatezza dell’esibizione, corrisponde alla loro totale sconoscenza dell’incredibile numero delle spudorate fotografie che, nel contempo, la loro figlia ventenne pubblica quotidianamente su Instagram.
Prerogativa assoluta della pin-up o classica sciantosa della metà del secolo scorso, nel frattempo “liberata” dalla rivoluzione femminista degli anni ‘70, ancora oggi pare che la “donna nuda” (in particolare) sia sempre oggetto di discussione, nel bene e nel male.
“Troppo provocante” avvocata sospesa per aver partecipato a reality
E lo diventa al punto tale da aver determinato la sanzione della sospensione dall’esercizio della libera professione legale per ben quindici mesi in capo a un’avvenente e prosperosa avvocata torinese che, avendo partecipato a un reality show che prevede un percorso da raggiungere verso una meta asiatica ambita con equipaggiamento rudimentale e pochissimi soldi, è stata più volte fotografata con pochi indumenti addosso e con pose ritenute inadatte al suo ruolo sociale forense, ovvero è stata accusata di “violazione del decoro professionale”.
Per tutta reazione, la collega – oltre ad aver affermato che se fosse stata brutta e cellulitica tutto ciò non sarebbe accaduto (che però non è detto ad avviso di chi scrive perché dipende sempre da chi è colui o colei che si spoglia, come Damiano dei Maneskin da ieri nudo con sigaretta in bocca, guarda caso su Instagram) ha pubblicato, ovviamente sempre su Instagram, una fotografia ancor più provocatoria che la ritrae con le mani appoggiate sul muro, con il suo didietro in bella vista dotato di tanga, con tacchi vertiginosi a slancio garantito, con cappello di paglia e con maglietta copiata da quella evocativa di Chiara Ferragni al Festival di Sanremo, con la scritta “sentiti sospesa”.
Marlène Schiappa, la professionalità di un segretario di Stato su Playboy
Subito mi è andato il pensiero a una notizia riportata circa un paio di mesi fa su Causette (rivista femminista d’oltralpe) ove – difendendo un approccio di matrice femminista – il Segretario di Stato francese madame Marlène Schiappa, se pur senza “orecchie da coniglietta”, ha scelto di posare in copertina per Playboy, motivando detta scelta sul presupposto secondo cui è sempre necessario difendere il diritto delle donne a controllare il proprio corpo “ovunque e sempre” e poi perché in Francia “le donne sono libere”.
L’inevitabile pioggia di critiche che è caduta anche su di lei, nonostante le “aperture” maggiori dei francesi rispetto a quelle degli italiani (che poi evidentemente così aperte non sono), non ha affatto scalfito il suo pensiero, neanche a fronte delle accuse di ostilità provenienti pure dai componenti del governo che soffre di particolare ostilità popolare in questo preciso momento, avendo la stessa ribadito che – “con tutto il rispetto per gli sviati e per gli ipocriti”, è sbagliato temere che lo status di un membro del governo, sia esso di donna o di uomo, sia incompatibile con la messa in scena del proprio corpo, avendo la stessa agito anche al fine (non sbagliato) di far puntare invece l’attenzione su compiacenti servizi televisivi che presentano connotazioni ben più inquietanti e pornografiche.
Le ragioni dietro il gesto di entrambe
Queste due signore hanno perfettamente ragione per un doppio ordine di motivi.
Il primo è legato alla loro libera scelta di volersi esibire, perché nessuna legge lo vieta e perché l’autodeterminazione è tale anche per le conseguenze positive o negative che ne possono derivare, ovvero il giudizio del cliente sulla valutazione etica o estetica preventiva sulla scelta dell’avvocata per la difesa tecnica, come anche la valutazione dell’elettore per il voto da dare o meno alla politica spregiudicata rientrano nelle valutazioni personali delle dirette interessate e non ammettono giudizi di valore da parte di terzi estranei.
La seconda, conseguenziale, è che le possibili violazioni del decoro che possono soffrire i terzi da visioni presumibilmente inappropriate costituiscono – peraltro da sempre – concetti astrati quanto elastici, ma che hanno ormai superato le barriere del secolo scorso attraverso la rete che, mediante i social network, si rivelano essere parametri ad oggi del tutto inutilizzabili.
Il problema si sposta dunque soltanto su chi guarda, non su chi si fa guardare; scandalizzarsi con commenti e richiami deontologici è quindi del tutto fuori luogo, fuori moda e fuori tempo, utile soltanto a compiacere l’autore stesso del proprio compiacimento che va semplicemente lasciato dove sta.
*Immagini dai social ufficiali dei personaggi citati