Qatar 2022, Infantino si unisce alla fiera dell’ipocrisia
Il numero uno del calcio internazionale fa un discorso ridicolo per difendere l’indifendibile sede dei Mondiali: peccato che poi la “sua” FIFA lo smentisca coi fatti…
Quando la politica si immischia nello sport non succede mai niente di buono, e i Mondiali di Qatar 2022 non fanno eccezione. Con una doppia aggravante, per l’occasione: un’ingerenza politically correct e la “firma” di un alto papavero quale Gianni Infantino, il numero uno del calcio internazionale. Che però, nei fatti, è stato incredibilmente smentito dalla stessa organizzazione da lui presieduta.
Qatar 2022 è il Mondiale dell’ipocrisia
Che Qatar 2022 sarebbe stata la Coppa del Mondo dell’ipocrisia lo avevamo anticipato qualche giorno fa. Previsione confermata a stretto giro di posta dal discorso con cui il Presidente della FIFA Gianni Infantino ha provato a difendere l’indifendibile sede della competizione. Un discorso ridicolo dalla prima all’ultima parola.
«Oggi mi sento qatarino, mi sento arabo, mi sento africano, mi sento gay, mi sento disabile, mi sento un lavoratore migrante». Così, rileva Il Fatto Quotidiano, il dirigente svizzero, nel patetico tentativo di replicare alle critiche piovute sull’emirato per la “peculiare” (eufemismo) concezione dei diritti umani. «Per quello che noi Europei abbiamo fatto negli ultimi 3.000 anni dovremmo scusarci per i prossimi 3.000 anni, prima di dare lezioni morali» ha aggiunto, scrive La Repubblica.
L’ennesimo autogol politically correct
Ora, sorvoliamo pure sul fatto che paragonare un africano o un arabo a una persona disabile è un accostamento indecente. E anche sul fatto che, secondo l’Accademia della Crusca, in italiano la dizione corretta è qatariota. Ci sono però (almeno) due aspetti su cui non è proprio possibile soprassedere.
Il primo è l’opportunismo misto a ignoranza storica del Nostro, che evidentemente non sa che all’origine dell’ignobile tratta degli schiavi africani ci furono proprio gli Arabi. Se poi ritiene di doversi vergognare delle proprie radici – e magari di essere maschio, bianco, occidentale, ricco ed eterosessuale -, padronissimo. Basta che eviti di autoproclamarsi portavoce di tutti coloro che sono nati nella culla della civiltà.
L’altra questione (in parte legata alla precedente) riguarda l’incoerenza argomentativa di Infantino. Il quale forse dimentica che, se c’è un Paese che sfrutta i lavoratori migranti e nega agli omosessuali perfino le libertà più elementari, è esattamente il Qatar.
A ricordarglielo, paradossalmente, è stata proprio la “sua” Fédération Internationale de Football Association. Che, come riferisce Il Riformista, ha proibito l’uso della fascia iridata che alcune Nazionali volevano adottare in segno di solidarietà verso la locale comunità arcobaleno. O, per essere più precisi, per non irritare gli organizzatori ha minacciato «sanzioni sportive» (ovvero, ammonizioni) per i giocatori che dovessero indossarla.
Come sempre, insomma, le questioni di principio finiscono per inchinarsi alle ragioni del portafogli, e il risultato è l’ennesimo cortocircuito politically correct. O meglio, visto l’argomento, un clamoroso autogol.