Proteggere la lingua italiana con multe da 5 mila euro per chi usa forestierismi. Che ne dite?
“Se procediamo di questo passo nel 2300 l’italiano sarà sparito. Al suo posto si parlerà solo l’inglese”
“Una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 5.000 euro a 100.000 euro“. è quanto rischierà – secondo una proposta di legge presentata a Montecitorio dall’esponente di Fdi, Fabio Rampelli, con la firma di una ventina di deputati del suo partito – chi continuerà a macchiarsi di ‘forestierismo’ linguistico, ovvero a utilizzare termini non della lingua italiana innanzitutto nella pubblica amministrazione.
Lingua italiana rappresenta l’identità della nostra Nazione
La premessa della proposta di legge è che “la lingua italiana rappresenta l‘identità della nostra Nazione”, è un patrimonio “ricevuto in eredità dal nostro passato e dalla nostra storia” e “dobbiamo imparare a considerarlo un bene comune”. La considerazione è che studiosi, esperti e istituzioni come l’Accademia della Crusca denunciano da tempo “il progressivo scadimento del valore attribuito alla nostra lingua”. L’uso di termini in inglese “è diventato una prassi comunicativa che, lungi dall’arricchire il nostro patrimonio linguistico, lo immiserisce e lo mortifica”.
Progressiva scomparsa della lingua italiana?
Dal 2000 a oggi “il numero di parole inglesi confluite nella lingua italiana scritta è aumentato del 773 per cento: quasi 9.000 sono gli anglicismi attualmente presenti nel dizionario della Treccani su circa 800.000 parole in lingua italiana. Da un confronto tra gli anglicismi registrati nel dizionario Devoto-Oli del 1990 e quello del 2022, per esempio, si è passati da circa 1.600 a 4.000, il che porta a una media di 74 all’anno”.
Un vero e proprio “degrado” quello dei “foresterismi ossessivi” che rischiano “nel lungo termine di portare a un collasso dell’uso della lingua italiana fino alla sua progressiva scomparsa“. In Italia “non esiste alcuna politica linguistica, anzi, il linguaggio della politica, nel nuovo millennio, si è anglicizzato sempre di più”.
“Se procediamo di questo passo nel 2300 l’italiano sarà sparito. Al suo posto si parlerà solo l’inglese”. A lanciare l’allarme nel 2017 fu il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini, ancora in carica oggi, professore di Storia della lingua italiana.
Il testo della proposta di legge, composto da 8 articoli e presentato lo scorso 23 dicembre, contiene le “disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana“. Oltre a vari obblighi specifici “in un’ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria”, la legge istituisce il Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana.
La proposta di legge. Ecco gli 8 articoli
- Articolo 1: “La Repubblica garantisce l’uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino nonchè in ogni sede giurisdizionale”.
- Articolo 2: “La lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e di servizi pubblici nel territorio nazionale”. Ovvero gli enti pubblici e privati “sono tenuti a presentare” in lingua italiana qualsiasi documentazione “relativa ai beni materiali e immateriali prodotti e distribuiti sul territorio nazionale”. E ogni informazione presente in un luogo pubblico “ovvero derivante da fondi pubblici” deve essere trasmessa in lingua italiana.
- Articolo 3: Inoltre, per ogni manifestazione, conferenza o riunione pubblica organizzata nel territorio italiano è obbligatorio “l’utilizzo di strumenti di traduzione” per garantire “la perfetta comprensione in lingua italiana dei contenuti dell’evento”.
- Articolo 4: “Chiunque ricopre cariche” all’interno delle istituzioni italiane, della pubblica amministrazione, di società a maggioranza pubblica e di fondazioni “è tenuto” alla conoscenza e alla padronanza scritta e orale della lingua italiana, “le sigle e le denominazioni delle funzioni ricoperte nelle aziende che operano nel territorio nazionale” devono essere in lingua italiana. E anche i “regolamenti interni delle imprese che operano nel territorio nazionale” devono essere redatti in lingua italiana.
- Con l’articolo 5 si punta a modificare l’articolo 1346 del codice civile, ovvero diventa obbligatorio l’utilizzo della lingua italiana nei contratti di lavoro: “Il contratto deve essere stipulato nella lingua italiana”.
- L’articolo 6 della pdl prevede che negli istituti scolastici di ogni ordine e grado e nelle università pubbliche italiane “le offerte formative non specificamente rivolte all’apprendimento delle lingue straniere devono essere in lingua italiana”.
- Con l’articolo 7 si istituisce presso il ministero della cultura “il Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana nel territorio nazionale e all’estero”: sarà presieduto da rappresentanti dell’Accademia della Crusca, della società Dante Alighieri, dell’istituto Treccani, del ministero degli affari esteri, del ministero dell’istruzione e del merito, dell’università e della ricerca, del dipartimento per l’editoria della presidenza del Consiglio e della Rai. Dovranno promuovere “la conoscenza delle strutture grammaticali e lessicali della lingua italiana”, l’uso “corretto della lingua italiana e della sua pronunzia” nelle scuole, nei mezzi di comunicazione, nel commercio e nella pubblicità; l’insegnamento della lingua italiana nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università; “l’arricchimento della lingua italiana allo scopo primario di mettere a disposizione dei cittadini termini idonei a esprimere tutte le nozioni del mondo contemporaneo, favorendo la presenza della lingua italiana nelle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione”; nell’ambito delle amministrazioni pubbliche “forme di espressione linguistica semplici, efficaci e immediatamente comprensibili, al fine di agevolare e di rendere chiara la comunicazione con i cittadini anche attraverso strumenti informatici”.
- L’articolo 8 tratta il tema delle sanzioni: “La violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 5.000 euro a 100.000 euro”.