Quando l’Inps chiese indietro la pensione a un vivo che risultava morto
La frase del funzionario dell’Inps è da romanzo di Kafka: “Ci dispiace, lei risulta morto: deve restituire la pensione, sono 72.000 euro”
Sei morto e non lo sapevi: non hai più diritto alla pensione o dovresti restituire quella che hai preso, finché risultavi vivo. Sembra uno scherzo ma è successo e comporta guai seri. A qualcuno però può venire l’idea di sparire davvero, per sempre, restando vivo.
Essere convinti di non essere vivi è una sindrome rara ma può capitare. Siamo nel campo delle psicosi, in parole povere della follia. Si chiama Sindrome di Cotard. Ma sapere di essere morti, perché te lo dice l’anagrafe, è invece un bagno di realtà che fa tremare le gambe, perché cominci a pensare davvero di non stare bene. Oppure, passati i primi attimi di terrore, potrebbe essere considerato un colpo di fortuna se si accarezza l’idea di non essere più soggetti di imposizione fiscale.
Il pensionato non può essere curato perché risulta deceduto
È accaduto recentemente al signor Pietro Fanticini, di 76 anni di Reggio Emilia. Ha chiamato il suo medico curante che l’ha avvisato della novità. “Scusi ma lei è morto!” Almeno così risultava al medico che, evidentemente non lo vedeva da tempo, in base ai dati dell’Agenzia delle Entrate. Stante la situazione di defunto, il medico non poteva prescrivere nessuna ricetta per il povero signor Fanticini, in quanto il sistema informatico non lo prevedeva. Ci siamo creati queste gabbie tecnologiche e quando si verifica un errore (umano) come questo diventa un ostacolo insormontabile.
Per l’agenzia il signor Pietro era morto da circa un anno. Di fatto si è trattato di un banale scambio di persona: “Per errore ero stato scambiato con un mio omonimo residente sempre a Reggio morto lo scorso 2 dicembre. Ancora non sappiamo esattamente come sia potuto accadere, né quando…ma è evidente che qualcuno non ha controllato a dovere, visto che tra l’altro quel signore aveva 79 anni e non la mia stessa età” questo è il racconto dell’uomo riportato dal Corriere della Sera.
Il non morto ha corso il rischio del blocco della pensione
Il signor Fanticini ha interpretato questo errore come un augurio di lunga vita e l’ha presa bene, scatenando anche l’ironia sui social. Sulla pagina del padre, uno dei tre figli, Lorenzo, ha scritto “Papino ringrazia tutti. Se volete fargli le condoglianze per la sua dipartita, potete scrivergli un messaggio via whatsapp: vi risponderà in tempi brevissimi! O comunque prima che gli tolgano di mano il telefono per chiudere la cassa”.
Ironia a parte, l’errore del sistema avrebbe potuto generare molti danni, tra cui il blocco della pensione. Per fortuna, uno dei figli del 76enne, di professione magistrato, ha già inviato diverse lettere per descrivere l’accaduto all’Inps.
Questa del blocco della pensione infatti è la prima cosa che m’è venuta in mente. In genere la pensione è la prima cosa che viene bloccata, con solerzia e tempestività, dagli impiegati dell’Inps.
Quando l’Inps chiese indietro la pensione a un vivo che risultava morto
Prova ne è un altro caso avvenuto a Bari nel 2014. Questa volta si trattava di un uomo di 79 anni, Francesco Giuzio, pensionato che risultava deceduto dal 2008 al quale l’Inps ha chiesto indietro il totale di 6 anni di pensioni elargite. La frase del funzionario dell’Inps era da romanzo di Kafka: “Ci dispiace, lei risulta morto: deve restituire la pensione, sono 72.000 euro” In questo caso il pensionato è rimasto senza soldi per ben due mesi, prima che si risolvesse il caso bizzarro di una morte presunta il 16 marzo 2008. Al Comune dicono di essersi resi conto del decesso (sbagliando) il 31 gennaio 2014.
Subito vengono avvisati sia Inps che Asl, per cui si chiede indietro la pensione versata post mortem. Ma il pensionato era vivo. Tanto era vivo che quando andava alla Asl per fare periodici controlli di salute perché soffriva di diabete, i medici gli dicevano che la Asl rigettava le sue analisi, perché appunto risultava morto. Un grosso rischio per l’anziano perché non poteva interrompere le cure. Ma il medico di fatto non può prescrivere alcun farmaco perché rischierebbe una denuncia. Tocca ancora una volta a Giuzio rimediare agli errori commessi dagli uffici comunali.
Ai tempi lunghissimi della burocrazia si aggiunge la beffa: la data della sua presunta morte coincide, forse non a caso, con quella della morte di suo figlio Gianfranco. Francesco Giuzio racconta con amarezza: “Quel giorno è deceduto mio figlio Gianfranco che aveva 37 anni. La sua morte fu regolarmente registrata e forse qualcuno ha pensato di far morire anche me”
Ovviamente la querelle s’è risulta nell’unico modo possibile. È stata ripristinata la condizione di essere vivente del pensionato e annullata la richiesta di restituzione delle pensioni erogate.
In caso di errori anagrafici bisogna avvisare il Comune di residenza
Sono situazioni limite ma errori, anche più banali, possono sempre succedere. Sappiate che se un cittadino trova degli errori nei propri dati anagrafici, ossia nome e cognome, data e luogo di nascita, stato civile e residenza, deve segnalarli al proprio Comune di residenza.
Se si tratta di errori dovuti a sviste o disattenzioni come quelli grammaticali l’ufficiale dello stato civile provvede a correggerli. Altrimenti, in caso di errori di diversa natura è necessario ricorrere presso l’autorità giudiziaria competente per il territorio (Decreto del Presidente della Repubblica 03/11/2000, n. 396, art. 95 e 98).
Si può sparire fisicamente del tutto?
Per il semplice fatto di vivere in una società, ogni individuo non solo viene schedato fin dalla nascita, ma per l’intero arco della sua vita fornisce, spesso inconsapevolmente, un’enorme quantità di informazioni. Il Sistema anagrafico ma anche quello che gestisce i social sa chi siamo, dove e con chi viviamo, che lavoro svolgiamo e quali impieghi e ruoli abbiamo ricoperto in passato. Sa che opinioni politiche abbiamo, verso quali partiti ci orienteremo alle elezioni, sempre se andiamo a votare. Di più, il sistema bancario sa quanto guadagniamo, il denaro che possediamo e dove lo teniamo.
Registra quali oggetti acquistiamo, dove ci troviamo in ogni momento, cosa facciamo nel tempo libero perché le carte di credito che usiamo sono tracciabili. Purtroppo, tutto questo si ripercuote in maniera negativa sulla nostra sicurezza e non basta dire: “Se non hai niente da nascondere non hai nulla da temere“, perché si può essere vittima di errori da parte della burocrazia. Quindi non esistere, sparire del tutto, può succedere per errore del sistema, come abbiamo visto ma in teoria potrebbe essere indotto anche dal soggetto fisico stesso.
Pagando si può sparire ma resta la faccia che parla di te
Alcuni utenti sul sito quora.it hanno dato le loro versioni al riguardo. Il signor Giovanni Battista Galimberti sostiene che è possibile sparire se si fa in modo di essere nullatenenti, senza reddito, senza pensione. Se hai delle entrate devono essere in nero.
Bisogna intestare tutte le proprietà a una società off shore, dove il nome del soggetto non deve apparire. Questa è una pratica un po’ costosa ma non complicata. Molti imprenditori e politici italiani pare ne facciano ampio uso. In sostanza si tratta di sparire dal radar dell’Agenzia delle Entrate per non essere più tassati. Se si vuole proprio essere presi per defunti, bisognerà trovare un medico compiacente che lo certifichi all’estero, dietro pagamento cash è disposto a trasmettere il certificato in Italia, anche tramite l’Autorità del Paese in cui si è certificato l’atto di morte. A questo punto si è spariti.
Ma lo si è anche per il Paese che ci ospita. Non esistere crea problemi per avere i documenti di licenza di condurre mezzi, di identità per qualsiasi operazione come avere un telefono, un prestito, un’assicurazione, una cura ospedaliera e ovviamente un conto corrente bancario. Chi vuole sparire deve abbandonare le carte di credito e i conti correnti. Se vuoi farti credere defunto in un incidente mentre facevi trekking sulle Ande o andavi in barca a largo della Galapagos, non puoi riapparire in altre situazioni sociali. Assumere una nuova identità, come fanno i criminali in fuga, è possibile pagando per i documenti falsi. Ma resta la faccia che parla di te.
Si può ricorrere alla chirurgia estetica d’accordo, ma questo succede nei film polizieschi o alla 007. Per farlo occorre un bel conto in banca, una equipe medica compiacente, una clinica che si presti alla truffa. Non è semplice e non so se ne valga la pena. In troppi lo saprebbero e qualcuno potrebbe sempre spifferare tutto per poche centinaia di dollari. Comunque se non siete miliardari a che vi serve sparire? E se lo siete non serve sparire, basta far sparire i soldi, è quello che fanno abitualmente.